IV Edizione 2018
F U O R I T R A C C I A
Rassegna Teatrale a cura del Centro Teatrale Umbro
dall’ 1 al 16 Dicembre 2018
Teatro comunale Luca Ronconi di Gubbio
Direzione Artistica: Massimiliano Donato
Con il sostegno di:
Mibact
Regione Umbria
C.U.R.A. Centro Umbro di Residenze Artistiche
Comune di Gubbio
Parte l’ 1 dicembre al Teatro Comunale Luca Ronconi di Gubbio la quarta Edizione della Rassegna Teatrale FUORI TRACCIA organizzata dal Centro Teatrale Umbro.
La rassegna vuole valorizzare e promuovere le creazioni teatrali della scena contemporanea, offrendo agli artisti, non solo la possibilità di incontrare il pubblico, ma anche di confrontarsi con intellettuali e operatori del settore, creando nuove occasioni di visibilità e collaborazione. Anche quest’anno, saranno sei gli spettacoli in scena dall’ 1 al 16 dicembre, divisi in due sezioni, teatro contemporaneo e teatro per le famiglie. Sei compagnie che, con forme e poetiche diverse, appartengono ad un teatro fatto di sacrificio, passione, studio e ricerca. La rassegna teatrale organizzata dal Centro Teatrale Umbro è una tappa del progetto triennale denominato URA _ Umbria Residenze Arte.
1 dicembre ore 21,00
CAIPIRINHA,CAIPIRINHA!
Regia Sara Sole Notarbartolo Taverna Est
8 dicembre ore 21,00
SUZANNE
Regia Cesar Brie Le Città Invisibili
15 dicembre ore 21,00
BANDIERINE
Regia Toni Cafiero Evoè Teatro
2 dicembre ore 17,00
LE GUARATTELLE DI PULCINELLA
Di e con Luca Ronga
9 dicembre ore 17,00
PLATO
Regia Francesco Marchesi e Christel Dicembre
Compagnia Circolabile
16 dicembre ore 17,00
LUCA LUNA
Regia Sara Pessina
Teatro Ex Drogheria
© 2024 UMBRIA RESIDENZE ARTE
L’Archivio delle Anime. Amleto
Ho affidato le mie ceneri
al rondone dal petto bianco,
le porta nel becco… come enigmi.
Chi si burla di tutta questa angoscia?
Ferocemente mi sono stretto alle pietre sepolcrali
Cercando un epitaffio,
Cercando un po’ di dignità, un poco di decenza.
L’ho cercata sul promontorio,
Quella roccia che si sporge dalla sua base sulla distesa vasta del mare
Dove l’aria odora come se spirasse da prati appena falciati.
Ho cercato di stanarla frugando con tatto sensibile, sprecando ordini
Con la calma e la pazienza e poi con la pazzia, il delirio,
il sangue in fiamme e la fronte bollente,
Cacciando con furia schiumosa, da demonio più che da uomo.
Sarcastico fino alla fine non sono mai stato di me stesso l’amante.
Come un becchino sdegnoso ho calpestato le ossa bianche dei cadaveri
che scricchiolavano e si spezzavano come conchiglie,
ho menato gomitate contro i miei affetti,
malvagiamente sputacchiando intorno a me,
quella malvagità che sta al principio delle cose.
Dove vanno gli assassini, amore mio più caro?
Arrugginiremo tra l’erba come falci dimenticate
Mentre il rondone che si è precipitato nei burroni più oscuri
è tornato a librarsi in alto e a scomparire nel sole.
IL BECCHINO
La tragedia si sta per compiere e Amleto dedica al pubblico la sua morte, di lì a poco il suo corpo verrà portato sul palco e i cannoni annunceranno al cielo che un nobile uomo è caduto. A Orazio il compito di non lasciarne il nome ferito, di raccontarne le gesta: che se solo ne avesse avuto l’occasione avrebbe dimostrato al mondo tutto il suo valore, peccato… peccato che la morte lo abbia privato del suo nobile destino e gli abbia riservato un posto tra i miti. Il suo dolore, come quello di Jim Morrison o Kurt Cobain rimarrà eternamente giovane: diventerà leggenda e i suoi affezionati ammiratori, nei più diversi adattamenti, potranno riascoltare i suoi pensieri che come una creatura gli divorano il cuore, per sempre.
Ma quando della morte rimane solo il silenzio e l’odore, quando i personaggi hanno compiuto il loro tragico destino, quando il pubblico ha consumato il suo pasto e sazio dell’eroe che pensa ha lasciato il teatro per rientrare nella sua quotidianità lasciandosi alle spalle l’artificiosa morte, chi si occupa di seppellire i sogni perché il giorno dopo rifioriscano?
E’ davanti ad una platea vuota che prende forma la figura della nostra riscrittura scenica, quella del becchino. Una figura dal trucco marcato, pallido di cipria, l’ombretto che marca le occhiaie, con una barba finta di vecchio in un cappotto nero… ohibò il becchino del teatro non può essere che pieno di finzioni. A lui il compito di cancellare le tracce della tragedia, di raccogliere i feticci dei personaggi, di seppellire i loro desideri, i loro pensieri, i loro sogni, di cancellare i segni del loro passare perché la sera dopo li lascino come se non avessero mai percorso quella strada.
Sfortunatamente per il becchino, non può esserci teatro senza pubblico dunque per quanto abbia deciso di conoscersi nel silenzio e nella solitudine di un teatro vuoto, di servire un cimitero che accoglie e custodisce enigmi, questa sera l’Amleto lo celebra lui. Lui da solo, come burattini nelle mani di un demiurgo compassionevole e ironico, animerà i personaggi, ricordandone le battute. Potrebbero essere quelle o altre, poco importa, bastano a se stesse.
Celebrerà lui questo dramma intessuto di domande e di dubbi, di risposte contraddittorie, di lacune che ha un’unica certezza: la morte. Quella dei personaggi ma forse anche quella degli uomini condannati a rivivere sempre uguale il loro destino, presentandoci quel pensiero sincero e crudo che cerca il senso dell’esistenza… ma pensare è un’audacia, un privilegio riservato a Dio soltanto, i cuori degli uomini sussultano s’agghiacciano e spaccano.
A questa tragedia del disincanto non c’è cura o soluzione se non quella per il becchino di vivere in un cimitero fatto di trucchi e artifici in cui forse è ancora possibile lasciarsi incantare. Forse.
L’Archivio delle Anime. Amleto
Durata: 80 minuti.
Spazio disponibile per il montaggio preferibilmente dal giorno prima.
Responsabile organizzativo: Massimiliano Donato Tel. 075 925 80 72 / 338 97 88 533
info@centroteatraleumbro.it
Responsabile tecnico: Alessandro Scarpa Tel. 335 84 56 869
pep.alex@infinito.it
Luci:
24 canali dimmer.
1 mixer luci.
18 pc 1000w con telai e bandiere.
2 etc o sagomatori 1000w.
4 par cp62
4 domino
Disponibile in allegato la pianta luci e circuiti dimmer.
Audio:
2 casse da 400w.
1 mixer audio.
1 CD player.
In caso di spettacolo all’aperto: 1 radiomicrofono.
Scena:
Spazio scenico ideale: Larghezza 8 mt. x Profondità 8,5 mt.
Spazio scenico minimo: Larghezza 6 mt. x Profondità 6 mt.
Altezza minima all’impianto luci (cioè alla fine della bandiera più bassa) 4 mt.
Perfettamente oscurabile.
Pavimento di qualsiasi materiale ma regolare e in piano.
Spettatori: frontali.
Inquadratura nera composta da quinte, cieli e fondale.
nota: saranno presenti in scena dei mini fuochi d’artificio e una fiamma libera dentro un libro. Il tutto nel massimo controllo e sicurezza. Consigliamo comunque la presenza di un estintore nelle vicinanza del palco.
Prime del Teatro
Valeria Ottolenghi
«SCONNESSO» E RICOMPOSTO:
UN «AMLETO» PER UN ARCHIVIO D’ANIME TEATRALI
Che meraviglia! Gli applausi sembravano non volere finire mai.
Uno di quei rari spettacoli di suprema bellezza e intelligenza a tutti i livelli, per la drammaturgia, lo straordinario talento dell’attore, l’estrema cura in ogni passaggio, che pare riescano a dare nuova intensità, brillantezza, alla vita: nell’entusiasmo una carica speciale d’energia. Così è accaduto meravigliosamente per «L’archivio delle anime. Amleto» da Shakespeare, di/ con Massimiliano Donato, che ha aperto la stagione serale del Teatro del Cerchio, uno spettacolo che, sciolto, vertiginoso, pieno di ritmo, meriterebbe profonde analisi per la definizione dei personaggi, le relazioni tra loro, la scomposizione del testo, il gioco degli incastri e dei ritorni, l’uso dei materiali scenici (anche marionette, fantocci, burattini), il raffinato meccanismo metateatrale, i continui, misurati, mutamenti di stile, comico e tragico, di alta commozione drammatica e scoppiettante ironia, scorrendo rapido dai toni buffi, grotteschi, a un’intensa malinconia vicina al pianto, tra strabilianti piroette espressive, formali, e ammiccamenti al pubblico, lasciando emergere qua e là, con gioia beffarda, riflessioni universali (su dio, la famiglia, la morte), facendo nascere risate improvvise e silenzi d’ascolto commosso. Massimiliano Donato è attore completo, con multiformi competenze al grado più elevato, capace di affrontare le più complesse sfumature emotive. Grande era stata l’ammirazione all’incontro con «Il Principe Mezzanotte», lì solo interprete in scena, agile, leggero, acrobatico. Ma qui, «L’archivio delle anime. Amleto» da William Shakespeare in quest’«Amleto» demolito e ricomposto, smontato e ricostruito a frammenti, ripensato genialmente, si riconosce anche una formidabile inventiva registica sorretta da un lavoro millimetrico di estrema fatica e bellezza. In una terra desolata dove il tempo ha corroso ogni cosa, assi logore, consunte, un vecchio baule e molte ossa, il becchino – figura nera, il volto fortemente truccato – gioca con quei resti umani e, in varie forme, a brandelli, lascia affiorare l’opera shakespeariana. L’attore assume più ruoli – anche la nonna di Amleto! – ma è insieme animatore di una molteplicità di figure, di grande tenerezza Ofelia, gli occhi brillanti, avvolta in piccolo mantello di pelliccia. Struggente la scena del più famoso dei monologhi, con Massimiliano Donato che sorregge teneramente la mano di un malinconico, romantico Amleto in miniatura, che intanto tiene a sua volta un minuscolo teschio… Ma è questo solo uno degli innumerevoli passaggi indimenticabili di uno spettacolo denso, colto, straripante, travolgente:
«L’archivio delle anime. Amleto» di e con Massimiliano Donato.!
GIUDIZIO: *****
NonSoloCinema anno VII n. 20 – © 2011
web site: http://www.nonsolocinema.com
“L’ARCHIVIO DELL ANIME. AMLETO” DI MASSIMILIANO DONATO
L’insostenibile leggerezza dell’essere Amleto
Articolo di Micol Lorenzato – Pubblicato mercoledì 13 luglio 2011
A teatro fuori dai teatri: che piacere. Con “Scene di Paglia, Festival dei Casoni e delle acque”, si può. La cornice agreste di Villa Roberti è splendida. L’atmosfera calda e intima. In scena: “L’ archivio delle anime. Amleto”. L’originale proposta di Massimiliano Donato, uno dei fondatori del Centro Teatrale Umbro, che rilegge e riscrive, oserei dire, la celebre tragedia shakespeariana.
Tutto ha inizio dalla fine, quando il destino dei nobili di Danimarca è già compiuto. Di loro restano solo le poche ossa che un vecchio becchino, figura chiave nella partitura scenica, custodisce gelosamente.
Reliquie di un passato doloroso, attraversate da segreti immortali a cui il gotico protagonista, davanti a un pubblico immaginario, restituisce la parola.
Tra calici di vino, burattini e piccoli effetti spettacolari l’eccentrico interprete, conduce lo spettatore in un viaggio per sommi capi alla ricerca dell’essenza stessa dell’ Amleto. La trama classica è completamente stravolta sia nella scansione temporale degli avvenimenti che nel loro rapporto di causa effetto.
Un Amleto che non è un Amleto eppure lo è. Una ricerca innovativa e sperimentale per un dramma che riesce ancora a stupire e incantare. Quasi novanta minuti sul filo dell’emozione, ipnotizzati dall’interpretazione frenetica e lisergica di un grande artista che solo sul palcoscenico da vita a uno spettacolo imprevedibile e in continua metamorfosi.Unico neo di un allestimento capace di rimanere nella mente e soprattutto nel cuore, nella parte finale quando la rappresentazione si fa troppo frammentata perdendo intensità e spezzando quel ritmo perfetto che si era sviluppato. Sciocchezza da poco comunque davanti a un teatro altro, che è rumori, colori e odori. Che è vita.
Amleto. L’archivio d’anime di Massimiliano Donato
Giovedì 14 Luglio 2011 15:00 Rita Borga
Bello e inquietante l’arrivo in scena di Massimiliano Donato. Lo vediamo avvicinarsi tra il verdeggiante contorno di Villa Roberti a Brugine, uno dei comuni della Saccisica, nella provincia di Padova, dove si è svolto in questi giorni Scene di paglia, festival dei casoni e delle acque, curato da Fernando Marchiori.
Elegantemente spettrale, in un nero gotico che sottolinea la spigolosità di tutta la sua magrezza, occhi segnati a matita nera su fondo bianco, barbetta candida; alle spalle la luce del crepuscolo in declino. Un vecchio un po’ dinoccolato, dalle profonde e veloci falcate, ai piedi stivaletti con claquettes in punta e tacco che crocchiano meravigliosamente sulla pavimentazione, come ossa un po’ piene un po’ vuote.
Ci troviamo nel suo “archivio d’anime”, che è il suo cimitero, che è il suo teatro, che è il suo spettacolo: lui è il becchino, in scena c’è Amleto.
Gli archivi d’anime o stati d’anime erano degli elenchi anagrafici della popolazione tenuti dai parroci – alcuni risalgono al Cinquecento – in cui venivano registrati solitamente i capifamiglia; in altri, più generosi e meno patriarcali, anche la consorte e i figli. Un documento importante a livello statistico e una preziosa fonte per gli appassionati di genealogia, ma anche un affascinante viaggio nel tempo, un racconto d’avventure tra luoghi, eventi e personaggi inseriti in un tempo storico ma anche fantastico.
Massimiliano Donato scopre uno di questi archivi durante il restauro della pieve di S. Giovanni Battista di Goregge, una casa sacra edificata in mezzo alle silenziose colline di Gubbio, a cui lavora con le proprie mani, lasciando per alcuni anni a riposo la professione d’attore, per dare vita nel 2000, assieme a Naira Gonzalez, a un luogo permanente di formazione dell’attore (si veda la nuova edizione “Di umanità si tratta”): il Centro Teatrale Umbro.
E’ una scoperta affascinante, che rimane inizialmente latente, e sulla quale poi l’attore costruisce con la pazienza e la cura dell’artigiano uno spettacolo complesso e vivace, che per quattro anni fa e disfa.
“E’ nel lavoro, qualsiasi esso sia, che l’uomo incontra e conosce se stesso, il suo essere profondo e segreto” racconta Massimiliano nel dopo spettacolo. E’ attraverso questa operosità, la fatica quotidiana, la ricerca di un linguaggio umano semplice e struggente che ogni frammento viene costruito, poi stravolto e infine ri-creato fino ad arrivare alla prima assoluta a Padova.
“L’archivio delle anime. Amleto” è sicuramente una originale messinscena della tragedia shakespeariana, ma più che l’interpretazione della stessa, non sempre facile da sostenere anche per un bravo attore come Donato, ciò che è geniale, curioso, coinvolgente e struggente nel quadro registico e nella prova d’attore è il personaggio istrionico, inarrestabile del becchino; quel suo affannarsi a essere custode, poi cerimoniere, attore, regista, burattinaio, presentatore, mago, ballerino di tip tap, in un continuo gioco di doppio.
Protagonista e antagonista dentro e fuori la trama, il becchino è al servizio delle sue anime, ma se ne serve anche per essere quello che vuole nel suo teatro, il suo cimitero senza tempo. Prima con calma e pazienza e poi con pazzia e delirio, scardina qualsiasi qualificazione macabra e tetra del luogo, della sua figura, della tragedia che diventa un carrozzone di re e regine, di principi, fantasmi, amanti, attori, puttane e buffoni in un continuo gioco meta teatrale.
C’è la tragedia compassionevole dell’intera famiglia reale e l’umorismo grottesco di chi è solo spettatore di dolori, malinconie, sogni e inquietudini. C’è il personaggio inventato della nonna di Amleto, che riporta a una dimensione intima e familiare, ma ci sono anche i burattini e le carnevalate, perché la tragedia non sia troppo tragica e la commedia troppo comica, e infine i trucchi e le magie per chi ha voglia di crederci.
Dopo quasi due ore di spettacolo (e qui si avverte la necessità di un piccolo ridimensionamento), la figura del becchino non c’è più, come il tip tap dei suoi passi che riecheggiava nelle Barchessa, assorbito da quel viaggio fantastico nel tempo, dalla finzione teatrale, smaterializzato dalle tante sembianze della tragedia e della commedia. Rimane la frantumaglia, tantissima, sparpagliata ovunque, che fa rabbrividire, ma ogni singolo pezzo verrà ripreso in mano, pulito, aggiustato e riposto con cura dentro un baule, archiviato senza lasciare traccia alcuna in quello spazio che sarà ancora qualcosa d’altro o quello di sempre.
FIGLI SENZA PADRI
da “La Nuova” • venerdì 20 giugno 1997
Attori d’avanguardia ”nati” a Marghera
UNA nuova avventura teatrale che comincia merita sempre attenzione, specie in un momento in cui fare teatro senza avere alle spalle finanziamenti pubblici è quasi impossibile. Il nuovo gruppo, nato a Marghera, ma internazionale nella composizione e nella destinazione progettuale si chiama «Il cervo disertore» ed ha esordito ieri sera al teatro di Villa dei Leoni a Mira con «Figli senza padre», presentato in prima nazionale. A guidare il progetto di «Il cervo disertore» è Naira Gonzarez argentina, attrice per alcuni anni dell’Odin theatret di Eugenio Barba. Ed in questo progetto di suggestioni dell’Odin ce ne sono molte, a cominciare dalla voglia di internazionalità con l’intento di superare le tradizionali barriere linguistiche per gli attori. Nella compagnia ci sono infatti un attore argentino, Dario Levin, una spagnola, Cristina Prez Leal oltre agli italiani, Luigi Marangoni, Emiliano De Po, Massimiliano Donato, Antonil Shackelford, Donatella Sacco, Roberta Raineri, Michela Mocchiutti, Marilisa Capuano, Giulia Leonardi. Ed oltre a questo il vivere l’attorialità in profondità, in un coinvolgimento totale che fa paragonare a Naira Gonzalez il recitare «ad una preghiera, ad una rivoluzione». Dunque un intero anno di lavoro per attori provenienti da scuole molto diverse, chi dal Piccolo di Milano, chi dal Bottegone di Gassman, chi dall’Avogaria per impadronirsi delle tecniche dell’Odin e realizzare questo spettacolo «Padri senza figli» che è il vero punto di partenza per il gruppo. «E’ uno spettacolo sulla droga e sulla terra» spiega Naira Gonzalez, ovvero sulla ricerca della droga, ma anche sulla necessità di ritornare alla terra, alle radici, quelle radici che nello spettacolo sono rappresentate dalla presenza quasi ossessiva degli elementi primigeni della tradizione antica: il fuoco, la terra, l’acqua, l’aria. Una ricerca parallela condotta da tre giovani disperati, urlanti, rabbiosi che si imbattono in una figura, quella dell’ebreo che rappresenta tutto insieme il passato, il ricordo, la tradizione, il potere.
(n.m.i)
da “La Tribuna di Treviso” • 5 febbraio 1998
Ariston, domani « Figli senza padri». Se le generazioni non comunicano.
METTERE in scena l’incomunicabilità fra le generazioni. E in particolare quella tra padri e figli. E’ la scommessa del Cervo Disertore, la compagnia di Naira Gonzalez, che domani sera propone al teatro Ariston di via Garbizza «figli senza padre» (ore 21, ingresso 15-8 mila). Lo hanno scritto a quattro mani la stessa Naira e Donatella Sacco, dedicandolo ai loro padri e a Fraocesco, Ilaria, Antonella, Leonardo, Alessio, Nicola, Chiara. Tre giovani, senza punti di riferimento, cercado la droga per fuggire dalle radici, dal pragmatismo, dalla mancanza, dall’estraneità rispetto ai valori e alle scelte dei Padri. Tre ragazze sono prigioniere della memoria: tra loro aleggia il fantasma del padre che cercava la terra. Uomini in cerca di terra, giovani in cerca di droga: generazioni diverse, lontane, con in comune la sabbia, il deserto, la memoria che ritorna e che poi nuovamente vacilla.
Il linguaggio è evocativo, rigorosamente non didascalico. I flash portano in altre dimensioni, mentre predominano straniamento e linguaggio metaforico. La trama dell’opera muove da un funerale di un ragazzo morto per overdose: tre amici, dopo le esequie, si mettono subito a cercare la droga… Fra i temi dell’opera, la violenza «ereditata» dai giovani. Negli artefici della guerra i giovani non riconoscono nessun Padre. E le colpe, al contrario di quanto dice la massima, non ricadono sui figli: anzi, “Figli senza padri” sembra dire che si può vivere senza senso di colpa. E anche senza padre?
da “La Tribuna di Treviso” • martedì 17 febbraio 1998
Nessuno ha meritato il premio”Opera Prima”
La giuria, con questo spietato verdetto, sembra aver visto il nulla. Ma la differenza, nei lavori presentati, si è vista, eccome!
E non c’ è niente da capire” cantava De Gregori qualche anno fa. La quinta edizione del “Festiva Opera prima” è iniziata giovedì 18 giugno e si è conclusa domenica 21. La novità di quest’ anno è stata la presenza di una giuria col compito di assegnare il premio “Opera Prima” a uno dei sette gruppi teatrali selezionati per il Festival. Una seconda sezione di messinscene fuori concorso, chiamata “Il Mito e la Favola”, ha visto la partecipazione di alcuni gruppi storici del teatro di ricerca italiano. La giuria era così composta: Franco Quadri, Fabrizio Arcuri, Gerardo Guccini, Renata Molinari, Cristina Ventrucci. Noi scriviamo, fortunatamente, col senno di poi, a Festival finito, con l’anima in pace. In queste condizioni vi diciamo che il premio “Opera Prima” la giuria non ha ritenuto di conferirlo. “L’attuale stagione non ha evidentemente offerto opere prime che presentassero quella completezza e concordanza di elementi richiesta dalle attese e dal rigore che il Premio si propone. Pertanto la giuria non ritiene di potere conferire il Premio e suggerisce di suddividere la somma prevista fra i gruppi partecipanti”. Questa è l’ultima parte del verbale redatto e letto dalla giuria, domenica alle ore 12,00 nella sala d’Onore del Municipio. Il sindaco “povero” Fabio Baratella ha introdotto, con gaie parole sul giovane teatro italiano, la ghigliottina del giudizio dei quattro (più uno) cavalieri dell’apocalisse: non si è avuta neanche la cortesia di avvisare in anticipo il “Primo Cittadino”. Cosi ogni lavoro dei sette gruppi è stato preso a pedate nel sedere dai critici giurati, tutto si è risolto nella lettura di 17 righe di verbale… nemmeno sufficienti per riempire un foglio A4. Abbiamo l’impressione che nessuno dei giurati (dobbiamo generalizzare obbligatoriamente, in quanto il giudizio era dato all’unanimita’) si sia reso conto delle differenze tecniche e poetiche dei lavori presentati. Nessun vincitore ma tutti vinti, tutti perdenti, non è così! Possiamo assicurarvi che le differenze qualitative si sono fin troppo viste. La delusione è ancora presente, ma su tutto è presente la voglia di fare giustizia, di ricevere spiegazioni da Quadri (presidente della giuria) sul risultato ottenuto. C’è da chiedersi da quali forze il verdetto è stato spinto, se le decisioni sono state strettamente collegate all’evento teatrale o se hanno ricevuto un’importante influenza esterna. Non si vuole vedere tutto con occhi maliziosi, certo è che la giuria sembra avere visto li nulla. Allora, come Allora, come avrebbe fatto la montagna con Maometto (o viceversa ), conferiamo noi il premio ”Opera Prima” (naturalmente pagherà la giuria)… anzi stiliamo la nostra classifica dell’intero Festival, dal primo all’ultimo posto rendendoci conto dell’ impossibilità di classificare la poesia: Vincitore assoluto del Festival “Opera Prima” (tataaa): FIGLI SENZA PADRE della compagnia “Il Cervo Disertore” di Venezia. Motivazione: la messinscena proposta dalla suddetta compagnia ha saputo evidenziare una drammaturgia forte ed elegante, unita alle notevoli doti tecniche di ogni singolo attore. Entrambi gli elementi sono stati coordinati nel migliore dei modi, da una accurata regia. Bravi! alla faccia di chi se ne frega. Pasolini e una canzone dei Beatles ( Help, n.d.r.) siamo stati per un’ora seduti a guardare le stelle immobili nel ciclo, mentre le parole di Pasolini veniva no rapite e torturate dai tre attori bresciani, impacciatì nei movimenti e nella recitazione… al limite del ridicolo. Un commento a parte spetta al “Mito e la Favola”, misteriosa e criptica sezione di Opera Prima. Quattro gruppi di lavoro (Accademia degli Artefatti, Teatro del Lemming, Societas Rilffaello Salizio, Fanny & Alexander) hanno dato vita (e morte) un teatro di ricerca che continua a sbattere la testa sul muro dell’ incompren-sibilità. A dire il vero due solo dei quattro hanno sfiorato il brutto ermetismo di maniera, copia intellettualoide di una poesia (quella ermetica) che si è sviluppata come conseguenza/reazione ad alcuni fatti storici (il fascismo su tutti). I due impraticabili testi, Natura morta. Variazioni per una metamorfosi degli Artefatti e La felicità di tutti di Fanny & Alexander, contribuiscono ad allontanare il pubblico da un tipo di teatro che porta in sé, si dalla sua formazione, una poca popolarità. Sembra, che i due abbiano fatto di tutto per accattivarsi le antipatie del pubblico. A dar prova di questo allontanamento (voluto?) proponiamo qui due piccoli saggi di… niente: “Si parla di partecipazione e di collaborazione alla costruzione dell’identità del personaggio, perché l’impossibilità latente di un interpretazione razionale di ciò che accade è lo spazio che fa nascere il desiderio.” parola degli Artefatti. Secondo contribute alle parole vuote: “La felicità di tutti è la storia di una lunga preparazione alla morte, anzi alla tomba, intesa come luogo di estrema e non superabile mondanità. “Cari Fanny Alexander lavostra performance è stata una lunga preparazione alla noia, avremo preferitomorire.
MATTEO ZERBINATI
da “La Tribuna di Treviso” • martedì 17 febbraio 1998
E «Figli senza padre» non lascia indifferenti
Il pubblico si è alzato lentamente, dopo aver applaudito con energia. Tutti a complimentarsi con i protagonisti. Entusiasmo, qualche faccia all’uscita è ancora pensierosa: è stato fatto centro. «Figli senza padre», opera della compagnIa «Il Cervo Disertore», diretto dalla regista Naira Gonzales; scritto da Donatella Sacco, interpretato da Massimiliano Donato, Emiliano De Poi, Luigi Marangoni, Cristina Perez Leal, Antonia H. Shackeltord, è piaciuto. Ma lo spettacolo doveva soprattutto «entrare». Le tematiche non erano facili, dovevano essere delicati, ma allo stesso tempo non perdere la loro incisività, a tratti persino la loro durezza. Così è stato. La trama muove dal funerale di un ragazzo morto per overdose, e racconta. di tre giovani che non trova, no né punti di riferimento, né maestri. Con la droga cercano di fuggire, ma su di loro pesa l’estraneità rispetto ai valori dei padri. La mancanza di radici…serve gridare per farsi sentire, e per far sentire che la perdita di un amico può far cogliere il senso della vita; e quando Max il ribelle muore, Emi il poeta scopre la sua vocazione artistica e Luigi Il Folle ha il suo grande momento di lucidità. Così i «figli senza padri» si muovono sul palcoscenico sfiorando una tematica dopo l’altra. Non era facile rappresentare e comunicare la presa di coscienza che fra padri e figli c’è un distacco generazionale che degenera in incomunicabilità. Ma il gruppo c’e riuscito.
Giovanna Donini
da “Il Piccolo di Trieste” • martedì 14 luglio 1998
Figli della droga, senza padri
Dal conflitto generazionale alla memoria delle radici ebraiche
TRIESTE. È un po’ «straniero», nel calendario volutamente stuzzicante del «TsFestival,>, l’apparizione dello spettacolo di Naira Gonzalez e Donatella Sacco intitolato «Figli senza padre» (al posto del mancato «Making Porn» di Ronnie Larsen). Naira Gonzalez che capitana il gruppo del «Cervo disertore», proviene infatti dall’esperienza forte del teatro di Eugenio Barba e del più autorevole portavoce del suo linguaggio oggi in Italia, Cèsar Brie, fondatore del Teatro de los Andes. Su questa poetica si modella dunque il lavoro della regista, argentina di nascita, ma fedele all’internazionalismo dell’attore che governa la scuola di Barba. Tratto evidente anche in questo spettacolo – che per temperatura e sonorità, ricorda l’intensità di certi spettacoli molto amati dell’Odin Teatre, e si indirizza su una via drammaturgica più volte percorsa da Barba – il legame contraddittorio tra padri e figli, ma proiettato qui su molto attuali storie di droga. Dopo la morte per overdose di un loro compagno, tre amici si ritrovano ad affrontare lo spartiacque che li porterebbe fuori dalla dipendenza e dallo stordimento. Ma non è facile il viaggio verso la superficie della coscienza, tanto più se lo complica il conflitto delle generazioni e la memoria rifiutata della radice ebraica. L’ebraismo e la sua carica di ritualità tradizionale, sono temi che nello spettacolo si intrecciano a quello dell’affrancamento dai padri e dalla loro cultura, una rete. di pensieri che Naira Gonzalez e Donatella Sacco sviluppano per situazioni e per immagini dando valore simbolico ad alcuni oggetti (una ruota d’auto rappresenta la ruota di fuoco) o utilizzandone la forza suggestiva. E’ molto bello, ad esempio, l’uso che si fa della sabbia: è terra, e quindi radice e attaccamento, ma al tempo stesso è droga, e quindi fuga, dispersione. La presenza corporea è intensa (Barba parla di uno «stato» diverso per il corpo dell’attore mentre recita) come lo è anche la selezione dei gesti, mai realistica, mai banale. Anche se poi non si sfugge alle trappole dei luoghi comuni, come quando all’invocazione dell’overdose fa seguito la voce di Jim Morrison che nella più classica delle ballate generazionali e lisergiche «This is the end, my only friend, the end…». Ma è comunque un lavoro da apprezzare questo «Figli senza padre» tanto più se si pensa che il gruppo del «Cervo disertore» è nato da poco e opera senza alcun finanziamento, sorretto dalla volontà dei suoi interpreti che vanno citati anche per la sincerità e l’immediatezza che mostrano nel darsi ai personaggi: Massimiliano Donato (Max, il ribelle), Emiliano De Poi (Emi, il poeta dell’acqua), Luigi Marangoni (il folle) e come figlia dell’ebreo la stessa Naira Gonzelez.
Roberto Canziani
da “Il Resto del Carlino” • martedì 23 giugno 1998
Opera Prima: il premio a uno, nessuno, centomila…
Servizio di Alessandra Chini
Colpo di scena. La giuria del Premio Opera Prima, formata da Franco Quadri, presidente, Fabrizio Arcuri, Gerardo Guccini, Renata Molinari e Cristina Ventrucci ha deciso di non assegnare la vittoria a nessuna delle’ sette compagnie in concorso. Secondo la giuria, infatti, nonostante quasi tutti i lavori manifestino qualche caratteristica interessante, dalla recitazione all’idea registica o altro, nessuno possiede tutte le qualità di “completezza e concordanza di elementi richiesta dalle attese e dal rigore che il Premio si propone”, come recita il verbale. Una decisione clamorosa, che scontenta un po’ tutti. In primo luogo le compagnie che, avendo accettato di partecipare, si aspettavano, a buon diritto, di essere giudicate. Una decisione di questo tipo, invece, le appiattisce tutte allo stesso livello e non è certo un incentivo a migliorare, come qualcuno della giuria cerca invece di dare a intendere. Tutto questo, tra l’altro, con il contentino finale della suddivisione del premio tra tutti i partecipanti. Suggerimento, per altro, incongruente, dato che la giuria non ha motivato la sua decisione dicendo che tutte le compagnie erano parimenti a un buon livello. ma che nessuna, in realtà, meritava il premio. E comunque, appare chiaro come il pubblico, al contrario della giuria, il premio lo abbia decisamente assegnato, anche se chiaramente può, essere fuorviante basarsi solo su questo canone, che peraltro ha una sua importanza. Fatto sta che spettacoli come’ Jago’ della compagnia CLESSIDRA TEATRO, esoprattutto ‘Figli senza padri’ della veneziana ‘Il cervo disertore’ hanno ricevuto, a ragione, una vera ovazione. Se si considera, poi, il fatto che queste sette compagnie vengono da una selezione operata dal gruppo del Lemming fra, cento trenta proposte, questa scelta penalizza anche la compagnia rodigina. Infatti, nonostante la giuria sottolinei reiteratamente nel proprio verbale, l’innegabile importanza dello sforzo di questo gruppo per “…dissodare attraverso un lavoro di scavo e messa in relazione, le ragioni e i modi della pratica teatrale nel panorama delle nuove realtà”, in fondo finisce per mettere in discussione i criteri di scelta. Non una critica al Festival in sé, comunque, ma forse al fatto che, come ‘vetrina’, può funzionare un canone di selezione’ che valorizzi, ad esempio, la varietà dei lavori presentati, ma nel momento in cui si passa da questa formula a quella di ‘gara’ forse sarebbe necessario rivedere i criteri di scelta delle compagnie.
da “La Nuova” • martedì 17 giugno 1997
Ci salveranno i sogni
Un ebreo, i lager, il muro della droga
TRE giovani si ritrovano al funerale di un amico morto per overdose. Dopo la cerimonia si mettono a loro volta a cercare la droga, l’unico che sa dove trovarla è un ebreo. Prima di indicare dove i tre ragazzi possono cercarla, l’ebreo vuole raccontare la storia dei lager, ma i tre amici non vogliono ascoltarlo. Sempre nascosto ai loro sguardi, il pozzo del1a droga, sabbioso e candido, assomiglia al lager, un lager scelto da loro. I ragazzi conoscono le figlie dell’ ebreo, che vivono segregate in casa. Durante una crisi di astinenza i tre giovani irrompono. nella casa del1’ebreo, che li costringe ad ascoltare il suo racconto senza parole, attraverso i sogni. Sogni biblici. Come miraggi svelano la violenza che i giovani hanno ereditato. Attraverso i sogni si salvano. La libertà è accettare di non avere più nessuno, di riuscire a vivere senza padri: «Per dissotterrare la memoria mi devo spogliare della terra». Così la fuga porta alla costruzione di un altro muro dove si può pensare senza essere sentiti, recitare senza essere insultati, ma anche urlare, e forse qualcuno ci sentirà. Dei tre ragazzi, uno non regge alla storia e si uccide; un altro da folle diventa lucido; l’ultimo continua a vivere, per scrivere e testimoniare la storia. L’ebreo parte, lascia le figlie; i giovani si ritrovano, quelli vivi e quelli morti, per costruire un grande ideale, che forse un giorno come il fuoco si spegnerà.
E’ la trama, dì «Figli senza padre», lo spettacolo della compagni ll Cervo Disertore di Mestre in scena in prima nazionale giovedì 19 giugno alle 21.30 al teatro di villa dei Leoni di Mira, diretto dalla regista argentina Naira Gonzalez con Donatella Sacco. In scena Emiliano De PoI, Massimiliano Donato, Dario Levin, Luigi Marangoni, Michela Mocchiutti, Cristina Perez Leal. Esempio di teatro post-be ckettiano e post-grotowskiano, oltre l’avanguardia, lo spettacolo è tutto costruito sul corpo, la voce, il movimento. «Figli senza padre» è molto bello dal punto di vista visivo e coreografico. Evocativo, intenso: una mimica di spettri nello spazio del silenzio, al1a ricerca dell’emozione che ci fa ancora vivere. (r.l.)
da “Il Gazzettino” • domenica 14 giugno 1998
Overdose di sentimenti tra poesia, ribellione e follia
«La follia sarà la strada con cui mi racconterò» dice il pazzo interpretato da Luigi Marangoni, nello spettacolo “Figli senza padri” della compagnia teatrale “Il cervo disertore” andato in scena al liceo “Marco Polo”. Una storia che irrompe nel pubblico con la stessa violenza con cui si appropriano degli spazi della palestra della scuola, trasformata dalle loro parole nell’abisso in cui si aggirano senza pace i giovani incompresi, drogati. Sognatori senza speranze, giovani dimenticati. La Poesia, la Ribellione e la Follia, sono tre ragazzi che si ritrovano al funerale di un loro amico morto per overdose. Comincia un viaggio per trovare la droga, ma anche quei sogni «che pungono l’aria come fiamme del fuoco». Si imbattono in due sorelle ebree e presto la ricerca della droga si confonde con quella stessa brama per la terra che aveva il padre delle ragazze. «La terra e il potere portano alla distruzione, ma i Profeti non servono a niente se non riescono a impedire la morte». Vita e morte si confondono, libertà e schiavitù si intrecciano, terra e droga si mescolano, sui volti espressivi di questi attori. Un testo toccante di Donatella Sacco, con frasi brevi, profonde, ricercate, per evocare immagini che si fissano come piccole stilettate nelle menti di chi ascolta. Una regia fresca quella Naira Gonzales, che impregna di simboli il suo teatro fatto da giovani e sui giovani, ma per tutti. Emiliano De PoI, Massimiliano Donato, Cristina Perez Leal e Antonia Shackelford sono gli altri attori, professionisti, che riescono a riempire con le voci prorompenti e le smorfie dei loro visi la scenografia essenziale che li accompagna. Alla fine dello spettacolo, quando si capirà che senza padri in fondo si può vivere, il poeta trovera’ la sua vocazione, il folle la lucidità, il ribella si ucciderà. «Tutte le volte che vorrai vedermi chiudi gli occhi e allora sarò sempre io».
B.S.
da “Il Resto del Carlino” • martedì 23 giugno 1998
Tra padri e figli finisce in overdose
Servizio di Alessandra Chini
Un pubblico molto numeroso e a dir poco entusiasta ha accolto il ritorno a Rovigo del bravissimo Luigi Marangoni, ex attore del Teatro del Lemming, che con la sua nuova compagnia veneziana “Il cervo disertore” ha portato in scena sabato sera al ‘Teatro Verde al Castello’, nell’ambito dell’Opera Prima, ‘Figli senza padri’. Un quadrato di polvere bianca a delimitare il ‘sacro’ spazio dell’azione teatrale e un ampio telo nero come parete posteriore. E’ questa la scarna scenografia del coinvolgente spettacolo che vede come pro1agonisti tre ragazzi, simboli rispettivamente della Ribellione (Massimiliano Donato), della Poesia (Emiliano De Poi) e della Follia (Luigi Marangoni), accanto a loro altri due personaggisimbolo: le figlie dell’ ebreo, la Memoria (Antonia H. Shackelford) e l’Infanzia (Cristina Perez Leal). E poi, ancora altri simboli evocativi a costellare il procedere dell’ azione, la ruota di fuoco, ovvero il viaggio, un percorso lontano dalle radici paterne, ben piantate nella terra. E la terra come elemento importantissimo per il padre, specie se ebreo e dunque abituato, da sempre, a errare, essendone stato privato. Infine l’acqua, come elemento catartico, salvo poi sottolineare che: “Sotto l’acqua c’è una distesa di sabbia…” che altro non è che la famigerata terra. E di catarsi si può parlare anche riguardo alla morte per overdose del ragazzo ribelle, momento in cui il poeta trova l’ispirazione e il folle ha un attimo di lucidità nell’ affermare : “Ho visto mio padre abbracciare il feretro di mio fratello”. Bravissimi i cinque attori, e interessanti alcune scelte registiche riguardanti soprattutto le composizioni corporali e i movimenti in scena. A completare la serata di sabato, poi, la compagnia ‘3ATR02’ ha presentato, ‘I mieI colori amati’ basato su alcune raccolte di poesie di Pier Paolo Pasolini. Buona l’idea, ma non altrettanto il risultato. Lo spettacolo, infatti, formato unicamente da un collage di queste liriche ha finito per risultare estremamente pesante. La serata di domenica, l’ultima della rassegna, ha visto invece, portati in scena due spettacoli della sezione ‘Il Mito e la Favola’, ovvero, ‘Buchettino’ della famosa ‘Socìetas Raffaello Sanzio’ e ‘La felicità di tutti’ di ‘Fanny e Alexander’. ‘Buchettino’ è il nome di una favola, meglio nota come ‘Pollicino’ che racconta le vicende di un piccolissimo bimbetto e dei suoi sei fratelli abbandonati, secondo un classico topos, nel mezzo del bosco a causa della spaventosa indigenza dei genitori. Ma non è tanto la favola in sé a costituire l’elemento fondamentale del lavoro della’ Socìetas’ , quanto tutto il contorno. Gli spettatori, infatti, vengono fatti accomodare all’interno di una struttura di legno con cinquanta lettini appositamente preparati per loro e un attrice (Silvia Pasello) racconta la favola. All’esterno della struttura, intanto Carmen Castellucci e Flavio Urbinati si occupano dei rumori di sottofondo che rimbombano all’interno. E,’ completamente intento nell’ ascolto, if pubblico si trova assolutamente coinvolto e avvolto nella magica atmosfera della fiaba. E di una fiaba tratta anche ‘La felicità di tutti’, una fiaba strana, dal sentore cimiteriale e ossianico.
da “Il Gazzettino” • sabato 21 giugno 1997
Incomunicabilità tra generazioni
Il testo ”Figli senza padre”
Il teatro di “Villa dei Leoni” non ha fatto in tempo a chiudere i battenti per la sospirata pausa estiva che già ha dovuto riaprirli per uno spettacolo messo in scena dal gruppo “Il cervo disertore”. Un lavoro scritto a quattro mani da Naira Gonzales e Donatella Sacco (operanti entrambe in quel di Mestre), intitolato «Figli senza padre», sul tema dell’incomunicabilità generazionale. O meglio, fra padri e figli, in una società che non sa più cosa siano i valori. L’azione inizia forse in termini gesticolati più del necessario con tre amici affranti che si trovano ai funerali di un loro compagno d’avventure morto per overdose. E la droga cattura subito le loro fantasie inducendoli a cercarne qualche dose per ingannare l’angoscia. L’unico a conoscere il luogo dove trovarla è un ebreo, che prima di metterli sulla traccia della sostanza invocata, vorrebbe evocare la storia drammatica dei lager. Nei quali è sparito il meglio della società ebraica, solita a fare le sue scelte in obbedienza alla tradizione biblica. Il dialogo fra l’ebreo e i tre visitatori conosce una sorta di pausa all’irrompere delle sue figlie, che ricordano alla lontana due fiori spuntati in una terra arida, ma poi riprende sul filo del viaggio onirico. Ed è giusto facendo leva sulla lezione impartita dalla musica alquanto sui generis del sogno che gli amici riescono a trovare salvazione. Liberandosi dal mito di avere sempre alle spalle chi li protegge dalle onde burrascose dell’esistenza, cadenzata da violenze senza scampo. Per non dire di altre esperienze traumatiche che finiscono per spalancare la porta al dilagare, della solitudine contro la quale nemmeno più le parole valgono. Soltanto dopo aver buttato giù il muro che sta loro davanti, i giovani riescono a essere, finalmente se stessi, pur avendo il preciso sospetto che dalle proprie radici non ci si libera mai totalmente. Salvo che uno non riesca a costruire una nuova realtà, rappresentata, come avverte la breve nota distribuita al pubblico, dalla «costruzione di un altro muro dove si può pensare. senza essere sentiti, recitare senza essere insultati, ma anche urlare, e forse qualcuno ci sentirà». La conclusione della “quasi parabola” a firma Gonzales-Sacco, sulla scoperta che la conoscenza non salva, è che la combriccola di amici alquanto traumatizzati si rivolge di nuovo al soccorso della droga. Il risultato della scelta è che tornano alla famosa polvere bianca che ricorda la neve, finché dopo la partenza dell’ebreo scortato dalle figlie, non troveranno la forza di «costruire un grande ideale, che forse un giorno come il fuoco si spegnerà e assisteranno nuovamente al funerale dello stesso amico morto per overdose». Una volta spiegata sia pur succintamente la vicenda, c’è da aggiungere che NairaGonzaIes ha saputo metterla in scena con grande bravura, avvalendosi di un gruppo di attori molti affiatati, che meritano un caldo elogio: Emiliano de Poi, Massimiliano Donato, Dario Levin, Luigi Marangoni/ Michela Macchiutti e Cnstina Perez Leal. Il risultato della sua operazione, viziata forse da un sospetto di estetismo e da alcune ripetizioni, è stata una metafora inquietante! che ha avuto momenti di alta qualità.
G.A. Cibotto
da “Il Gazzettino di Rovigo” • martedì 23 giugno 1998
Nè retorica nè luoghi comuni
Sogno e realtà, volontà di perdere le proprie radici e necessità di una memoria: un viaggio fatto spesso anche di scelte contraddittorie, un continuo oscillare alla ricerca di un equilibrio che forse non ci è più dato avere. “Figli senza padre”, presentato sabato sera dalla compagnia “Il cervo disertore” di Venezia, nell’ambito del Festival “Opera Prima” (nella sezione-concorso), ha affrontato il tema della comunicazione fra generazioni, evitando retorica e luoghi comuni e riuscendo a produrre un forte impatto sul pubblico presente al Teatro Verde al Castello. Due figlie (Cristina Perez Leal, Antonia H.Shàckelford) custodiscono la memoria del padre ebreo, che per tutta la vita ha cercato la terra promessa; il figlio (MasSlmiliano Donato, la ribellione) invece ha rinnegato le proprie origini, rifiutando di riconoscersi in chi da vittima (lo stato di Israele, i Padri) è diventato portatore di guerra; i due suoi amici (Luigi Marangoni, pazzia, e Emiliano De PoI, poesia), lo seguono nella disperata rincorsa di una libertà assoluta, che porta anche attraverso le strade della droga. Lo spettacolo (regia di Naira Gonzalez) ha offerto momenti davvero intensi, utilizzando una sapiente commistione di parole e immagini, un linguaggio evocativo, e figure di teatro-danza. Acrobatica, accesa, a tratti violenta, la recitazione; suggestivo il testo, denso di intuizioni penetranti. Alla fine il pubblico, molto più numeroso del solito (complice forse la presenza del rodigino Marangoni), ha salutato con un lunghissimo applauso la performance di un gruppo di attori straordinariamente affiatato e preparato, protagonista di uno degli spettacoli migliori di questo Festival.
Marcello Garbato
da “La Provincia di Cremona” • venerdì 17 luglio 1998 Storie di Generazione X
‘Figli senza padri’, droga e rabbia per tre ragazzi
POZZAGLIO – Fare teatro non tanto per fare quanto per provare e provarsi alle nuove forme della scena. La partenza scenica della rassegna estiva di Pozzaglio è coraggiosamente tutta in salita. Ha
ìl sapore del rischio e della forza di non legarsi a forme abusate dello spettacolo dal vivo. Tutto questo per dire che Figli senza padri (domani sera ore 21 al Centro sportivo) della giovane compagnia veneziana ‘II cervo disertore’ è uno spettacolo da non perdere. Le motivazioni che rendono interessante l’allestimento sono molteplici: il tentativo di leggere la realtà, la voglia di fare della giovane regista Naira Gonzales, boliviana di nascita e con alle spalle una collaborazione con Eugenio Barba, il cast multietnico della compagnia, ma soprattutto il desiderio di affrontare di petto la realtà e il disagio della società contemporanea. Figli senza padri è la storia di tre giovani che si ritrovano al funerale di un amico morto per overdose. Dopo la cerimonia si mettono a loro volta alla ricerca di droga, l’unico che sa dove trovarla è un ebreo. L’incontro con chi sa procurar loro la ‘roba’ non è immediato: l’ebreo vuole raccontare ai tre tossici la sua storia, fatta di sogni biblici. Quell’incontro affidato al corpo e ai suoni, più che alle parola, procurerà una strana e inaspettata catarsi, recupererà alla generazioni senza padri le origini di una violenza a cui sono inconsapevolmente vittime. ma al tempo stesso li renderà liberi. Quei sogni che sanno di miraggi aiuteranno a vivere i tre, li renderanno consapevoli che è possibile esistere malgrado l’assenza di maestri, di padri. Figli senza padri proporrà una tipologia di teatro che, mutuata dalla lezione antropologica di Barba, affida al corpo, al movimento ai suoni della voce le potenzialità espressive di un racconto che finisce con lo sconfinare nel rito. Per apprezzare la proposta inaugurale dell’estate In Scena di Pozzaglio bisogna dimenticarsi in parte, gli schemi classici della tradizione scenica all’italiana e farsi ‘disponibili’. Lo spettacolo di domani sera è il primo di un trittico, affidato alla Gonzales e ai suoi attori. Le tematiche affrontate sono quelle di un disagio o una rabbia sociale che trova sfogo proprio nello spazio libero e separato del teatro. Dopo Figli senza padri, i prossimi appuntamenti sono sabato 25 luglio con Il flore dell’Orgia e il l’agosto con Rituale Fasullo. (N. arr.j)
da “Il Mattino” • venerdì 20 giugno 1997
Giovani, con rabbia ma in cerca di radici
L’esordio di una compagnia internazionale
UNA NUOVA avventura teatrale che comincia merita sempre attenzione, specie in un momento in cui fare teatro senza avere alle spalle finanziamenti pubblici è quasi impossibile. Il nuovo gruppo, nato a Marghera, ma internazionale nella composizione e nella destinazione progettuale si chiama «Il cervo disertore» ed ha esordito ieri sera al teatro di Villa dei Leoni a Mira con «Figli senza padri», presentato in prima nazionale. A guidare il progetto di «Il cervo disertore» è Naira Gonzales, argentina, attrice per alcuni anni dell’Odin Teatret di Eugenio Barba, con cui ha fatto tournée anche in Italia. Ed in questo progetto di suggestioni dell’Odin ce ne sono molte, a cominciare dalla voglia di internazionalità con l’intento di superare le tradizionali barriere linguistiche per gli attori. Nella compagnia ci sono infatti un attore argentino, Dario Levin, una spagnola, Cristina Prez Leal, oltre agli italiani, Luigi Marangoni, Emiliano De Po, Massimiliano Donato, Antonia Shackelford, Donatella Sacco, Roberta Raineri, Michela Mocchiutti, Marilisa Capuano, Giulia Leonardi. Ed oltre a questo, il vivere l’ attorialità in profondità, in un coinvolgimento totale che fa paragonare a Naira Gonzales il recitare «ad una preghiera, ad una rivoluzione». Dunque un intero anno di lavoro per attori provenienti da scuole molto diverse, chi dal Piccolo di Milano, chi dal Bottegone di Gassman, chi dall’ Avogaria per impadronirsi delle tecniche di recitazione dell’Odin e per realizzare questo spettacolo «Padri senza figli» che è il vero punto di partenza per il gruppo. «E’ uno spettacolo sulla droga e sulla terra» spiega Naira Gonzales, ovvero sulla ricerca della droga, ma anche sulla necessità di ritornare alla terra, alle radici, quelle radici che nello spettacolo sono rappresentate dalla presenza quasi ossessiva degli elementi primigeni della tradizione antica: il fuoco, la terra, l’acqua, l’aria. E questa ricerca parallela è condotta da tre giovani disperati, urlanti, rabbiosi che si imbattono in una figura, quella dell’ebreo, che rappresenta tutto insieme la paternità, il passato, il ricordo, la tradizione, il potere. II lavoro teatrale nasce dunque da questo incontro-scontro: da questo, aver bisogno dei padri e insieme rinnegarli, rivoltarsi contro, ripudiarli per conquistare alla fine se stessi, liberarsi delle colpe degli adulti che ricadono sui giovani. Quello di Naira Gonzales è un raccontare sincretico, fatto di suggestioni ed energie piu’ che di linearità narrativa, tutto incentrato sulla potenzialità espressiva del corpo ed in questo senso è indubbiamente efficace. Meno convincente è invece l’uso della parola; che volendo sfuggire ad ogni dimensione del teatro naturalistico non sembra però trovare una compiuta collocazione. Ma è comunque un esordio all’insegna del rigore, della grande passione per un teatro non superficiale ne’ approssimativo, che evidenzia tra l’altro interessanti individualità, ed è quindi da seguire con interesse.
Nicolò Menniti-Ippolito
da “il Resto del Carlino” • martedì 23 giugno 1998
E’ piuttosto lungo l’elenco degli enti e delle associazioni che hanno patrocinato e sostenuto economicamente la quinta edizione del festival “Opera Prima”, intitolato a Martino Ferrari e organizzato dal rodigino Teatro del Lemming: la Regione Veneto, la Provincia e il Comune di Rovigo, la Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, l’ApI, il circuito teatrale regionale Arteven e i fogli locali Viavai e la Rotonda, mentre le Ferrovie dello Stato, non abbiamo capito bene perché, figurano su11a copertina del programma della manifestazione, ma non nelle pagine interne. Si tratta, dunque, di una iniziativa che non soltanto si è consolidata in cinque anni di vita, ma che viene ulteriormente legittimata da un fitto ed eterogeneo concorso di sponsor e fautori. E’ proprio questa paradossale istituzionalità la novità della odierna rassegna: un teatro “negato” e soffocato dall’ ufficialità e dalla tradizione, che non soltanto vuole rompere il muro di silenzio che gli e stato creato intorno, ma ambisce a diventare “ricerca” garantita e protetta proprio da quella alterità borghese che lo irrideva o lo ignorava. Nella rivolta dei figli contro i padri, sempre questi ultimi vogliono sostituirsi ai primi. Era perciò lecito nutrire non modeste aspettative riguardo a questa edizione, che ha aggiornato la sua formula e ha presentato un programma particolarmente denso di appuntamenti e occasioni, che coinvolgevano alcuni luoghi deputati e istituzionali della città, dal Teatro Sociale al salone del Municipio, dai giardini alla piazza e al cortile dell’ex Vescovado, dal Monastero degli Eremitani alla Pescheria Nuova. Articolati in due sezioni, sette spettacoli concorrevano al premio opera prima e altri quattro ridefinivano “Il Mito e la Favola”, puntando specialmente sul coinvolgimento sensoriale dello spettatore. Festival come vetrina vivente di formazioni teatrali che rivendicano il nuovissimo e contestano il silenzio, ma anche come legittimazione istituzionale: un grido, insomma, per farci sentire che, sì, esistono, operano e riempiono prepotentemente una presunta “tabula rasa”, ma, al tempo stesso, sono in attesa di una ratifica che comporta il rischio dell’omologazione. Ecco, allora, una giuria autorevole, presieduta da Franco Quadri e composta da Gerardo Guccini, Renata Molinari, Cristina Ventrucci e Fabrizio Arcuri per assegnare un premio consistente in due milioni di lire e nella partecipazione all’imminente Festival internazionale di Polverigi. Nella assiduità un poco disperante e ripetitiva delle proposte ci siamo attardati su tre spettacoli, che ci sono parsi in vario modo significativi anche se non sempre risolti. “L’attenzione alla morte non è frutto di una speranza di vita, ha scritto una volta Michel Vovelle, ma di felicità, ciò che è assai più complesso, ma anche più carico di significato” e pareva questo, o qualcosa di simile, il percorso che si erano assegnati gli otto attori del Teatro Magro di Mantova con “Eternit’. Solo che, come già suggeriva la irridente ambiguita’ del titolo, il rapporto uomo-morte diventava pretesto per una ironica ricognizione nei luoghi comuni dell’immaginario quotidiano, tra brandelli di vita, figurazioni, luci inquietanti, spaesamenti, poesiole a rima baciata, per smascherare l’inautenticità dei nostri giorni. La morte finiva, però, per essere esorcizzata dalla ripetizione dei giochi verbali e da certa inconsistenza drammatica. Roberto Latini e La Clessidra Teatro di Roma hanno invece presentato una dissezione dell’Otello shalcespeariano, trapiantando nel cuore dell’ azione nientemeno che Iago, assimilato a un ragno che tesse la sua tela. Un’ operazione che ormai più di venti anni fa aveva sollecitato anche Giorgio Manganelli, che aveva ribaltato le consolidate. strutture della tragedia. Cosi’ Iago monòloga senza interruzione, evocando e ricostrue do l’azione, nello scintillio della la voce e nelle inesauste deambulazioni, nei sapienti avvolgimenti della tela che restituiscono la verità di un lucido delirio. Qui, la ricerca non è sul linguaggio, ma sul rapporto tra personaggio e interprete un travolgente e mutuo scambio di intenzioni e battute. “Figli senza padre”, proposto dal veneziano II Cervo Disertore infine, ci è parso lavoro interessante e coerente, non proprio per le tematiche un poco abusate già adombrate nel titolo e in tanto cinema e letteratura che si rifanno agli anni Settanta, quanto piuttosto per la ricerca di un linguaggio efficace e di indubbia suggestione che si riallaccia alle esperienze dell’Odin Teatret di Eugenio Barba. Ecco la recitazione eterogenea (connotata da forte realismo nei personaggi maschili e da gusto evocativo in quelli femminili), nei movimenti alternati e improvvisi che animano lo spazio scenico, nei costumi e nell’uso delle luci. Non si è trattato pero’ di epigonismo, quanto di un autentico tentativo di superare, attraverso nuove figurazioni e fortissima intensità, punti di partenza prefissati e orizzonti appena e solo individuati. Fosse stato per noi, avremmo assegnato il premio proprio a questo lavoro. La giuria autorevole, invece, con un “escamotage”, non ha assegnato il premio “Opera Prima’ evitando, appunto, di avallare quella ricerca di istituzionalita’ che resta appannaggio soltanto delle compagnia promotrice, la quale daI canto suo, proprio per questo motivo, dovra’ pur rendere noti bilanci, promozioni e linee programmatiche e operative.
PEDILUVIO
da “C.G.I.L. Notizie” • luglio – agosto 1998
“ll cervo disertore’ presenta “Pediluvio” e “Rituale fasullo”
di ANTONIETTA MARIOTTI
Il 21 marzo scorso, primo giorno di una, primavera dal volto ‘ freddo e imbronciato, l’AUSER di ‘ Treviso ha proposto una iniziativa provinciale in collaborazione con il Circolo “La Villa” ed il Comune di Carbonera per inaugurare l’apertura del parco di Villa Maria: due atti unici di una, compagnia di teatro di strada dal nome intrigante ed inconsueto ‘Il cervo disertore”. Si tratta di ragazze e ragazzi, tutti sotto i trent’anni, provenienti da varie città italiane e straniere, che a Marghera hanno trovato il proprio centro operativo ed hanno dato vita ad alcuni lavori di particolare interesse, malto forti per le emoziani ed i cancetti che trasmettono, avvincenti per le capacità drammatiche e vocali che tutto il gruppo ha acquisito. L’AUSER ha voluto raccogliere la loro proposta coraggiosa e la ha offerta ad un pubblico piuttosto èterogeneo e spesso digiuno nei confronti di generi teatrali così nuovi ed avanzati, pubblico che avrebbe potuto non farsi coinvolgere nel modo adeguato. Non è stato casi’. I due atti unici “Pediluvio” e “Rituale fasullo”, superato il primo disorientamento, sono stati apprezzati ed applauditi calorasamente, La comparsa sulla scena, di giovani in abito da suore e preti ,ha sortito immediatamente l’effetto di captare l’attenzione e.. di incuriosire, tanto decontestualizzati risultavano l’abbigliamentò ed il rapporto tra, questo ed temi proposti. La potenza di una gestualità straordinariamente efficace, l’espressività mimica, l’enfasi dei versi e successivamente il canto, nella prima rappresentazione, hanno creato un’atmosfera da tragedia greca, suggerendo però agli spettatori immagini di dittature, di sofferenze, di oppressioni, di situazioni di portata universale, é sollecitando nel contempo un sentimento di ribellione, sottolineato oppartunamente dalla mu sica di Bob Dylan. Ancora la musica ha costituito il filo conduttore della seconda parte, questa realizzata non piu’ nella sala interna della villa, ma all’aperto. In una scenografia di notevole suggestione, fra i maestosi alberi del parco e le acque del fiume alle spalle, i giovani, in mano grandi fiaccole accese, hanno eseguito accompagnandosi con la chitarra canzoni di diversi paesi del mondo. Le loro voci prorompenti, nonostante la varietà delle lingue, sono riuscite ad esprimere in maniera inequivocabile una voglia profonda di libertà e di uguaglianza, un rifiuto categorico della guerra e della sopraffazione, il desiderio universale di un mondo migliore, in una parola l’utopia che non ha confini, non ha età, non ha tempo. Al Cervo Disertore, dunque, il merito di aver saputo trasmettere, in una giornata di festa, un messaggio così netto e così chiaro. Perché una cosa è certa: forse non tutti ne hanno colto i passaggi, ma il senso profondo del discorso, quello si, e’ stato recepito da tutti. E non e’ poco.
IL FIORE DELL’ORGIA
da “La Nuova” • venerdì 12 dicembre 1997
Le voci della solitudine
Pasolini e Jarman, figure simbolo
UN’ ANIMA gridata, dove il dolore diventaluce, la ferita coscienza. Derek Jarman, grande regista inglese omosessuale morto di Aids; Pier Paolo Pasolini, poeta friulano omosessuale ammazzato a Roma: due figure simbolo della differenza. Alla solitudine di Pasolini e Jarman è dedicato il monologo «Il fiore dell’ orgia» (Orgia è un testo di Pasolini), scritto e interpretato da Massimiliano Donato e diretto da Naira Gonzalez, la regista e animatrice italo-argentina della compagnia Il Cervo Disertore di Mestre, in scena domani alle 21 al teatro di villa dei Leoni di Mira, secondo appuntamento di «Per contrasto. Frequentare il futuro». In scena i pensieri di Pasolini e Jarman s’alternano a quelli d’un giovane androgino in un’Italia di macerie. Esempio di teatro estremo, oltre l’avanguardia (Naira Gonzalez è allieva dell’Odin Teatret di Eugenio Barba, Iben N. Rassmugen, César Brié), «Il fiore dell’orgia» è una prova d’attore intensa, dove le parole e la voce sono lanciate contro il cielo, spazio e confine della solitudine. Massimiliano Donato interpreta l’atto unico da lui stesso scritto con dedizione, in un lucido delirio di gesti, voci e silenzi. Un lavoro molto impegnativo anche sul piano fisico per un gruppo di attori, Il Cervo Disertore, tra le nuove compagnie interessanti della scena veneziana. L’anno scorso Naira aveva portato, sempre a Mira «Figli senza padri». Nata nel’71 a Buenos Aires, Naira Gonzalez ha fatto teatro nelle miniere della Bolivia giovanissima, con suo padre; con Brié fonda nel ’91 in Bolivia il Teatro de Los Andes. La compagnia Il Cervo Disertore s’è formata nel ’96. (r.l.)
da “Il Mattino” • martedì 16 dicembre 1997
Pasolini rivive nel «Fiore dell’ orgia»
Articolo di Roberto Lamantea
Un cuore-ghirlanda di fiori rossi; l’attore è disteso su una branda, indossa un abito da sposa; il palco è spoglio, lo sfondo è un nero muro scrostato. La voce nasale di Pier Paolo Pasolini è quella di un’intervista del ’66, l’anno di Uccellacci e uccellini con un inedito Totò e Ninetto Davoli: «Ho un profondo odio contro lo Stato, il capitalismo piccolo-borghese». Lo scrittore-regista friulano ricorda il processo a La ricotta per vilipendio alla religione. Il ricordo, fisico attraverso la voce, al poeta ucciso sullo sterrato di Ostia la notte tra il primo e il 2 novembre 1975 richiama le inquiete metafore di Pasolini sul potere, allora non comprese, la sua voce alta contro la solitudine della diversità, non solo quella omosessuale, ma l’identità negata, la civiltà contadina dell’infanzia, valori cancellati dall’ «omologazione culturale»: saranno le invettive degli Scritti corsari e delle Lettere luterane. «Le campane suonavano come cori di serpenti sottoterra» grida Massimiliano Donato, autore e interprete del Fiore dell’orgia, lo spettacollo della compagnia Il Cervo Disertore di Mestre andato in scena in prima nazionale al teatro di villa dei Leoni di Mira per la rassegna di teatro contemporaneo «Per contrasto. Frequentare il futuro». Uno spettacolo aspro, duro, diretto dalla regista argentina Naira Gonzalez, allieva, giovanissima, dell’Odin, di Eugenio Barba e César Brié (ma nel Fiore dell’orgia ci sono richiami stilistici anche al teatro fisico di Jerzy Grotowski). Il testo è costruito su due figure simbolo, Pasolini e Derek Jarman, il visionario regista inglese morto di Aids, autore del bellissimo Edoardo II e di Wittgenstein. Lo spettacolo è tutto costruito su simbologie visive e foniche Massimiliano Donato è molto bravo a modulare la tensione della voce, la gestualità che arriva ai confini del teatro-danza. Il dolore diventa luce, la ferita coscienza. Il teatro di Naira Gonzalez è oltre l’avanguardia ma va al di là anche del teatro di idee, evita la facile trappola del teatro sociale con un estremo rigore formale. Il tema della diversità «negro, ebreo, frocio» – non diventa manifesto, ma dilaniato grido contro una società di macerie. Massimiliano Donato è un angelo nero con un’ala sola, sotto il peso di una croce di ferro arrugginito. «i poeti mi hanno insegnato a vivere la mia solitudine»: i personaggi che il monologo evoca sono incubi di violenza sessuale, un muro sociale dincomprensione e ostilita’. Esempio di teatro estremo, Il fiore dell’orgia è il lavoro più intenso della compagnia mestrina fondata nel ’96 (gli altri spettacoli in repertorio sono Figli senza padri, andato in scena a Mira la primavera scorsa, e Pediluvio, dove tre attrici-cantanti vestite da suore intonano canti rivoluzionari sudamericani). Ma è breve per i normali tempi del circuito teatrale (una cinquantina di minuti). Così l’altra sera a Mira per diluirlo le attrici della compagnia hanno aggiunto in coda alcuni canti di Pediluvio: molto belli e suggestivi, ma estranei allo spettacolo, con l’effetto di spezzarne la tensione. Il pubblico ha comunque applaudito a lungo, con calore sincero.
da “La Provincia di Cremona” • venerdì 28 luglio 1998
Il fiore dell’ orgia di Gonzales per i ‘martiri’ del XX secolo
Articolo di Nicola Arrigoni
Quella poesia della violenza Pasolini, rilettura a tinte forti
Articolo di Nicola Arrigoni
POZZAGLIO – L’elogio della diversità e la disperazione della marginalità sociale passano attraverso l’opera e la vita di Pier Paolo Pasolini e Derek Jarman, regista di Eduardo II eCaravaggio. A questi due personaggi si rifà il monologo Il fiore dell’orgia di Massimiliano Donato, diretto da Naira Gonzales, in scena sabato sera alle 21 al centro sportivo di Pozzaglio. Dopo il felice debutto cremonese dello spettacolo Figlisenza Padri, la compagnia Il Cervo Disertore propone un intenso monologo scitto e interpretato da Massimiliano Donato. Disteso su una branda, con indosso un abito da sposa, Massimiliano Donato è un angelo nero con un’ala sola, una sorta di arcangelo deceduto negli anfratti della socialità, negli angoli di quel ghetto sessuale, umano che la poesia di Pasolini e la poetica di Jarman fanno esplodere con violenza e straziante poesia. I personaggi che il monologo evoca sono incubi di violenza sessuale, un muro sociale dell’incomprensione e d’ostilità. Ebreo, negro, frocio, i capri espiatori di una civiltà di cui rimangono solo le macerie e attorno a queste costruisce la sua ostinata e violenta leadership volta a annullare tutto ciò che esce dai suoi schemi, dalla normalità governabile. L’utilizzo di immagini forti, di una partitura vocale di grande impatto insieme alla gestione espressiva del corpo e della fisicità Il fiore dell’Orgia si preannuncia uno spettacolo choc, affidato ad un giovane attore che, autore del testo, non si sottrae dal l’esplorare i recessi più bui dell’anima e del cuore, rendendo omaggio a Pasolini e a Jarman, martiri di un’ostinazione a vivere nella libertà delle proprie scelte etiche e sessuali. La regia de Il fiore dell’Orgia è di Naira Gonzales, giovane teatrante da tenere d’occhio non solo per il suo prestigioso curriculum vitae, ma soprattutto per la capacità di costruire spettacoli di grande impatto teatrale e capace di ‘allenare’ i suoi attori secondo i dettami di Eugenio Barba.
RITUALE FASULLO
da “La Provincia di Cremona” • Giovedi 30 luglio 1998
Riti di fine millennio
Ultimo capitolo della trilogia di Naira Gonzalez
POZZAGLIO – Dieci attori travestiti da suore e da preti, sulla scia del celebre film Sister Act, sabato sera la compagnia del Cervo Disertore, ormai di casa al circolo Astra di Pozzaglio, daranno vita ad una vera e propria festa teatrale. Rituale fasullo è il titolo dello spettacolo di piazza che Naira Gonzales offrirà ai soci dell’Astra per una serata all’insegna di celebri canzoni di vago sapore holliwoodiano.
L’idea di scegliere come personaggi suore e preti dipende dal fatto che essi sono sia figure che forniscono spunti per lavorare nella direzione del grottesco e dell’ironia, sia figure decontestualizzate, che al loro apparire. Attesa per il dramma della Gonzales di Nicola Arrigoni in pubs, discoteche, strade fanno sorgere un dubbio, una domanda, tanto semplice guanto interessante, sulla loro veridicità. Detto questo in Rituale fasullo non c’è alcun sapore sacrilego, ma solo il desiderio dI divertire e divertirsi insieme alla gente. I dieci attori balleranno, canteranno portando i sapori e le melodie di varie parti del mondo, utilizzeranno il linguaggio del teatro per coinvolgere la gente, per far gruppo e stare insieme. Abolite le distanze fra palco e platea, la divisione fra chi recita e chi assiste, Rituale fasullo giocherà la carta della contaminazione, della festa teatrale, dello spazio comunitario del palcoscenico luogo non per pochi ma per tutti, luogo del contatto fisico, della possibilità di far parte di un unico corpo in movimento. Dopo Figli senza padri e il fiore dell’Orgia, due spettacoli a loro modo sconvolgenti ed intensi, l’ultimo appuntamento con il Cervo Disertore intende gettare un po’ di allegria, proporre un’idea di teatro che collima con la festa, intesa come spazio comunitario, luogo fatto e partecipato dall’intera comunità. Non resta dunque che partecipare e provare sulla propria pelle il gioco della scena. Rituale fasullo chiuderà a ritmo di musica il trittico della rassegna Figli senza padri. I tre appuntamenti in un luogo non usuale per il teatro come un circolo sportivo, hanno portato nella profonda provincia cremonese una compagnia di attori di tutto rispetto che ha fornito, fra le mille proposte dell’estate 1998, uno scorcio della voglia di fare di un gruppo di ragazzi che sembra avere i numeri per imporsi nel panorama nazionale.
di Nicola Arrigoni
da “Il Gazzettino” • venerdì 11 luglio 1997
Interrotto il “concerto” di falsi preti e suore
(G.R.) Ricordate il film made in Hollywood “Sister Act”? C’era una Woopi Goldberg scatenata che, travestita da suora risvegliava dal sopore francescano un convento di monache tanto pie quanto spente trasformando la confraternita in una allegra compagnia di danza e ballo. Il film ebbe un successo insperato,ne fecero anche un numero due. Da un po’ a Venezia gira un gruppo che pare faccia il verso al film. Ma ieri, malgrado la bravura, sono stati denunciati per intrattenimento abusivo.Pare indubbio, i cinque allietavano veramente i passanti, con il loro show. Devono aver pensato che il sacro abbinato al profano poteva far cassetta anche fuori dalle sale cinematografiche, ad esempio per strada. E avevano ragione. Sul selciato era di scena un giovane con capello lungo sulle spalle e saio (reminiscenze da Jesus Christ Superstar?), affiancato da dei preti e una monaca di clausura. E poi c’era la musica e danza, in pieno stile Broadway. Esecuzione perfetta e coinvolgente, tanto coinvolgente che di passanti se ne fermavano sempre molti. Alla fine il cappello in mano per raccogliere le offerte.Tutto bene fino a ieri.In Ruga Rialto tra il pubblico anche gli agenti della polizia. Ad esibirsi erano in cinque, tutti italiani piu’ un venezuelano. Si sono beccati una denuncia per intrattenimento abusivo. Peccato per loro, ma anche per il pubblico.
da “C.G.I.L. Notizie” • luglio – agosto 1998
“ll cervo disertore” presenta “Pediluvio” e “Rituale fasullo”
di ANTONIETTA MARIOTTI
Il 21 marzo scorso, primo giorno di una, primavera dal volto ‘ freddo e imbronciato, l’AUSER di ‘ Treviso ha proposto una iniziativa provinciale in collaborazione con il Circolo “La Villa” ed il Comune di Carbonera per inaugurare l’apertura del parco di Villa Maria: due atti unici di una, compagnia di teatro di strada dal nome intrigante ed inconsueto ‘Il cervo disertore”. Si tratta di ragazze e ragazzi, tutti sotto i trent’anni, provenienti da varie città italiane e straniere, che a Marghera hanno trovato il proprio centro operativo ed hanno dato vita ad alcuni lavori di particolare interesse, malto forti per le emoziani ed i cancetti che trasmettono, avvincenti per le capacità drammatiche e vocali che tutto il gruppo ha acquisito. L’AUSER ha voluto raccogliere la loro proposta coraggiosa e la ha offerta ad un pubblico piuttosto èterogeneo e spesso digiuno nei confronti di generi teatrali così nuovi ed avanzati, pubblico che avrebbe potuto non farsi coinvolgere nel modo adeguato. Non è stato casi’. I due atti unici “Pediluvio” e “Rituale fasullo”, superato il primo disorientamento, sono stati apprezzati ed applauditi calorasamente, La comparsa sulla scena, di giovani in abito da suore e preti ,ha sortito immediatamente l’effetto di captare l’attenzione e.. di incuriosire, tanto decontestualizzati risultavano l’abbigliamentò ed il rapporto tra, questo ed temi proposti. La potenza di una gestualità straordinariamente efficace, l’espressività mimica, l’enfasi dei versi e successivamente il canto, nella prima rappresentazione, hanno creato un’atmosfera da tragedia greca, suggerendo però agli spettatori immagini di dittature, di sofferenze, di oppressioni, di situazioni di portata universale, é sollecitando nel contempo un sentimento di ribellione, sottolineato oppartunamente dalla mu sica di Bob Dylan. Ancora la musica ha costituito il filo conduttore della seconda parte, questa realizzata non piu’ nella sala interna della villa, ma all’aperto. In una scenografia di notevole suggestione, fra i maestosi alberi del parco e le acque del fiume alle spalle, i giovani, in mano grandi fiaccole accese, hanno eseguito accompagnandosi con la chitarra canzoni di diversi paesi del mondo. Le loro voci prorompenti, nonostante la varietà delle lingue, sono riuscite ad esprimere in maniera inequivocabile una voglia profonda di libertà e di uguaglianza, un rifiuto categorico della guerra e della sopraffazione, il desiderio universale di un mondo migliore, in una parola l’utopia che non ha confini, non ha età, non ha tempo. Al Cervo Disertore, dunque, il merito di aver saputo trasmettere, in una giornata di festa, un messaggio così netto e così chiaro. Perché una cosa è certa: forse non tutti ne hanno colto i passaggi, ma il senso profondo del discorso, quello si, e’ stato recepito da tutti. E non e’ poco.
LULLABY
da “Il Nuovo Giornale di Bergamo” • Martedì 30 Novembre 1999
“Lullaby” debutta e convince Urgnano
Uno dei due monologhi della regista Naira Gonzales presentato in prima nazionale (…) diretto dalla Gonzales, con l’interpretazione di Roberta Raineri: “Lullaby” è una poesia, ma al tempo stesso un canto di rabbia: la storia di Jeremy Cronin e di Phoola Devi, una storia fatta di ingiustizie, di ribellioni, di prigionie. Una storia che riesce a penetrare le persone, anche perché la Raineri fa un uso delicato, impersonale della voce, che quindi diventa la voce di tutto il pubblico presente, non dell’ attore, da solo sulla scena. Lullaby viene raccontato in una specie di circo improvvisato, fatto di palloncini che cercano di volare verso l’alto, ma sono lì, trattenuti a terra, viene raccolta, e più volte, l’attenzione del pubblico, attraverso semplici passaggi, qualche volta anche adeguatamente paradossali. Ecco così che dalla rabbia si passa alla dolcezza e viceversa, per entrare, finalmente a pieno, nell’insieme dello spettacolo.
Damiano Grasselli.
da “L’Eco di Bergamo” • Lunedì 29 Novembre 1999
URGNANO: RIBELLIONI DA TERZO TEATRO
Con Nayra Gonzales nelle vesti di regista, in due monologhi, e di docente (. ..) Lullaby ha invece una costruzione testuale più articolata: parte dalle poesie composte da Jeremy Cronin nei sette anni trascorsi in un carcere del Sudafrica, per poi incrociare nella memoria allucinata e offesa del prigioniero, la storia di Phoola Devi, la ribelle fuori-casta indiana accusata di aver ucciso 22 uomini in una rappresaglia. Il rischio qui è della saturazione anche se la concitazione della recitazione rende bene un contesto ed è adatta a un registro più visionario. Al di là di tutti i rilievi che si possono muovere, c’è un dato da tenere presente e che è, purtroppo, raro tra i giovani gruppi: il livello tecnico degli attori è alto, il progetto artistico chiaro, la volontà di creare un gruppo tenace.
Pier Giorgio Nosari
CANI DA CACCIA
da “Venezia tutto città” • venerdì 29 maggio 1998
Il teatro entra in carcere, un modo per evadere
Servizio di Barbara Schiavulli
Vernice spruzzata sulle vele, farina sparsa sul lago, macedonia offerta agli spettatori, canti, versi poetici e sorrisi in un ritmo sempre più incalzante e coinvolgente: “Siamo creature trafitte da un mondo dimenticato”, recita uno dei protagonisti della rappresentazione teatrale “Cani da Caccia”. Una scenografia insolita se ci si guarda intorno: i muri alti del chiostro e le finestre sbarrate da pesanti griglie di ferro giallo. Anche i protagonisti dello spettacolo sono attori d’eccezioni. Alcuni professionisti, altri, il risultato di un laboratorio sperimentale condotto dalla compagnia teatrale “Il Cervo Disertore”, che per tre mesi ha coinvolto l’Istituto penitenziario maschile di Venezia. Bravi, questi ragazzi che si sono impegnati, e hanno dato vita ad uno spettacolo che va oltre le mura della prigione, come i personaggi del testo affrontano le acque di un lago su una canoa con le vele. “Uscirono incontro alla notte, l’immensa, dolce, spaventosa notte, tutte le successive notti della terra non facevano che replicare questa notte”. Il laboratorio teatrale è parte di un programma di attività di formazione di tipo socioculturale per i detenuti, un progetto coordinato dal Servizio Interventi area Penitenziaria dell’Assessorato alle politiche Sociali di Venezia. “Dovrebbero fare spettacoli una volta al mese”, ha suggerito una guardia che ha assistito sorridente alla recita. Un modo, insomma, per rendere finalmente il carcere un posto dove si possa recuperare, maturare e crescere. Un modo per prendere conoscenza di altre realtà, possibilità, sapere che esistono alternative e per avere la forza di cercarle. E il teatro è il mezzo più bello attraverso il quale evadere, non essere più se stessi, dimenticare per andare avanti, forse per trovare una strada diversa. “A questo punto, chiedo al grande padre che illumini la mia strada, se mai esisterà un grande padre, che qualcuno indichi la mia strada” .
“DI UMANITÀ, SI TRATTA” VII edizione 2014
“DI UMANITÀ, SI TRATTA” VIo edizione 2013
“DI UMANITÀ, SI TRATTA” Voo edizione 2012
“DI UMANITÀ, SI TRATTA” IVo edizione 2011
“DI UMANITÀ, SI TRATTA” III edizione 2010
“DI UMANITÀ, SI TRATTA” IIo edizione 2009
“DI UMANITÀ, SI TRATTA” Ioo edizione 2008
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Dal 20 al 29 giugno 2014
CRAVE da Sarah Kane
Laboratorio residenziale e intensivo per attori professionisti a cura di
PIERPAOLO SEPE
Un incontro ravvicinato di dieci giorni con un regista che ha fatto della sperimentazione il suo tratto distintivo.
Per partecipare è necessario inviare, entro il 19 maggio, curriculum aggiornato e n° 2 foto a: info@centroteatraleumbro.i
CRAVE è la tappa finale di uno studio che Pierpaolo Sepe conduce da alcuni anni sulla drammaturgia dell’autrice britannica Sarah Kane e su quest’opera in particolare.
“Sarah Kane ha ingerito una dose eccessiva di pillole. In ospedale, le hanno praticato una lavanda gastrica. È tornata a casa, ma poco dopo è stata riportata in ospedale. È lì che ha preso i lacci delle sue scarpe e si è impiccata al lavandino. Di drammi ne aveva scritti quattro o cinque, più o meno in altrettanti anni. Esistono due generi di drammaturghi. Il primo si diverte con la realtà utilizzando qualche giochetto teatrale. Alcuni lo fanno senza curarsi di niente e di nessuno, altri lo fanno bene e i loro drammi, nonostante tutto, sono di un certo interesse. Il secondo genere di drammaturghi cambia la realtà. Il secondo genere di teatro affronta l’assoluto all’interno dell’esperienza umana, mettendoci nella condizione di capire la natura degli esseri umani e in che modo questi danno origine all’umanità. Il teatro moderno del secondo genere affronta l’inesorabile. È l’assoluto, e non può essere identificato né in Dio né tantomeno in uno spirito New Age. Non è nulla di trascendentale. Non significa nulla. La sua logica è assoluta. Affrontandola, ci ritroviamo completamente definiti. Neghiamo oppure confermiamo il nostro significato. Veniamo, allora, corrotti dal nichilismo e dalle sue banalità, oppure diamo origine al nostro essere umani. Il fine del teatro è quello di affrontare l’Assoluto. È in grado il nostro teatro di compiere questo passo o la sua natura è ormai corrotta? Sarah Kane apparteneva al secondo genere. Il confronto con l’inesorabile dava origine ai suoi drammi.”
Sarah Kane e il teatro, Edward Bond, 1999
(da Love me or kill me, Graham Saunders)
Pierpaolo Sepe inizia la sua attività di regista teatrale nel 1991, e da allora ha firmato oltre cinquanta regie. Nel 1997 inizia una collaborazione artistica con il centro di produzione teatrale Nuovo Teatro Nuovo di Napoli, in atto ancora oggi. Nel 2005 vince il Premio Flaiano come miglior regista teatrale; nel 2012 l’Associazione Nazionali dei Critici di Teatro gli assegna il Premio della Critica 2012 per la regia de “Le Cinque Rose di Jennifer”; vincitore, sempre nel 2012, del MArteAwards, premio italiano all’innovazione artistica, per la regia di Anna Cappelli con Maria Paiato. Nella stagione 2013/2014 i teatri italiani ospitano le sue ultime due regie: SIK SIK di Eduardo de Filippo, con Benedetto Casillo – presentato al Festival Benevento Città Spettacolo – e MEDEA di Seneca, con Maria Paiato, che apre in prima assoluta la stagione del Piccolo Teatro di Milano il 17 ottobre 2013 e in scena al Teatro Eliseo di Roma dal 1 aprile 2014. Amante ed esploratore della drammaturgia contemporanea, propone un teatro con evidenti finalità politiche e sociali, alla continua ricerca di nuovi linguaggi espressivi. Convinto sostenitore della centralità dell’attore, auspica un teatro figlio di una reale collaborazione tra i ruoli.
Info e Iscrizioni:
CENTRO TEATRALE UMBRO
Fraz. Goregge, 4 | 06024 Gubbio (PG)
Tel. 075 9258072 | Cell. 338 9788533
info@centroteatraleumbro.i
Dal 3 al 12 luglio
PENSARE LA SCENA
Dire di sé per dire degli altri. Riconoscere, rivedere, l’io e il noi.
Laboratorio residenziale e intensivo diretto da
CESAR BRIE
Per partecipare è necessario inviare CV e 2 foto entro il 31 maggio a:
info@centroteatraleumbro.it
Nel seminario si affronteranno, in diverse fasi, tutti i temi principali alla base della poetica di César Brie, con l’obiettivo di applicare un metodo che si propone di formare un attore-poeta nel senso etimologico del termine: colui che crea e fa.
Pensare la scena.
Cerco di far riflettere attraverso esercizi, sugli elementi che formano la scena e la presenza di uomini, oggetti e tempo sulla stessa. Insegno a improvvisare, cioè, a stare in scena in modo sereno, calmo. A osservare e dialogare con gli altri. A raccontare, trovare le proprie parole per dire quello che si vuole dire. A dialogare con l’altro.
Il laboratorio sarà articolato in diverse fasi:
· lavoro fisico (l’impulso e la forma, percezione, azione e composizione)
· l’improvvisazione (lo spazio e le relazioni)
· il coro (l’intimo e il plurale)
· l’immagine (la creazione di metafore e immagini sceniche)
· il montaggio (rapporto immagine e testo)
César Brie nasce a Buenos Aires, Argentina. Arriva in Italia a 18 anni con la Comuna Baires, gruppo teatrale di cui è cofondatore, recitando in più produzioni, dirette da Renzo Casali e Liliana Duca. Con questo gruppo ha cominciato a sviluppare un’arte apolide, a stretto contatto con le molte realtà incontrate in una vita passata per scelta in esilio. Dopo il 1975 crea a Milano il Collettivo teatrale Tupac Amaru, tra gli spettacoli prodotti A Rincorrere il Sole, Ehi, in collaborazione con Danio Manfredini e E tentavano infine di scappare. Dal 1981 al 1990 lavora insieme a Iben Nagel Rasmussen nel Gruppo Farfa e poi nel Odin Teatret nelle vesti di autore, regista e attore. Tre, tra i titoli di questi anni: Matrimonio con Dio e Talabot con la regia di Eugenio Barba e Il Paese di nod, regia e drammaturgia di César Brie. Poi da solo Il Mare in Tasca, Torneranno i miei figlie e con Naira Gonzalez Romeo e Giulietta. A seguito di queste esperienze nel 1991, fonda in Bolivia il Teatro de Los Andes col quale crea spettacoli che partono dalla storia o dai classici, ma calati profondamente nell’attualità: una serie di lavori esemplari destinati a girare il mondo (Ubu in Bolivia, Solo gli ingenui muoiono d’amore, I Sandali del Tempo, Dentro un sole giallo, Fagile, Otra vez Marcelo… l’Iliade, L Odisea). Su L’Iliade hanno scritto “Ci sono spettacoli – pochi, imprevedibili – che incantano e s’imprimono nella memoria come un’esperienza irripetibile. Gli spettatori se li raccontano a distanza di anni alimentandone il mito. L’Iliade del Teatro de Los Andes è uno di questi (….). Presentato in mezzo mondo, ha ovunque trascinato pubblico e critica in un consenso unanime, facendo gridare al capolavoro. Quasi duecento repliche in due anni. Tutti i temi del teatro di Brie sembrano fondersi qui in una profonda riflessione sulla violenza e sul tempo, nel tentativo di rivedere la tragedia antica alla luce della propria storia”. (Fernando Marchiori).
César Brie partecipa anche ad altre produzioni, come autore o regista: Il cielo degli altri, realizzato in Italia con gli attori del Teatro Setaccio; Zio Vanja di Anton Cechov, di cui cura la regia insieme a Isadora Angelini; Todos los ausentes, realizzato a Santiago del Cile con l’attore Hector Noguera del Teatro Camino; scrive I clienti, con la regia di Giancarlo Gentilucci per Arti e Spettacolo.
Dal 2010 in Italia crea Albero senza Ombra e 120 chili di jazz, Karamazov, Indolore, Il Vecchio Principe, La Mite, Viva l’Italia testo di R. Scarpetti di cui cura la regia.
Info e Iscrizioni:
CENTRO TEATRALE UMBRO
Fraz. Goregge, 4 | 06024 Gubbio (PG)
Tel. 075 9258072 | Cell. 338 9788533
www.centroteatraleumbro.it | info@centroteatraleumbro.it
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Dal 16 al 20 luglio
Epifania I – Manifestazione della divinità.
Laboratorio residenziale e intensivo diretto da
CESARE RONCONI / Teatro Valdoca
Il laboratorio costituirà un momento di incontro per la costituzione di un gruppo di lavoro in vista di un nuovo progetto di Teatro Valdoca.
Rivolto ad attori e danzatori.
direzione Cesare Ronconi
parole Mariangela Gualtieri
movimento Lucia Palladino
Contemporaneo è colui che tiene fisso lo sguardo nel suo tempo per percepirne non le luci, ma il buio.
(G. Agamben)
Programma:
1. Esercitarsi a non scivolare in se stessi
2. Esercitare il corpo all’abbraccio e all’ascolto
3. Perfezionare la fluidità delle sequenze fisiche di movimento
4. Percepire il suono nello spazio in cui si agisce
5. Sentire l’assenza
6. Ascoltare ciò che vive tra le cose e le persone
Modalità d’iscrizione
Gli interessati dovranno inviare via email:
• due foto, una in primo piano e una a figura intera in formato jpg o tif dal peso complessivo massimo di 800 KB
• un CV sintetico (in formato word) in cui siano indicate le esperienze artistiche e teatrali
• una breve lettera motivazionale indirizzata a Cesare Ronconi
La mail dovrà pervenire all’indirizzo info@centroteatraleumbro.it entro e non oltre il 13 giugno. In base ai CV ricevuti Cesare Ronconi selezionerà i 16 partecipanti. Saranno privilegiati i candidati che stanno iniziando il proprio percorso e sono desiderosi di una forte esperienza formativa. L’esito della selezione sarà comunicato ai candidati entro il 18 giugno 2014.
Cesare Ronconi / Teatro Valdoca
Nasce nel 1983 a Cesena dal sodalizio fra il regista Cesare Ronconi e la drammaturga e poeta Mariangela Gualtieri e da allora persegue con rigore e raffinatezza una ricerca a ridosso della parola poetica e del lavoro d’attore, creando grandi produzioni corali, o concentrandosi sul lavoro di pochi interpreti, in una scrittura scenica che fonde danza, arti visive e musica dal vivo. La scrittura registica di Cesare Ronconi ha due elementi fondanti: l’attore, inteso come corpo glorioso e fonte prima di ispirazione, e il verso poetico affidato a Mariangela Gualtieri. Il ruolo centrale dell’attore porta in primo piano il magistero pedagogico di Ronconi, che per ogni spettacolo forma gli interpreti, portando così a maturità professionale molti giovani esordienti.
Info e Iscrizioni:
CENTRO TEATRALE UMBRO
Fraz. Goregge, 4 | 06024 Gubbio (PG)
Tel. 075 9258072 | Cell. 338 9788533
www.centroteatraleumbro.it | info@centroteatraleumbro.it
Dal 26 luglio al 15 agosto
IIIª Edizione
Laboratorio internazionale e permanente di alta formazione
IL CLOWN-ATTORE _ ALLA SCOPERTA DELLA FORZA DELLA CREATIVITÀ
Laboratorio intensivo e residenziale diretto da
VLADIMIR OLSHANSKY _ dal Cirque du Soleil
In questi 21 giorni di laboratorio intensivo e residenziale, a numero chiuso, gli allievi apprenderanno e svilupperanno i principi e i metodi delle tecniche del clown-attore, formeranno il carattere del proprio clown e creeranno un repertorio individuale.
Per partecipare è necessario inviare la propria candidatura entro il 31 marzo 2014 allegando il curriculum vitae e due foto. Successivamente è previsto un colloquio con Vladimir Olshansky.
L’arte della clownerie si basa su un elemento fondamentale: il clown-attore.
Figura eccentrica, spesso grottesca, il clown spazia dalla pantomima al teatro di parola, fondendo tecniche e stili diversi. Il nostro laboratorio ha lo scopo di far avvicinare gli attori a questa affascinante disciplina, di far scoprire e comprendere, attraverso una metodologia originale e di alto spessore tecnico le proprie risorse e il proprio talento comico. Si articolerà in tre settimane e terminerà con la presentazione dei lavori migliori emersi durante il percorso sotto forma di classe aperta, uno spettacolo-clown.
Spesso mi chiedono : a cosa serva l’arte del clown e come è possibile approfondirla?
La clownerie ci permette di stimolare la nostra creatività, di “trovare” inusuali soluzioni drammaturgiche, di ampliare il nostro repertorio e di arricchirlo di nuove idee e materiali originali.
Una master class intensiva e prolungata nel tempo è un’occasione unica per poter assaporare e comprendere profondamente quest’arte antica, sorprendente e dinamica.
“Alla fine degli anni Settanta, quando vinsi un premio a Mosca per le Arti dello Spettacolo, il mio sogno era quello di fondare un Teatro di Clown. Mi sono laureato alla Scuola del Circo di Mosca. Le mie idee sulla clownérie nascono dai Maestri del cinema muto: Charlie Chaplin, Max Linder e Buster Keaton, oltre ai leggendari registi russi Mejerchol’d e Vachtangov. Mentre studiavo arti circensi ho avuto modo di incontrare lo straordinario clown russo Leonid Engibarov, dal cui talento sono stato completamente sedotto. E’ stato il primo clown a combinare insieme l’Arte del Circo e il teatro. Me ne tornai, allora, a Pietroburgo con l’idea di un Teatro di Clown, con un clown-attore come protagonista. Insieme a un clown ora conosciutissimo e molto dotato, Slava Polunin, fondammo il Gruppo Clown “Lizidei”. Nel frattempo io misi in piedi il mio primo “one man show”, uno spettacolo con me unico attore clown, in cui possono riconoscersi le influenze artistiche sia di Beckett che di Robert Wilson. Nel 1997 sono stato invitato da Slava a recitare la parte del principale “clown giallo” nel suo “Snow show” al teatro Old Vic di Londra. I nostri rapporti non si sono mai interrotti. Alla fine degli anni 1990 con mio fratello Yury, regista ed attore, e Caterina Turi-Bicocchi, abbiamo fondato “Soccorso Clown”, un’organizzazione no-profit per attività artistiche e sociali. Abbiamo fatto esperienza come “hospital-clown” e lanciato questa nuova professione in Italia. Ho cominciato a lavorare al Cirque du Soleil come “guest -actor” in “Allegria” nel 2000. Ho lavorato con loro nelle tournées in Australia e Nuova Zelanda. Dopo una pausa la collaborazione è ripresa nel 2004 a New York, Philadelphia e Toronto. Il lavoro insieme al Cirque du Soleil mi ha indotto a inventarmi un nuovo spettacolo come clown-attore, “Strange Games”, in cui ho potuto in parte mettere in pratica alcune mie idee sulla clownérie. Poesia e commedia filosofica, comédie humaine e gioia della vita ne sono le fonti ispiratrici.”
Vladimir Olshansky
STRUTTURA DEL LABORATORIO
Sezione A:
L’arte del clown le sue origini e il suo utilizzo nel processo creativo personale.
Il significato dell’essere comico.
Slapstic, Buffonata, Excentrica, ecc…
Scoprire in se stessi le sorgenti nascoste della creatività:
L’Ego.
I Tre centri del corpo umano.
Le Cinque fasi del lavoro.
Cosa significa il Conflitto Comico e come crearlo.
Creazione del proprio carattere di clown.
Tre tipi di caratteri di clown: bianco, augusto, hobo. Il costume e il trucco
Sezione B:
Creazione del repertorio personale.
Utilizzo della commedia fisica: linguaggio del corpo e emozioni.
La sorgente della improvvisazione e il suo utilizzo: lavoro sull’impulso.
I principi del lavoro con un oggetto.
Lavoro solo.
“Offerta”(comunicazione con il partner).
Vladimir Olshansky
Ha ricevuto vari riconoscimenti per la sua attività tra i quali il Raul Wallemberg Humanitarian Award, New York ,USA; il Michelangelo Award, Firenze, Italia; l’Award come miglior show ed artista dall’Entratainment Festival di Mosca, Russia.
Info e Iscrizioni:
CENTRO TEATRALE UMBRO
Fraz. Goregge, 4 | 06024 Gubbio (PG)
Tel. 075 9258072 | Cell. 338 9788533
www.centroteatraleumbro.it | info@centroteatraleumbro.it
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Dal 20 al 24 agosto
BIOMECCANICA DELLA COMMEDIA DELL’ARTE:
LA MIRTILLA
Stage residenziale e intensivo condotto da
MICHELE MONETTA
Esiste una tecnica della Commedia dell’Arte? Cosa è rimasto di una trasmissione di saperi a partire dalla famiglia degli Andreini, sino a Scaramouche, per arrivare poi a Biancolelli, Molière, Marivaux, Sacchi, Deburau, Petito, Scarpetta, Petrolini, de Curtis, Govi, Baseggio, Viviani, i Maggio, i De Filippo, Strehler, De Simone, Mnouchkine e, a sorpresa, persino Kantor? Chi oggi dice di insegnare la Commedia dell’Arte ha veramente un bel coraggio ad affermarlo. C’è di sicuro una tradizione “tradita”! E’ questo tradimento che la rende ancora vitale (e non come sta da tempo accadendo in Italia e che ha un sapore turistico-folcloristico), ma occorre individuarne gli strumenti certi, o comunque non aleatori. Quali? Il corpo, l’iconografia teatrale, le partiture musicali, la Danza Rinascimentale e Barocca, i trattati di recitazione tra ‘600 e ‘700, i canovacci e, soprattutto, le commedie distese. Quest’anno si andrà a lavorare su La Mirtilla di Isabella Andreini, edita per la prima volta nel 1588 e prima favola pastorale composta da una donna, che senza alcun dubbio è stata la più nota attrice di teatro dell’epoca e primadonna della compagnia dei comici dell’Arte “I Gelosi”.
Il lavoro del mattino si baserà su training, tecnica, maschera e improvvisazione relativi alla Commedia dell’Arte; il pomeriggio sarà tutto dedicato al gioco, allo studio e all’interpretazione di alcune scene tratte dall’opera LA MIRTILLA.
Programma:
Esercizi di biomeccanica
Corpo e maschera
Passi, marce e andature
Combattimento con bastoni
Corpo grottesco e focus della maschera
I 12 ruoli e le 4 maschere
Iconografia teatrale e les attitudes
Corpo-Maschera e fissità (o fissazione)
Raccolta Fossard (comici, musici, acrobati e cantatrici);
I Balli di Sfessania (danzatori pantomimi) e il Tuba catubba dello Sgruttendio
Le maschere e la Luna
Partitura del movimento
Improvvisazione
Elementi di letteratura, regia e storiografia:
Sgruttendio di Scafati, Hoffmann, Mejerchol’d, Duchartre…
Il corso è rivolto ad attori, mimi, danzatori, registi, pedagogisti, drammaturghi, studenti di università ed accademie.
Ogni partecipante dovrà munirsi di: abbigliamento comodo e neutro per il movimento, bastone in legno o manico di scopa, scarpetta da ritmica o danza jazz.
Michele Monetta Regista, Attore e Insegnante di Mimo Corporeo tecnica Decroux, Maschera e Commedia dell’Arte, Specializzato in Pedagogia Teatrale. Allievo del M° Etienne Decroux. Docente di Maschera e Mimo Corporeo all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico e all’Ecole Atelier Rudra di Maurice Béjart.
ICRA Project raccoglie, coordina e sviluppa attività nel campo del teatro, della musica, della pedagogia nell’arte drammatica e dei linguaggi multimediali. Fonda nel 1985 e dirige tutt’ora la scuola biennale di Mimo Corporeo a Napoli e l’Atelier di Commedia dell’Arte a Roma.
Info e Iscrizioni:
CENTRO TEATRALE UMBRO
Fraz. Goregge, 4 | 06024 Gubbio (PG)
Tel. 075 9258072 | Cell. 338 9788533
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Dal 27 al 31 Agosto
IL CLOWN_ATTORE
stage diretto da
VLADIMIR OLSHANSKY, guest star artist del CIRQUE du SOLEIL
Durante lo stage gli allievi apprenderanno i principi e i metodi delle tecniche di un clown-attore, formeranno il carattere del proprio clown e creeranno un repertorio individuale.
STRUTTURA DELLO STAGE
Sezione A:
L’arte del clown le sue origini. e il suo utilizzo nel processo creativo personale.
Il significato dell’ essere comico.
Slapstic,Buffonata, Excentrica ecc
Scoprire in se stessi le sorgenti nascoste della creatività:
L’Ego
I Tre centri del corpo umano
Le Cinque fasi del lavoro
Cosa significa il Conflitto Comico e come crearlo
Creazione del proprio carattere di clown.
Tre tipi di caratteri di clown: bianco, augusto, hobo. Il costume e il trucco
Sezione B:
Creazione del repertorio personale
Utilizzo della commedia fisica: linguaggio del corpo e emozioni
La sorgente della improvvisazione e il suo utilizzo: Lavoro sul Impulso
I principi del lavoro con un oggetto
Lavoro solo
“Offerta”(comunicazione con il partner)
Vladimir Olshansky
Laureato alla Scuola del Circo di Mosca, le sue idee sulla clownérie nascono dai Maestri del cinema muto: Charlie Chaplin, Max Linder e Buster Keaton, oltre ai leggendari registi russi Mejerchol’d e Vachtangov. Dall’incontro con lo straordinario clown russo Leonid Engibarov, si sviluppa l’idea di un Teatro di Clown, con un clown-attore come protagonista. Insieme a Slava Polunin fonda il Gruppo Clown “Lizidei” e allestisce il suo primo “one man show”, in cui possono riconoscersi le influenze artistiche sia di Beckett che di Robert Wilson. Nel 1997 sotto la regia di Slava Polunin interpreta la parte principale del “clown giallo” nel “Snow Show” tenuto al teatro Old Vic di Londra. Alla fine degli anni 1990 con suo fratello Yury, regista ed attore, e Caterina Turi-Bicocchi, fonda “Soccorso Clown”, un’organizzazione no-profit di “hospital-clown”che lavora con i bambini e le loro famiglie e di cui oggi è direttore artistico. Nel 2000 inizia la sua collaborazione al Cirque du Soleil nello spettacolo “Allegria” (con tournées in Australia, Nuova Zelanda, Stati Uniti e Canada). La collaborazione con il Cirque du Soleil lo ha portato ad ideare ed interpretare un nuovo spettacolo come clown-attore, “Strange Games”. Poesia e commedia filosofica, comédie humaine e gioia della vita ne sono le fonti ispiratrici.
Info e Iscrizioni:
CENTRO TEATRALE UMBRO
Fraz. Goregge, 4 | 06024 Gubbio (PG)
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5 | 6 | 7 settembre
CORPO ENERGETICO | MIMO CORPOREO
Stage residenziale e intensivo diretto da
YVES LEBRETON
“Non si tratta di acquisire ma di scoprire, di risvegliare la realtà espressiva dell’uomo nella sua ambivalenza fisica e mentale, carnale ed emozionale, di unire il movimento corporeo e vocale alla necessità interiore che lo anima, di bruciare il proprio sapere per accedere alla trasparenza dell’atto. La maggiore difficoltà sarà sempre la semplicità.”
Yves Lebreton
MIMO CORPOREO
Etienne Decroux è il creatore del ” Mimo Corporeo “. Sotto l’influsso dei grandi riformatori del teatro contemporaneo E.G. Craig, A. Appia e J. Copeau, Etienne Decroux ha operato per la creazione di un nuovo linguaggio teatrale centrato sull’arte dell’attore e la supremazia del corpo. La sua tecnica pone il corpo sotto il controllo della concentrazione mentale affinché il movimento fisico sia l’esatta formalizzazione della volontà attiva dell’attore. Programma: la ” statuaria mobile ” o l’analisi tridimensionale della possibilità articolatoria del corpo nello spazio/tempo. – il ” dinamo-ritmo o lo studio delle cariche dinamiche e ritmiche del movimento.
CORPO ENERGETICO
La tecnica del “Corpo energetico “, creata da Yves Lebreton, sviluppa la vitalità delle quattro energie fondamentali dell’essere in seno al processo espressivo dell’attore.
Programma:
energia minerale: la terra/la presenza
energia vegetale: l’acqua/la pre-azione
energia animale: il fuoco/l’azione
energia mentale: l’aria/la coscienza
Yves Lebreton
Dal 1969, Yves Lebreton si dedica alla creazione di un teatro corporeo centrato sulla presenza fisica dell’attore. In totale rottura con la tradizione del teatro letterario, rivendica un teatro d’azione, di movimento e d’immagine dove l’attore è allo stesso tempo l’autore e l’interprete. Dopo la sua formazione presso la scuola di Mimo Corporeo di Etienne Decroux tra il 1964 e il 1969, Yves Lebreton ha sempre mentenuto un’attività didattica con la direzione di laboratori teatrali durante le sue tournées internazionali. Ha insegnato in particolare nelle Accademie d’Arte Drammatiche Nazionale di Copenhagen, d’Helsinki, di Reykjavik, di Strasbourgo, di Ginevra, per il Dramatisches Zentrum di Vienna, il Max Reinhardt Seminar di Berlino, la Bottega Teatrale di Vittorio Gassman e nel quadro di diverse manifestazioni sullla danza contemporanea: Rencontres de Danse Contemporaine di Paris, Sommer Tanzwerkstatt di Bonn, Rencontres Internationales de Danse di Berne, l’Été de la Danse di Montpellier.
“Nessun testo, nessuna regia, nessuna scenografia può sostituire la presenza fisica dell’attore senza di conseguenza annientare i fondamenti dell’arte teatrale. Il teatro non è un’appendice della letteratura, ne un collage o una sintesi delle arti nella prospettiva di una opera totale ma l’istante unico di un incontro tra un pubblico venuto a vedere e attori che si offrono alla vista. Offrire alla vista non la rappresentazione, il ri-presentato, ma il vivente, il pensiero attraverso il pensare. Offrire alla vista ciò che non si può ascoltare: la presenza interiore che vitalizza l’agire come il parlare nel crogiolo del corpo. Il vissuto del corpo crea la verità della parola. Il corpo è l’essenza del teatro”.
Yves Lebreton
Info e Iscrizioni:
CENTRO TEATRALE UMBRO
Fraz. Goregge, 4 | 06024 Gubbio (PG)
Tel. 075 9258072 | Cell. 338 9788533
www.centroteatraleumbro.it • info@centroteatraleumbro.it
Dal 10 al 14 settembre
Epifania II – Manifestazione della divinità.
Laboratorio residenziale e intensivo diretto da
CESARE RONCONI / Teatro Valdoca
Il laboratorio costituirà un momento di incontro per la costituzione di un gruppo di lavoro in vista di un nuovo progetto di Teatro Valdoca.
Rivolto ad attori e danzatori.
direzione Cesare Ronconi
parole Mariangela Gualtieri
movimento Lucia Palladino
Contemporaneo è colui che tiene fisso lo sguardo nel suo tempo per percepirne non le luci, ma il buio.
(G. Agamben)
Programma:
1. Esercitarsi a non scivolare in se stessi
2. Esercitare il corpo all’abbraccio e all’ascolto
3. Perfezionare la fluidità delle sequenze fisiche di movimento
4. Percepire il suono nello spazio in cui si agisce
5. Sentire l’assenza
6. Ascoltare ciò che vive tra le cose e le persone
Modalità d’iscrizione
Gli interessati dovranno inviare via email:
• due foto, una in primo piano e una a figura intera in formato jpg o tif dal peso complessivo massimo di 800 KB
• un CV sintetico (in formato word) in cui siano indicate le esperienze artistiche e teatrali
• una breve lettera motivazionale indirizzata a Cesare Ronconi
La mail dovrà pervenire all’indirizzo info@centroteatraleumbro.it entro e non oltre il 4 agosto. In base ai CV ricevuti Cesare Ronconi selezionerà i 16 partecipanti. Saranno privilegiati i candidati che stanno iniziando il proprio percorso e sono desiderosi di una forte esperienza formativa. L’esito della selezione sarà comunicato ai candidati entro il 11 agosto 2014.
Cesare Ronconi / Teatro Valdoca
Nasce nel 1983 a Cesena dal sodalizio fra il regista Cesare Ronconi e la drammaturga e poeta Mariangela Gualtieri e da allora persegue con rigore e raffinatezza una ricerca a ridosso della parola poetica e del lavoro d’attore, creando grandi produzioni corali, o concentrandosi sul lavoro di pochi interpreti, in una scrittura scenica che fonde danza, arti visive e musica dal vivo. La scrittura registica di Cesare Ronconi ha due elementi fondanti: l’attore, inteso come corpo glorioso e fonte prima di ispirazione, e il verso poetico affidato a Mariangela Gualtieri. Il ruolo centrale dell’attore porta in primo piano il magistero pedagogico di Ronconi, che per ogni spettacolo forma gli interpreti, portando così a maturità professionale molti giovani esordienti.
Info e Iscrizioni:
CENTRO TEATRALE UMBRO
Fraz. Goregge, 4 | 06024 Gubbio (PG)
Tel. 075 9258072 | Cell. 338 9788533
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19 | 20 | 21 settembre
IL MOVIMENTO DELLA VOCE IN UNA FORESTA DI IMMAGINI INVISIBILI
Stage residenziale e intensivo condotto da
CHIARA GUIDI _ Socìetas Raffaello Sanzio
“Da alcuni anni sto mettendo a punto una tecnica detta Tecnica molecolare della voce, che indaga sulla relazione tra il suono della voce e quello delle parole che vengono pronunciate. L’attore è chiamato a fabbricare le parole e a metterle in risonanza con quanto lo circonda, affinché lo stesso spazio circostante possa rispondere alla sua voce, e cantare. Perché questo avvenga la tecnica molecolare traccia sulle parole una partitura fatta di segni che rimandano a immagini vive che solo l’attore vede e sulle quali le parole si mettono in cammino. Queste immagini invisibili diventano le note di un pentagramma che la voce legge per chi desidera ascoltare. Il laboratorio attraverso esercizi, ascolti guidati e immagini cercherà di provare l’orientamento della tecnica che sto raffinando.”
Chiara Guidi
Chiara Guidi, fondatrice con Romeo e Claudia Castellucci della Socìetas Raffaello Sanzio, sviluppa una personale ricerca sulla voce come chiave drammaturgica nel dischiudere suono e senso di un testo, ma anche come corpo, azione, disegno, rivolgendo la propria tecnica vocale sia a produzioni per un pubblico adulto, sia elaborando una specifica concezione di teatro per l’infanzia. La Socìetas in un percorso ormai trentennale ha realizzato spettacoli presentati nei principali festival e teatri internazionali di tutti i continenti, nei quali Chiara Guidi ha esplorato la dimensione sonora della scena, in collaborazione con Scott Gibbons in opere come Il Combattimento, su musiche di Claudio Monteverdi, fino al ciclo della Tragedia Endogonidia (2002-2004) nelle maggiori capitali europee. Accanto alle produzioni, Chiara Guidi nel 2009 ha diretto il festival Santarcangelo dei Teatri, e dal 2008 assumendo la musica come paradigma dirige Màntica. Esercizi di voce umana, un programma di teatro e musica al Teatro Comandini di Cesena. Nel 2011 inaugura Puerilia, festival di puericultura teatrale. Fra le opere recenti lo spettacolo Poco lontano da qui con Ermanna Montanari, e La Bambina dei Fiammiferi per un pubblico di adulti e bambini con il pianista Fabrizio Ottaviucci, con il quale debutta nell’Ottobre 2013 nel monologo Tifone da Joseph Conrad. Nel 2013 ottiene il Premio al Maestro, Premio Nico Garrone, e il Premio Speciale UBU per i festival Màntica e Puerilia.
Info e Iscrizioni:
CENTRO TEATRALE UMBRO
Fraz. Goregge, 4 | 06024 Gubbio (PG)
Tel. 075 9258072 | Cell. 338 9788533
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Dal 24 al 28 settembre
LA DANZA DEL VECCHIO
Atelier di creazione teatrale condotto da
Alessandro Serra / Compagnia Teatropersona
Poiché la sostanza consiste nella serenità perfetta,
l’esecuzione di questo genere di divertimento
è simile a quello che potrebbe essere
lo sbocciare di un fiore su un vecchio albero
Zeami
Non vedevo l’ora di diventare vecchio: così, pensavo,
non avrò più bisogno di truccarmi.
E poi, se faccio il vecchio da adesso, lo posso portare avanti.
Se invece mi metto a fare il giovane, presto diranno: “È invecchiato”
Eduardo de Filippo
PREMESSA
Fare il vecchio, come bambini che giocano a fare i grandi, con una finzione priva di implicazioni psicologiche ma tutta votata alla creazione di una forma vuota. Una finzione che non è inganno ma divertimento, si gioca non si recita. Si costruiscono figure da inserire in paesaggi immaginari per poi lasciarle vivere liberamente in circostanze e situazioni varie.
La danza del vecchio è uno degli stili del teatro Nō, uno dei più importanti secondo Zeami. Si tratta anzitutto di assumere l’aspetto della vecchiaia, costruire l’involucro esterno di una condizione dell’anima: tracciare la figura del vecchio.
È un divertimento serio che spinge l’attore a farsi forma formante.
Creare il vecchio senza fare il vecchio.
Resistere alla tentazione di infarcire quella figura dei presunti stati emotivi del suo autore.
Possedere il coraggio e l’arte di fingersi vecchio, eroe, fantasma, santo o prostituta senza cedere alla tentazione di mostrarsi in pubblico.
Creare e sostenere una forma vuota attraverso il gioco antico della finzione scenica che, diceva Eduardo, è stata e sarà sempre la suprema verità.
FASE PREPARATIVA
Ogni attore dovrà portare con sé:
Indumenti comodi per il training
L’occorrente per truccarsi e invecchiare il proprio viso
Un abito da vecchio
Un oggetto che evochi la vecchiaia
Un breve monologo attinente al tema trattato
Una fonte luminosa
L’ATELIER
Riscaldamento fisico
Relazione tra il bacino e la colonna vertebrale: gestione e direzione dell’energia
Utilità e forma – posa e postura
Gesto – azione – atto
Faccia – volto – maschera
Creare e sostenere il vuoto
Costruzione e composizione: rapporto fra attore, personaggio e figura
La voce: canto e polifonia
L’ascolto di se stessi e del coro
Gli oggetti: rapporto tra attore, oggetto e spazio scenico
Drammaturgia dell’immagine: comporre e costruire la scena
La luce: relazione carnale tra attore e fonti luminose
ALESSANDRO SERRA si avvicina giovanissimo al teatro attraverso gli esercizi di trascrizione per la scena delle opere cinematografiche di Ingmar Bergman e la pratica delle arti marziali. Studia come attore inizialmente avvicinandosi alle azioni fisiche e ai canti vibratori di Grotowski, per poi arrivare alle leggi oggettive del movimento di scena trascritte da Mejercho’ld e Decroux. Nel frattempo si laurea in Arti e Scienze dello Spettacolo all’Università la Sapienza di Roma con una tesi sulla drammaturgia dell’immagine. Nel 1999 fonda la Compagnia Teatropersona, con la quale comincia a mettere in scena i propri spettacoli che scrive e dirige, creandone le scene, i costumi, le luci e i suoni. Negli ultimi anni il lavoro di ricerca sulla scena come puro fatto materico si è concretizzato nella creazione di una “trilogia del silenzio”, in cui la drammaturgia è praticata quale vero e proprio espianto di aure dalle opere letterarie di Samuel Beckett, Bruno Schulz e Marcel Proust. Nel 2009 crea la sua prima opera per l’infanzia, “Il Principe Mezzanotte”, presentato in oltre duecento repliche in Italia e all’estero. Teatropersona ha portato in tournée i propri spettacoli in Italia, Francia, Svizzera, Corea, Russia, Polonia.
Creazioni: 2000 Nella città di K | 2003 Cechov non ha dimenticato | 2005 Theresienstadt | 2006 Beckett Box (Premio europeo Beckett & Puppet) | 2008 Il Principe Mezzanotte (Premio dell’Osservatorio critico degli studenti al Premio Scenario Infanzia) | 2009 Trattato dei manichini (Premio ETI Nuove Creatività; Premio Lia Lapini di scrittura di scena) | 2011 Aure | 2013 Il Grande Viaggio.
Info e Iscrizioni:
CENTRO TEATRALE UMBRO
Fraz. Goregge, 4 | 06024 Gubbio (PG)
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IN TRENO
Linea Ancona – Roma.
Fermata Fossato di Vico / Gubbio (PG).
Dalla Stazione a Gubbio:
Bus linea E052 (Gualdo Tadino – Fossato di Vico – Gubbio).
Da Gubbio alla Stazione:
Bus linea E052 (Gubbio – Fossato di Vico – Gualdo Tadino).
Da Gubbio al Centro Teatrale Umbro con mezzi privati, il Centro si trova nel cuore della campagna.
IN AUTO
Se si arriva dall’autstrada A14 (l’adriatica) uscire a Fano, seguire le indicazioni per Roma e successivamente per Gubbio (PG).
Se si arriva dalla statale E45 (Orte-Cesena) uscire a Bosco se si arriva da Orte oppure a Umbertide zona industriale se si arriva da Cesena.
Coordinate per Navigatore
Latitudine: 43.324069000000000
Longitudine: 12.472250000000000
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Dal 10 al 30 agosto
IV Edizione
Laboratorio internazionale e permanente di alta formazione
IL CLOWN-ATTORE _ ALLA SCOPERTA DELLA FORZA DELLA CREATIVITÀ
Laboratorio intensivo e residenziale diretto da
VLADIMIR OLSHANSKY _ dal Cirque du Soleil
In questi 21 giorni di laboratorio intensivo e residenziale, a numero chiuso, gli allievi apprenderanno e svilupperanno i principi e i metodi delle tecniche del clown-attore, formeranno il carattere del proprio clown e creeranno un repertorio individuale.
Per partecipare è necessario inviare la propria candidatura entro il 15 aprile 2015 allegando il curriculum vitae e due foto. Successivamente è previsto un colloquio con Vladimir Olshansky.
L’arte della clownerie si basa su un elemento fondamentale: il clown-attore.
Figura eccentrica, spesso grottesca, il clown spazia dalla pantomima al teatro di parola, fondendo tecniche e stili diversi. Il nostro laboratorio ha lo scopo di far avvicinare gli attori a questa affascinante disciplina, di far scoprire e comprendere, attraverso una metodologia originale e di alto spessore tecnico le proprie risorse e il proprio talento comico. Si articolerà in tre settimane e terminerà con la presentazione dei lavori migliori emersi durante il percorso sotto forma di classe aperta, uno spettacolo-clown.
Spesso mi chiedono : a cosa serva l’arte del clown e come è possibile approfondirla?
La clownerie ci permette di stimolare la nostra creatività, di “trovare” inusuali soluzioni drammaturgiche, di ampliare il nostro repertorio e di arricchirlo di nuove idee e materiali originali.
Una master class intensiva e prolungata nel tempo è un’occasione unica per poter assaporare e comprendere profondamente quest’arte antica, sorprendente e dinamica.
“Alla fine degli anni Settanta, quando vinsi un premio a Mosca per le Arti dello Spettacolo, il mio sogno era quello di fondare un Teatro di Clown. Mi sono laureato alla Scuola del Circo di Mosca. Le mie idee sulla clownérie nascono dai Maestri del cinema muto: Charlie Chaplin, Max Linder e Buster Keaton, oltre ai leggendari registi russi Mejerchol’d e Vachtangov. Mentre studiavo arti circensi ho avuto modo di incontrare lo straordinario clown russo Leonid Engibarov, dal cui talento sono stato completamente sedotto. E’ stato il primo clown a combinare insieme l’Arte del Circo e il teatro. Me ne tornai, allora, a Pietroburgo con l’idea di un Teatro di Clown, con un clown-attore come protagonista. Insieme a un clown ora conosciutissimo e molto dotato, Slava Polunin, fondammo il Gruppo Clown “Lizidei”. Nel frattempo io misi in piedi il mio primo “one man show”, uno spettacolo con me unico attore clown, in cui possono riconoscersi le influenze artistiche sia di Beckett che di Robert Wilson. Nel 1997 sono stato invitato da Slava a recitare la parte del principale “clown giallo” nel suo “Snow show” al teatro Old Vic di Londra. I nostri rapporti non si sono mai interrotti. Alla fine degli anni 1990 con mio fratello Yury, regista ed attore, e Caterina Turi-Bicocchi, abbiamo fondato “Soccorso Clown”, un’organizzazione no-profit per attività artistiche e sociali. Abbiamo fatto esperienza come “hospital-clown” e lanciato questa nuova professione in Italia. Ho cominciato a lavorare al Cirque du Soleil come “guest -actor” in “Allegria” nel 2000. Ho lavorato con loro nelle tournées in Australia e Nuova Zelanda. Dopo una pausa la collaborazione è ripresa nel 2004 a New York, Philadelphia e Toronto. Il lavoro insieme al Cirque du Soleil mi ha indotto a inventarmi un nuovo spettacolo come clown-attore, “Strange Games”, in cui ho potuto in parte mettere in pratica alcune mie idee sulla clownérie. Poesia e commedia filosofica, comédie humaine e gioia della vita ne sono le fonti ispiratrici.”
Vladimir Olshansky
STRUTTURA DEL LABORATORIO
Sezione A:
L’arte del clown le sue origini e il suo utilizzo nel processo creativo personale.
Il significato dell’essere comico.
Slapstic, Buffonata, Excentrica, ecc…
Scoprire in se stessi le sorgenti nascoste della creatività:
L’Ego.
I Tre centri del corpo umano.
Le Cinque fasi del lavoro.
Cosa significa il Conflitto Comico e come crearlo.
Creazione del proprio carattere di clown.
Tre tipi di caratteri di clown: bianco, augusto, hobo. Il costume e il trucco
Sezione B:
Creazione del repertorio personale.
Utilizzo della commedia fisica: linguaggio del corpo e emozioni.
La sorgente della improvvisazione e il suo utilizzo: lavoro sull’impulso.
I principi del lavoro con un oggetto.
Lavoro solo.
“Offerta”(comunicazione con il partner).
Vladimir Olshansky
Ha ricevuto vari riconoscimenti per la sua attività tra i quali il Raul Wallemberg Humanitarian Award, New York ,USA; il Michelangelo Award, Firenze, Italia; l’Award come miglior show ed artista dall’Entratainment Festival di Mosca, Russia.
Info e Iscrizioni:
CENTRO TEATRALE UMBRO
Fraz. Goregge, 4 | 06024 Gubbio (PG)
Tel. 075 9258072 | Cell. 338 9788533
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T E A T R O V A L D O C A
tornare al cuore
laboratorio
Ciò che ci rende umani
Laboratori residenziali e selettivi per attori, performer e danzatori
Primo laboratorio 27 giugno/1 luglio 2015
Secondo laboratorio 4/8 luglio 2015
presso Centro Teatrale Umbro
direzione Cesare Ronconi
parole Mariangela Gualtieri
movimento Lucia Palladino
INFORMAZIONI
I due laboratori costituiranno momento di incontro per la costituzione di un gruppo di lavoro in vista di un nuovo progetto di Teatro Valdoca.
Saranno privilegiati i candidati che stanno iniziando il proprio percorso e sono desiderosi di una forte esperienza formativa.
Temi del lavoro
parola/ascolto poetico
1. potenza acustica della parola
2. partire dal silenzio e tornare ad esso
3. il verso come struttura ritmica e poetica
corpo/movimento
1. esercitare il corpo all’abbraccio e all’ascolto
2. perfezionare la fluidità delle sequenze ritmiche di movimento
3. percepire il suono nello spazio in cui si agisce
4. sentire l’assenza
5. ascoltare ciò che vive tra le cose e le persone
testi del lavoro
poesie d’amore
giuramenti
Da me la sola passione
puoi imparare.
Dal mondo impara
tutto l’arco del sole
e lo splendore
la grandezza dei gesti
in che consiste crescere,
finire.
Impara dalle madri
il silenzio provvido, gentile,
dalle tombe la morte,
e dal morire ogni giorno
l’esame impara a svolgere.
Medita quando l’ombra
ti cade d’ogni sera sulla fronte:
è passato, mio amore,
un altro giorno
Giovanni Testori Opere Bompiani
L’amore è il nome della fine infinita quando segue la logica del buon infinito. In esso il compimento non consiste nella produzione, ma, in un certo senso, nella riproduzione, nella ripetizione, o meglio nella ripetizione insistente di un incommensurabile: l’amore, appunto, come assegnazione (attribuzione, attestazione, dichiarazione, creazione: sarebbe necessario analizzare tutte queste modalità) di un valore assoluto – addirittura, in un certo senso, quasi senza “valore”, o meglio valutabile come “non valutabile”.
Jean-Luc Nancy L’amore, dopodomani da Prendere la parola, Moretti & Vitali
“Il bello è lo splendore del vero”: questa formula, sempre attribuita a Platone, così alla lettera non compare da nessuna parte nella sua opera (neppure in Plotino, al quale pure talvolta la si attribuisce), ma dice una cosa giusta. Il bello è l’esplosione di cui brilla il vero eccedendo così la sua verità.
Jean-Luc Nancy L’amore, dopodomani da Prendere la parola, Moretti & Vitali
Qualunque lingua si usi in poesia, è una lingua che cela un segreto, in quanto entra in rapporto con un ritmo intraducibile. Ma nella poesia si realizza anche una ricomposizione tra un suono che cela un mistero e la comunicazione linguistica.
Brunella Antomarini La preistoria acustica della poesia Aragno
Modalità d’iscrizione
Gli interessati dovranno inviare via email:
due foto, una in primo piano e una a figura intera in formato jpg o tif dal peso complessivo massimo di 800 KB
un CV sintetico (in formato word) in cui siano indicate le esperienze artistiche e teatrali
una breve lettera motivazionale indirizzata a Cesare Ronconi
La mail dovrà pervenire all’indirizzo info@centroteatraleumbro.it entro e non oltre il 7 giugno 2015, specificando a quale dei due laboratori si intende iscriversi.
In base ai CV ricevuti Cesare Ronconi selezionerà i 16 partecipanti per ogni sessione.
L’esito della selezione sarà comunicato ai candidati entro il 15 giugno 2015.
Per informazioni: info@centroteatraleumbro.it; www.centroteatraleumbro.it;
+39 075 9258072; +39 338 9788533
Cesare Ronconi / Teatro Valdoca
Nasce nel 1983 a Cesena dal sodalizio fra il regista Cesare Ronconi e la drammaturga e poeta Mariangela Gualtieri e da allora persegue con rigore e raffinatezza una ricerca a ridosso della parola poetica e del lavoro d’attore, creando grandi produzioni corali, o concentrandosi sul lavoro di pochi interpreti, in una scrittura scenica che fonde danza, arti visive e musica dal vivo. La scrittura registica di Cesare Ronconi ha due elementi fondanti: l’attore, inteso come corpo glorioso e fonte prima di ispirazione, e il verso poetico affidato a Mariangela Gualtieri. Il ruolo centrale dell’attore porta in primo piano il magistero pedagogico di Ronconi, che per ogni spettacolo forma gli interpreti, portando così a maturità professionale molti giovani esordienti.
Info e Iscrizioni:
CENTRO TEATRALE UMBRO
Fraz. Goregge, 4 | 06024 Gubbio (PG)
Tel. 075 9258072 | Cell. 338 9788533
www.centroteatraleumbro.it | info@centroteatraleumbro.it
Dal 13 al 22 luglio
PENSARE LA SCENA
I Paradisi Perduti
Laboratorio residenziale e intensivo diretto da
CESAR BRIE
Per partecipare è necessario inviare CV e 2 foto entro il 25 maggio.
Nel seminario si affronteranno, in diverse fasi, tutti i temi principali alla base della poetica di César Brie, con l’obiettivo di applicare un metodo che si propone di formare un
attore-poeta nel senso etimologico del termine: colui che crea e fa.
Pensare la scena
Cerco di far riflettere attraverso esercizi, sugli elementi che formano la scena e la presenza di uomini, oggetti e tempo sulla stessa.
Insegno a improvvisare, cioè, a stare in scena in modo sereno, calmo. A osservare e dialogare con gli altri. A raccontare, trovare le proprie parole per dire quello che si vuole dire. A dialogare con l’altro.
Il laboratorio sarà articolato in diverse fasi:
lavoro fisico (l’impulso e la forma, percezione, azione e composizione)
l’improvvisazione (lo spazio e le relazioni)
il coro (l’intimo e il plurale)
l’immagine (la creazione di metafore e immagini sceniche)
il montaggio (rapporto immagine e testo)
César Brie nasce a Buenos Aires, Argentina. Arriva in Italia a 18 anni con la Comuna Baires, gruppo teatrale di cui è cofondatore, recitando in più produzioni, dirette da Renzo Casali e Liliana Duca. Con questo gruppo ha cominciato a sviluppare un’arte apolide, a stretto contatto con le molte realtà incontrate in una vita passata per scelta in esilio. Dopo il 1975 crea a Milano il Collettivo teatrale Tupac Amaru, tra gli spettacoli prodotti A Rincorrere il Sole, Ehi, in collaborazione con Danio Manfredini e E tentavano infine di scappare. Dal 1981 al 1990 lavora insieme a Iben Nagel Rasmussen nel Gruppo Farfa e poi nel Odin Teatret nelle vesti di autore, regista e attore. Tre, tra i titoli di questi anni: Matrimonio con Dio e Talabot con la regia di Eugenio Barba e Il Paese di nod, regia e drammaturgia di César Brie. Poi da solo Il Mare in Tasca, Torneranno i miei figlie e con Naira Gonzalez Romeo e Giulietta. A seguito di queste esperienze nel 1991, fonda in Bolivia il Teatro de Los Andes col quale crea spettacoli che partono dalla storia o dai classici, ma calati profondamente nell’attualità: una serie di lavori esemplari destinati a girare il mondo (Ubu in Bolivia, Solo gli ingenui muoiono d’amore, I Sandali del Tempo, Dentro un sole giallo, Fagile, Otra vez Marcelo… l’Iliade, L Odisea). Su L’Iliade hanno scritto “Ci sono spettacoli – pochi, imprevedibili – che incantano e s’imprimono nella memoria come un’esperienza irripetibile. Gli spettatori se li raccontano a distanza di anni alimentandone il mito. L’Iliade del Teatro de Los Andes è uno di questi (….). Presentato in mezzo mondo, ha ovunque trascinato pubblico e critica in un consenso unanime, facendo gridare al capolavoro. Quasi duecento repliche in due anni. Tutti i temi del teatro di Brie sembrano fondersi qui in una profonda riflessione sulla violenza e sul tempo, nel tentativo di rivedere la tragedia antica alla luce della propria storia”. (Fernando Marchiori).
César Brie partecipa anche ad altre produzioni, come autore o regista: Il cielo degli altri, realizzato in Italia con gli attori del Teatro Setaccio; Zio Vanja di Anton Cechov, di cui cura la regia insieme a Isadora Angelini; Todos los ausentes, realizzato a Santiago del Cile con l’attore Hector Noguera del Teatro Camino; scrive I clienti, con la regia di Giancarlo Gentilucci per Arti e Spettacolo.
Dal 2010 in Italia crea Albero senza Ombra e 120 chili di jazz, Karamazov, Indolore, Il Vecchio Principe, La Mite, Viva l’Italia testo di R. Scarpetti di cui cura la regia. Nel 2015 debutta con lo spettacolo Ero.
Info e Iscrizioni:
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I L C A N T O D E L C A P R O
Sulla funzione del coro nell’opera teatrale
Atelier di creazione teatrale condotto da Alessandro Serra
Compagnia Teatropersona
1 | 2 | 3 | 4 | 5 agosto 2015
Quando si recita una parte non si è mai un io, bensì sempre un tu.
Ingmar Bergman
La forza ritmica non si limita a cantare nell’intimo di ogni essere;
la sua manifestazione più percettibile è costituita dall’irraggiamento
che, solo, può farcene percepire il suono.
M. Schneider
PREMESSA
La tragedia greca è stata la più sublime forma di teatro: quello dell’immobilità.
Ma cosa è rimasto?
Non certo il senso del tragico, né tantomeno l’idea e la pratica di una collettività.
Non resta traccia di sacro e le cerimonie si sono trasformate in serate di gala.
Abbiamo dimenticato cosa celebrare e poi come, o viceversa.
Restano delle opere di inestimabile bellezza ma soprattutto restano dei dispositivi.
Com’è fatta una tragedia ma soprattutto, e sarà oggetto d’indagine, che cos’è un coro?
Vale forse per la tragedia la regola dell’arte sacra la cui essenza non risiede nel tema religioso, bensì nella disposizione delle forme nello spazio. Ed è proprio sulle forme del coro tragico che ci concentreremo, cercando di analizzare non le parole del coro ma la forma e la sua origine:
il canto, la danza, lo spazio, il tempo.
Nelle messe in scena il coro canta e danza insieme. E tuttavia la pratica dimostra che tanto più semplice è il gesto e il suono, tanto più visibile la voragine che ci separa dagli altri. Verrebbe da pensare che si moltiplichino i gesti e si saturi l’aria di parole solo per nascondere la difficoltà di attingere alla forza ritmica che canta dentro di noi.
Una forza che si manifesta nel respiro collettivo. Unica interiore energia che non è in nessuno ed è in tutti.
Non si tratta di andare a tempo o di seguire il ritmo ma di ripensare il tempo e il ritmo in termini non più aritmetici. Lo stesso per lo spazio scenico, non delimitato da decori o luci, quanto dalle relazioni che intercorrono tra chi è chiamato ad abitarlo.
Nel corso di cinque giorni cercheremo di delimitare il campo d’azione per poterci permettere il lusso di cadere in trappola. Senza ricorrere ad apparati o, men che meno, alla letteratura.
Che cos’era il coro se non un unico personaggio assurto a collettività? In questo senso ogni opera teatrale è opera di un coro. Farsi coro significa divenire spazio, scolpire il tempo, respirare ed essere respirati, trasportati dalla magia impersonale del pensiero collettivo.
Studiare e indagare i meccanismi del coro equivale a scandagliare gli abissi della persona restituendo al teatro le proprie origini sacre di rito collettivo.
Il coro ci insegna a riconoscersi nell’altro ma soprattutto a star soli in scena.
Soli.
Con la propria ferita segreta.
Ma soli come un tu,
mai come un io.
FASE PREPARATIVA
Ogni attore dovrà leggere L’Edipo Re di Sofocle, quindi dovrà portare con sé:
1. Indumenti comodi per il training
2. Quaderno per gli appunti
3. Una gonna nera ampia e lunga, una maglia senza scritte e di colore neutro e uno scialle nero.
4. Una fonte luminosa.
L’ATELIER
Il training
Relazione tra il bacino e la colonna vertebrale: gestione e direzione dell’energia
Scrivere con il corpo, esercizi di scomposizione
Gestione del peso e dell’equilibrio
la danza
Traghikē orkhēsis | figure della danza tragica
Composizione e costruzione di partiture per la danza
Qualità del movimento | danza emmelèia e cordace
il canto
Riscaldamento ed esercizi vocali
Gamma del riso e del pianto
Canto e polifonia
lo spazio
Rettangolo, triangolo, cerchio
Stasis, metastasis
gli oggetti
Oggetto materia
Oggetto accessorio e requisito
Rapporto tra attore, oggetto e spazio scenico
la drammaturgia
Elementi di drammaturgia
Lamento, attesa, preghiera
Drammaturgia dell’immagine: comporre e costruire la scena
Relazione carnale tra attore e fonti luminose
ALESSANDRO SERRA si avvicina giovanissimo al teatro attraverso gli esercizi di trascrizione per la scena delle opere cinematografiche di Ingmar Bergman e la pratica delle arti marziali. Studia come attore inizialmente avvicinandosi alle azioni fisiche e ai canti vibratori di Grotowski, per poi arrivare alle leggi oggettive del movimento di scena trascritte da Mejercho’ld e Decroux. Nel frattempo si laurea in Arti e Scienze dello Spettacolo all’Università la Sapienza di Roma con una tesi sulla drammaturgia dell’immagine. Nel 1999 fonda la Compagnia Teatropersona, con la quale comincia a mettere in scena i propri spettacoli che scrive e dirige, creandone le scene, i costumi, le luci e i suoni. Negli ultimi anni il lavoro di ricerca sulla scena come puro fatto materico si è concretizzato nella creazione di una “trilogia del silenzio”, in cui la drammaturgia è praticata quale vero e proprio espianto di aure dalle opere letterarie di Samuel Beckett, Bruno Schulz e Marcel Proust. Nel 2009 crea la sua prima opera per l’infanzia, “Il Principe Mezzanotte”, presentato in oltre duecento repliche in Italia e all’estero. Teatropersona ha portato in tournée i propri spettacoli in Italia, Francia, Svizzera, Corea, Germania, Russia, Polonia.
Negli ultimi anni collabora come regista ospite con la compagnia Accademia Arte della Diversità/ Teatro la Ribalta di Bolzano.
Creazioni: 2000 Nella città di K | 2003 Cechov non ha dimenticato | 2005 Theresienstadt | 2006 Beckett Box (Premio europeo Beckett & Puppet) | 2008 Il Principe Mezzanotte (Premio dell’Osservatorio critico degli studenti al Premio Scenario Infanzia) | 2009 Trattato dei manichini (Premio ETI Nuove Creatività; Premio Lia Lapini di scrittura di scena) | 2011 AURE | 2013 Il Grande Viaggio (Premio del pubblico al FIT Festival di Lugano)| 2014 MACBETTU (studio vocale) | 2015 L’ombra della sera; H.G. con la compagnia Teatro la Ribalta\ Accademia Arte della Diversità di Bolzano.
Info e iscrizioni:
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INTERPRETANDO COMPRENDO
Stage residenziale e intensivo diretto da Giuliana MUSSO
Dal 25 al 29 luglio
“Ripetere per molti anni e molte repliche le stesse parole, gli stessi gesti, gli stessi personaggi mi ha regalato l’opportunità di verificare come la meccanica stessa interna al gesto e alla parola possa essere ogni sera un nuovo accesso all’emozione e quindi alla “comprensione” del senso di ciò che sto recitando. Si potrebbe quindi dire che io interpretando comprendo.
Durante questi cinque giorni vorrei condividere alcuni approcci tecnici molto personali che riguardano il testo scritto, con particolare attenzione all’uso del suono della parola e del ritmo della frase. Partendo da queste consegne e concentrandosi su un lavoro individuale, cercheremo anche di indagare la dimensione del piacere, dell’intuizione e dell’autenticità. Vi invito a portare almeno due monologhi a memoria a vostra scelta, tratti dal repertorio classico, e un brano di narrativa per adulti da leggere a voce alta. Io porterò il resto. Come sempre, abbigliamento comodo.”
_Giuliana
Giuliana Musso
E’ attrice ed autrice teatrale, diplomata alla Civica Accademia D’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano. Ha iniziato il suo percorso nel teatro comico, nella Commedia dell’Arte e nell’ Improvvisazione Teatrale. Dopo alcune brevi esperienze nel teatro contemporaneo, dal 2001 si è dedicata quasi esclusivamente alla scrittura e all’interpretazione di spettacoli che coniugano il teatro di narrazione al teatro d’indagine: Nati in casa, Sexmachine, Tanti Saluti, La fabbrica dei Preti, Wonder Woman. Ha scritto testi per altre compagnie e diretto un gruppo di bravissimi attori nel progetto Medea. La città ha fondamenta sopra un misfatto.
Info e Iscrizioni:
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BIOMECCANICA DELLA COMMEDIA DELL’ARTE:
LA LUCILLA COSTANTE
Di Silvio Fiorillo (1609)
Condotto da Michele Monetta
dal 10 al 13 settembre
Esiste una tecnica della Commedia dell’Arte? Cosa è rimasto di una trasmissione di saperi a partire dalla famiglia Andreini sino a Fiorillo ed a Scaramouche, per arrivare poi a Biancolelli, Molière, Marivaux, Sacchi, Deburau, Petito, Scarpetta, Petrolini, de Curtis, Govi, Baseggio, Viviani, i Maggio, i De Filippo, Strehler, De Simone, Mnouchkine e, a sorpresa, persino Kantor? Chi oggi dice di insegnare la Commedia dell’Arte ha veramente un bel coraggio ad affermarlo. C’è di sicuro una tradizione “tradita”! E’ questo tradimento che la rende ancora vitale (e non come sta da tempo accadendo in Italia e che ha un sapore turistico-folcloristico),ma occorre individuarne gli strumenti certi, o comunque non aleatori. Quali? Il corpo, l’iconografia teatrale, le partiture musicali, la Danza Rinascimentale e Barocca, i trattati di recitazione tra ‘600 e ‘700, i canovacci e, soprattutto, le commedie distese. Quest’anno si andrà a lavorare su La Lucilla Costante straordinaria commedia distesa ricchissima di maschere, profondamente barocca, dell’attore e autore Silvio Fiorillo (creatore della maschera di Capitan Mattamoros ed il primo che ha dato dignità di ruolo a Pulcinella), scritta nel 1609.Il lavoro del mattino si baserà su training, tecnica, maschera e improvvisazione relativi alla Commedia dell’Arte; il pomeriggio sarà tutto dedicato al gioco, allo studio e all’interpretazione di alcune scene tratte dall’opera LA LUCILLA COSTANTE.
Esercizi di biomeccanica
Passi, marce e andature
Combattimento con bastoni
Corpo grottesco e focus della maschera
I 12 ruoli e le 4 maschere
Iconografia teatrale e les attitudes
Corpo-Maschera e fissità (o fissazione)
Raccolta Fossard (comici, musici, acrobati e cantatrici)
I Balli di Sfessania (danzatori pantomimi) e il Tuba catubba dello Sgruttendio
Le maschere e la Luna
Partitura del movimento
Recitazione, gioco e messinscena dal testo “La Lucilla costante”
Elementi di letteratura, regia e storiografia: Sgruttendio di Scafati, Hoffmann, Mejerchol’d
Il corso è rivolto ad attori, mimi, danzatori, registi, clown, cantanti, pedagogisti, drammaturghi, studenti di università ed accademie, animatori.
Ogni partecipante dovrà munirsi di: abbigliamento comodo e neutro per il movimento, bastone in legno o manico di scopa, cinghia in cuoio, scarpette da ritmica o danza jazz. Portare oggetti vari e a scelta, ad esempio: ventaglio, lanterna, grande pezzo di stoffa nero, rosso oppure verde, cloche e campanellini, fiasco di vino impagliato, gonne lunghe sino alle caviglie per le donne…etc
Michele Monetta Regista, Attore e Insegnante di Mimo Corporeo tecnica Decroux, Maschera e Commedia dell’Arte, Specializzato in Pedagogia Teatrale. Allievo del M° Etienne Decroux. Docente di Maschera e Mimo Corporeo all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico e all’Ecole Atelier Rudra di Maurice Béjart.
ICRA Project raccoglie, coordina e sviluppa attività nel campo del teatro, della musica, della pedagogia nell’arte drammatica e dei linguaggi multimediali. Fonda nel 1985 e dirige tutt’ora la scuola biennale di Mimo Corporeo a Napoli e l’Atelier di Commedia dell’Arte a Roma.
Info e Iscrizioni:
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Dal 16 al 20 settembre
IL CLOWN-ATTORE
Laboratorio intensivo e residenziale diretto da
VLADIMIR OLSHANSKY _ dal Cirque du Soleil
STRUTTURA DEL LABORATORIO
Sezione A:
L’arte del clown le sue origini e il suo utilizzo nel processo creativo personale.
Il significato dell’essere comico.
Slapstic, Buffonata, Excentrica, ecc…
Scoprire in se stessi le sorgenti nascoste della creatività:
L’Ego.
I Tre centri del corpo umano.
Le Cinque fasi del lavoro.
Cosa significa il Conflitto Comico e come crearlo.
Creazione del proprio carattere di clown.
Tre tipi di caratteri di clown: bianco, augusto, hobo. Il costume e il trucco
Sezione B:
Creazione del repertorio personale.
Utilizzo della commedia fisica: linguaggio del corpo e emozioni.
La sorgente della improvvisazione e il suo utilizzo: lavoro sull’impulso.
I principi del lavoro con un oggetto.
Lavoro solo.
“Offerta”(comunicazione con il partner).
Vladimir Olshansky
Laureato alla Scuola del Circo di Mosca, le sue idee sulla clownérie nascono dai Maestri del cinema muto: Charlie Chaplin, Max Linder e Buster Keaton, oltre ai leggendari registi russi Mejerchol’d e Vachtangov.
Dall’incontro con lo straordinario clown russo Leonid Engibarov, sviluppa l’idea di un Teatro di Clown, con un clown-attore come protagonista.
Insieme a Slava Polunin fonda il Gruppo Clown “Lizidei” e allestisce il suo primo “one man show”, in cui possono riconoscersi le influenze artistiche sia di Beckett che di Robert Wilson.
Nel 1997 sotto la regia di Slava Polunin interpreta la parte principale del “clown giallo” nel “Snow Show” tenuto al teatro Old Vic di Londra.
Alla fine degli anni 1990 con suo fratello Yury, regista ed attore, e Caterina Turi-Bicocchi, fonda “Soccorso Clown”, un’organizzazione no-profit di “hospital-clown”che lavora con i bambini e le loro famiglie e di cui oggi è direttore artistico.
Nel 2000 inizia la sua collaborazione al Cirque du Soleil nello spettacolo “Allegria” (con tournées in Australia, Nuova Zelanda, Stati Uniti e Canada).
La collaborazione con il Cirque du Soleil lo ha portato ad ideare ed interpretare un nuovo spettacolo come clown-attore, “Strange Games”. Poesia e commedia filosofica, comédie humaine e gioia della vita ne sono le fonti ispiratrici.
Info e Iscrizioni:
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LABORATORIO TEATRALE
a cura di Danio Manfredini
dal 23 al 27 settembre
Contenuti e obiettivi del laboratorio
Un laboratorio a partire da Danio Manfredini e dalla sua personale esperienza artistica che si basa sulla ricerca delle possibilità espressive dell’attore, figura che egli concepisce come creatore, come materia viva il cui estro nasce da un profondo lavoro su di sé, dalla sua intimità e consapevolezza.Il corpo come luogo fondamentale di ascolto ed espressione, esplorazione della vocalità, esplorazione della memoria emotiva come aspetti del training preparatorio dell’attore. Considerazione delle fondamentali convenzioni appartenenti all’arte del teatro e consapevolezza del disegno complessivo che conduce alla recitazione di un’opera teatrale.
Ogni partecipante dovrà portare un monologo estrapolato da testi pubblicati di teatro classico o contemporaneo (autori pubblicati entro l’anno 2000).
Si richiede inoltre a ogni partecipante la conoscenza della parabola degli accadimenti dell’opera di cui fa parte il monologo. I brani di recitazione saranno materiale di studio per gli allievi e verranno utilizzati come mezzo d’approccio alle opere teatrali, in un processo di scoperta che contempli la pratica del “non conosciuto”, intesa come avvicinamento all’atto della creazione scenica.
Info e Iscrizioni:
CENTRO TEATRALE UMBRO
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Paolo Rossi
“L’importante è non cadere dal palco”
Laboratorio intensivo d’improvvisazione
2 | 3 | 4 | 5 | 6 SETTEMBRE
“Da sempre sostengo che per fare teatro sia necessario fin da subito rendersi conto delle proprie caratteristiche personali e peculiari. Se sul palco convivono attore, persona e personaggio, allora ogni persona ha delle capacità intrinseche che, se riconosciute e affinate con la tecnica dell’attore, porteranno allo sviluppo di un personaggio che esprime caratteri e singolarità di chi lo porta in scena.
Comprendere il proprio centro nevralgico, il proprio personale motore verso il lavoro e le proprie risorse immediate è la base per improvvisare.
Oggi si è persa l’urgenza di fare certe cose: non ci sono più – se non rari casi fortunati – compagnie itineranti che vivono di teatro di emergenza; ed è proprio nell’emergenza che tutto viene a galla. Improvvisare sul momento, teatralizzare una barzelletta oppure far esplodere un canovaccio di sole cinque parole, apparentemente sconnesse perché dette a caso da uno tra il pubblico, richiede una grande disciplina e una notevole consapevolezza di se: al volo, all’impronta, bisogna buttare sul palco ciò che si possiede, sia di tecnica sia di spirito. C’è quel che c’è. E di quel che c’è non manca niente, in poche parole.
Non bisogna neppure dimenticare la regola fondamentale per qualsiasi attore che intenda cimentarsi nell’improvvisazione: l’ascolto. Ascoltare il proprio compagno, i propri compagni attori, è fondamentale; sono loro che suggeriscono a noi cosa succederà dopo e come noi dovremo reagire alla proposta, che sia una battuta o un calcio. Spesso affermo che, se dovessi decidere di affrontare la docenza di un corso pluriennale accademico di improvvisazione, per tutto il primo anno costringerei tutti alla sola pratica dell’ascolto e dell’osservazione dell’altro. Ci sono mille e mille strade per ottenere lo stesso risultato, o meglio, per ottenere un ottimo risultato sempre diverso, e l’ascolto è quella guida che permette di percorrerle tutte, prima o poi.
Nei mie spettacoli questo aspetto è fondamentale: innanzi tutto è il pubblico a fare gran parte del lavoro in questo senso; una volta crollata la quarta parete, è proprio il pubblico che mi trasmette tutto se stesso, e fin dal brusio prima dello spettacolo, posso reagire di conseguenza e regolare, con la mia tecnica di attore, la mia performance. Questo lavoro coinvolge anche i musicisti che lavorano con me, che sono la mia compagnia e la mia famiglia, anche loro ormai abituati a sentire la platea e a controllare la propria esecuzione in base al tipo di pubblico che anno davanti e ad assorbire al volo le mie indicazioni o i miei segnali nascosti. E’ solo per questo che i miei spettacoli possono davvero essere considerati un unicum sempre diverso.
Vorrei anche sottolineare la necessità di sviluppare la percezione del ritmo. Lo si sente dire spesso dei grandi comici e improvvisatori, che hanno appunto un grande ritmo, che non è solo più veloce o più lento, ma è intrinsecamente legato a ciò che si vuole comunicare. La scelta del tempo comico alle volte è il perfetto discriminante tra una battuta perfetta, o la stessa battuta venuta male. Chi non sa dire le barzellette spesso pecca proprio in questo aspetto, fateci caso…
Anche in una barzelletta, che il mio maestro Dario Fo definisce una sintesi drammaturgia perfetta – e mi trova pienamente d’accordo – il tempo è tutto. Per questo spesso io mi affianco a musicisti, essenziali in tutti i miei lavori; la musica che mi accompagna aiuta a dare un andamento di un certo tipo a ciò che dico sul palco e fornisce quello che i musicisti jazz chiamano mood.
Per imparare il ritmo della comicità non bisogna fare altro che contare; sembra la cosa più stupida, o troppo matematica, ma è così. Per fare un esempio sul genere matematico della risata, il mio maestro Giorgio Strehler riusciva a prevedere l’arrivo o meno di una risata del pubblico, durante una commedia dove recitavo anche io, in base al rumore che faceva una porta della scenografia che ad un certo punto veniva fatta cadere. Sarebbe una normale gag, con conseguente risata, certo… se non fosse che la risata arrivava o meno, a seconda del suono forte o leggero della caduta, circa un minuto dopo…
In questo laboratorio quindi si cercherà di trasmettere ai partecipanti questa attenzione, questa cura, questa apertura verso il compagno attore/persona/personaggio che ci affianca sul palco e l’attenzione verso l’ascolto e il ritmo; lo faremo attraverso molti esercizi che pratico io stesso personalmente da anni. Molti di questi sono presi dai manuali dei commedianti dell’arte settecenteschi e ottocenteschi, dove sono raccolti i lazzi, i trucchi e i modi con cui i maestri di Commedia dell’Arte si potevano permettere di mettere in scena vicende magnifiche con pochissime risorse e con brevissimo tempo a disposizione. Tra questi vi sono molti esercizi appunto che si basano sull’osservazione degli altri, delle loro caratteristiche, se vogliamo anche dei loro difetti, che è di certo alla base del principio di ascolto di cui parlavo prima. La caricatura dell’altro, l’imitazione, lo sberleffo a volte sono un ottimo mezzo di conoscenza dell’altro.
Un’ultima cosa: vorrei fare una mia piccola riflessione sull’improvvisazione. Ad un certo punto della sua carriera Goldoni si era accorto che c’era qualcosa che non andava; spesso gli attori di Commedia del’Arte usavano additivi, diciamo, per salire sul palco e sostenersi e quindi l’improvvisazione spesso prendeva una piega esagerata e preponderante. Per questo propose con la sua riforma la scrittura intera del testo e l’abolizione totale dell’improvvisazione, almeno nelle sue commedie. Oggi, ogni tanto, mi pare che il tasso alcolico sia un po’ più alto in platea che sul palco, per cui recuperare queste pratiche è quasi un dovere morale. Purtroppo c’è qualcuno – quelli che io chiamo mediocri – che si è già accorto da tempo di queste debolezze diffuse tra il popolo e ha contribuito a renderlo più pubblico che popolo, soprattutto attraverso la televisione. I mediocri sono vigili e attenti, si svegliano tre ore prima di quelli di talento solo per avere più tempo per pensare a come metterla in quel posto a quelli di talento, appunto.
I mediocri hanno anche rovinato l’arte della barzelletta, che è un patrimonio nazionale oserei dire. I mediocri provano a diventare nostri colleghi sbagliando, perché cercano subito il finale, l’orgasmo della chiusa. Imparare le vecchie tecniche da commediante, i trucchi e i lazzi dei maestri passati, costringersi a riconoscere i propri limiti e a sfruttarli è sempre un modo per combattere questa regressione che coinvolge tutto e tutti, e che, se non controllata, porterà ad un futuro di totale superficialità, soprattutto nel campo dell’arte”.
PAOLO ROSSI
Breve biografia.
Nato nel 1953 a Monfalcone, milanese d’adozione, Paolo Rossi spazia da trent’anni dai club ai grandi palcoscenici, dal teatro tradizionale al cabaret, dalla televisione al tendone da circo: ovunque ha proposto il suo personale modo di fare spettacolo che, pur immergendosi nelle tematiche contemporanee, non prescinde dall’insegnamento dei classici antichi e moderni, da Shakespeare a Molière, dalla Commedia dell’Arte a Brecht.
Esordisce come attore nel 1978 in Histoire du Soldat regia di Dario Fo.
Alla fine degli anni ’80 si impone sulla scena con uno stile personale e riconoscibile con gli spettacoli Recital, Chiamatemi Kowalski (1987), The Times They Are a-Changin’… Un’altra Volta … Again!, cui seguono spettacoli dalla struttura originale definiti antimusical sociali, tutti con la regia di Giampiero Solari: tra questi Le Visioni di Mortimer (1988) e La Commedia da due lire (1990).
Nel 1992 approda alla televisione con Su la Testa su Rai 3. Nel 1994-1995, Rossi partecipa alle molte puntate di Il Laureato di Piero Chiambretti su Rai 3; nel 1997-98 conduce Scatafascio, trasmesso su Italia1. Nel 2007 è ospite fisso della trasmissione Che tempo che fa di Fabio Fazio.
E’ del 1995 Il Circo di Paolo Rossi, spettacolo itinerante che si sposta – con una carovana e una serie di tendoni per tutta Italia – con un gruppo di 18 persone tra musicisti e attori/mimi. Seguono Rabelais (1996), liberamente tratto dal Gargantua e Pantagruel di François Rabelais; Romeo & Juliet – Serata di Delirio Organizzato (1998); Questa Sera si Recita Molière – Dramma da ridere in due atti (2003). Tra il 2002 e il 2004 è in tournée con Il Signor Rossi e la Costituzione – Adunata Popolare di Delirio Organizzato. E’ del 2004-2005 Il Signor Rossi contro l’Impero del male, progetto multiculturale a cui ha contribuito un cast di artisti italiani e internazionali provenienti dalle più diverse esperienze sceniche.
Nella primavera del 2007, porta in teatro I Giocatori, uno spettacolo liberamente ispirato al romanzo Il Giocatore di Dostoevskij. E’ del 2008 il ritorno sulla scena con uno spettacolo intimo, Sulla strada ancora, in cui Rossi racconta al pubblico le sue vicende personali e creative di un anno difficile.
Nel 2009 ha inizio il percorso di studio e ricerca che porterà nel 2010 al debutto di Il Mistero Buffo di Dario Fo, in tournée nella stagione 2010-2011 e a seguire nel 2011-2012 con il titolo Il Mistero Buffo, nella versione pop 2.0, lo spettacolo ha registrato oltre 200 repliche.
A settembre 2010 dirige Il Matrimonio segreto di Domenico Cimarosa che ha inaugurato la sessantaquattresima Stagione Lirica del Teatro Sperimentale A. Belli di Spoleto. A dicembre 2011, per il Teatro San Carlo di Napoli, firma la regia di Il marito disperato di Domenico Cimarosa.
A maggio 2012 recita in Confessioni di un cabarettista di m., tre puntate di uno spettacolo televisivo registrato alla Corte Ospitale di Rubiera, all’interno di un tendone del circo Togni e trasmesse su Sky Tv.
A novembre 2013 debutta con il suo nuovo spettacolo L’amore è un cane blu, la conquista dell’Est, scritto dallo stesso Paolo Rossi, con Stefano Dongetti, Alessandro Mizzi con la supervisione di Riccardo Piferi; musiche originali composte da Emanuele Dell’Aquila ed eseguite dal vivo da I Virtuosi del Carso (Emanuele Dell’Aquila, Alex Orciari, Stefan Bembi, Denis Beganovic, Mariaberta Blašković, David Morgan), produzione La Corte Ospitale.
Nel settembre 2014 realizza la regia lirica per Alfred, Alfred di Franco Donatoni e Gianni Schicchi di Giacomo Puccini, con la direzione di Marco Angius e la produzione del Teatro Lirico Sperimentale A. Belli di Spoleto. Le due opere circuivano in Umbria, con la presenza di Rossi anche come attore sulla scena.
Nel 2014 intraprende una collaborazione con il CRT – Teatro dell’Arte che si realizza nello spettacolo Arlecchino. Saltimbanchi si muore, per la stagione 2014/2015. Sempre nella stessa stagione approda in diverse piazze italiane con due spettacoli contenitori del meglio del suo repertorio, L’importante e non cadere dal palco e Delirio organizzato col pubblico, prodotti da La Corte Ospitale.
Info e Iscrizioni:
CENTRO TEATRALE UMBRO
Fraz. Goregge, 4 | 06024 Gubbio (PG)
Tel. 075 9258072 | Cell. 338 9788533
www.centroteatraleumbro.it | info@centroteatraleumbro.it
I PARADISI PERDUTILaboratori 2015 Festival “Di umanità si tratta” VIII Edizione
Posted by Centro Teatrale Umbro on Domenica 26 luglio 2015
CIO’ CHE CI RENDE UMANI – 27 giugno/1 luglio – Laboratori 2015 Festival “Di umanità si tratta” VIII Edizione
Posted by Centro Teatrale Umbro on Venerdì 31 luglio 2015
CIO' CHE CI RENDE UMANI – 4/8 luglio – Laboratori 2015 Festival "Di umanità si tratta" VIII Edizione
Posted by Centro Teatrale Umbro on Venerdì 31 luglio 2015
Giuliana Musso – Laboratori 2015 Festival “Di umanità si tratta” VIII Edizione
Posted by Centro Teatrale Umbro on Martedì 11 agosto 2015
Alessandro Serra / Compagnia Teatropersona – Laboratori 2015 Festival “Di umanità si tratta” VIII Edizione
Posted by Centro Teatrale Umbro on Mercoledì 19 agosto 2015
Foto Laboratorio Vladimir Olshansky dal Cirque du Soleil – Laboratori 2015 Festival “Di umanità si tratta” VIII Edizione
Posted by Centro Teatrale Umbro on Mercoledì 9 settembre 2015
Foto Laboratorio Paolo Rossi – Laboratori 2015 Festival “Di umanità si tratta” VIII Edizione
Posted by Centro Teatrale Umbro on Venerdì 11 settembre 2015
Foto Laboratorio Michele Monetta – Laboratori 2015 Festival “Di umanità si tratta” VIII Edizione
Posted by Centro Teatrale Umbro on Martedì 29 settembre 2015
Foto Laboratorio Vladimir Olshansky – Laboratori 2015 Festival “Di umanità si tratta” VIII Edizione
Posted by Centro Teatrale Umbro on Lunedì 12 ottobre 2015
Foto Laboratorio Danio Manfredini – Laboratori 2015 Festival “Di umanità si tratta” VIII Edizione
Posted by Centro Teatrale Umbro on Lunedì 12 ottobre 2015
Venerdì 12 febbraio ore 21,00
Teatro comunale di Gubbio “LUCA RONCONI”
VANIA
ideazione e regia Stefano Cordella
drammaturgia collettiva
con Francesca Gemma, Vanessa Korn, Umberto Terruso, Fabio Zulli
ass. regia Daniele Crasti, Francesco Meola
organizzazione Giulia Telli
una produzione Oyes
“Tutti, finché siamo giovani, cinguettiamo come passeri sopra un mucchio di letame. A vent’anni possiamo tutto, ci buttiamo in qualsiasi impresa. E verso i trenta siamo già stanchi, è come dopo una sbornia. A quarant’anni poi siamo già vecchi e pensiamo alla morte. Ma che razza di eroi siamo? Io vorrei solo dire alla gente, in tutta onestà, guardate come vivete male, in che maniera noiosa. E se lo comprenderanno inventeranno sicuramente una vita diversa, una vita migliore, una vita che io non so immaginare.”
Così scriveva Anton Cechov in una delle sue lettere. E così abbiamo deciso di raccontare le paure, il senso di vuoto, la difficoltà di sognare della nostra generazione attraverso una drammaturgia originale che pone le sue fondamenta sui temi e i personaggi principali di “Zio Vanja”.
Biglietti:
INTERO 10,00 €
RIDOTTO studenti under 25: 8,00 €
ABBONAMENTO 3 SPETTACOLI: 18,00 €
PREVENDITE PRESSO:
I.A.T. SERVIZIO TURISTICO ASSOCIATO
06024 Gubbio (PG) Via della Repubblica, 15
Tel. 075 9220693 | info@iat.gubbio.pg.it
Info e Prenotazioni:
CENTRO TEATRALE UMBRO
Fraz. Goregge, 4 | 06024 Gubbio (PG)
Tel. 075 9258072 | Cell. 3474509248
info@centroteatraleumbro.i
Sabato 20 febbraio ore 21,00
Teatro comunale di Gubbio “LUCA RONCONI”
ARLECCHINO SERVITORE DI DUE PADRONI
tratto dalla commedia
Il servitore di due padroni
di Carlo Goldoni
Drammaturgia e regia Carlo Boso
Con
Davide Anzalone
Francesca Berardi
Marco Chiarabini
Erika Giacalone
Teo Guarini
Andrea Milano
Michele Pagliaroni
Arianna Primavera
Guido Targetti
Scene
Erica Marchetti
Luca Giombi
Erika Giacalone
Costumi
Sonja Signoretti
Maschere
Stefano Perocco
Produzione
Centro Teatrale Senigalliese
Comune di Senigallia
La commedia si svolge a Milano nel 1947 in casa di un vecchio imprenditore senza scrupoli dove si sta assistendo alla promessa di matrimonio tra sua figlia, Clarice, e Silvio, figlio di un politico romano. I due sono innamorati ed è una fortuna che possano promettersi, dato che Calogero Vizzini, notorio mafioso siciliano cui Clarice era destinata, è morto in una lite a causa della sorella di lui, Beatrice. Inaspettatamente, nella scena irrompe proprio Calogero Vizzini, venuto a Milano per incontrare la sua futura sposa. In realtà, colui che si presenta in casa degli allibiti personaggi è Beatrice Vizzini, sorella del defunto in vesti da uomo per poter andare in cerca di Lucky Lucania, boss della mala italoamericana e suo amante, fuggito a Milano in seguito al colpo mortale inferto di sua mano proprio a Calogero e che lei sta inseguendo. Tutti i personaggi saranno vittime delle bugie, dell’ingordigia e della scaltrezza dell’abile servitore Arlecchino, un reduce della campagna di Russia, che per svincolarsi da situazioni critiche, non fa altro che creare guai su guai. Arlecchino soffre la fame, mente, corteggia, ama, serve contemporaneamente due padroni, pasticcia la trama e la risolve, in un carosello fatto di lazzi, trovate di spirito e colpi di scena. La commedia è accompagnata da canti e musiche che spaziano dal blues, allo swing e ai grandi successi della tradizione italiana per il più grande coinvolgimento e divertimento del pubblico.
Lo spettacolo è adatto a tutta la famiglia.
Biglietti:
INTERO 10,00 €
RIDOTTO studenti under 25: 8,00 €
ABBONAMENTO 3 SPETTACOLI: 18,00 €
PREVENDITE PRESSO:
I.A.T. SERVIZIO TURISTICO ASSOCIATO
06024 Gubbio (PG) Via della Repubblica, 15
Tel. 075 9220693 | info@iat.gubbio.pg.it
Info e Prenotazioni:
CENTRO TEATRALE UMBRO
Fraz. Goregge, 4 | 06024 Gubbio (PG)
Tel. 075 9258072 | Cell. 3474509248
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Sabato 27 febbraio ore 21,00
Teatro comunale di Gubbio “LUCA RONCONI”
SIN AIRE
regia Silvana Pirone
con Sara Scarpati, Maria Teresa Vargas, Giovanni Granatina
costumi Gina Oliva
Finirà, prima o poi.
L’aria.
Quanto ne resta?
Senz’aria…
I contorni si dissolvono.
Entro in uno spazio più mio.
Ma chi c’è, qui con me?
Senz’aria…
Ma senz’aria forse stavo prima.
Prima di immergermi.
Prima di toccare il fondo di me.
Prima.
Quando ero al mio posto.
Quando ero in quello che dicevano era il mio posto.
Quando ero in quello che dicevano era il mio sogno.
Ma il mio sogno è questo? E’ davvero questo?
Bocca chiusa trattieni il fiato si va più in fondo.
Ho paura.
Devo tornare indietro.
A prendere un respiro.
Ma se torno indietro, avrò il coraggio di scendere di nuovo in fondo?
E guardarmi? Finalmente guardarmi?
Senz’aria.
Apnea necessaria.
Una donna. Una valigia. Un lino bianco e… polvere foglie sabbia. Le hanno chiesto di aspettare: ma il sorriso di quella speranza si dissolve in un respiro interrotto. C’è qualcuno con lei?
Sembra assurdo: la risposta è davanti ai nostri occhi, e non la vediamo.
C’è qualcuno con lei?
“ Shhh! Non puoi uscire… C’è troppo rumore…”
Biglietti:
INTERO 10,00 €
RIDOTTO studenti under 25: 8,00 €
ABBONAMENTO 3 SPETTACOLI: 18,00 €
PREVENDITE PRESSO:
I.A.T. SERVIZIO TURISTICO ASSOCIATO
06024 Gubbio (PG) Via della Repubblica, 15
Tel. 075 9220693 | info@iat.gubbio.pg.it
Info e Prenotazioni:
CENTRO TEATRALE UMBRO
Fraz. Goregge, 4 | 06024 Gubbio (PG)
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Domenica 14 febbraio ore 17,00
Teatro comunale di Gubbio “LUCA RONCONI”
OUT
Compagnia:
UnterWasser
Con:
Valeria Bianchi
Aurora Buzzetti
Stefan Andrei Balan
Ideazione, drammaturgia, regia, costruzione pupazzi, scene, costumi, suoni: Valeria Bianchi, Aurora Buzzetti, Giulia De Canio
Finalista Premio SCENARIOinfanzia2014
MENZIONE SPECIALE OSSERVATORIO STUDENTESCO
Selezione Visionari Kilowatt Festival 2015.
“Uno spettacolo bello e poetico, dove l’arte del teatro di figura può agevolmente uscire dalla tradizione per incamminarsi, come il bimbo protagonista della storia, verso nuovi orizzonti.” (M.Bianchi, EOLO)
OUT è il viaggio di iniziazione e formazione di un bambino che viene e-ducato (dal latino educere) cioè condotto fuori dalla sua casa, metafora delle sue certezze, e messo in relazione col mondo e con i suoi inevitabili contrasti. Il protagonista vive in un universo rassicurante, fatto di bianchi e di grigi, ha un petto-gabbia, dove tiene rinchiuso il suo cuore-uccellino, per paura che possa ferirsi o smarrirsi. Un giorno, però, il suo cuore decide di fuggire, costringendo il bambino ad uscire di casa per cercarlo.
OUT parla del passaggio dalla chiusura emotiva all’abbattimento delle barriere create da noi stessi per sentirci “al sicuro”. Questo tema è legato soprattutto al percorso di definizione della personalità che caratterizza il periodo di passaggio dall’infanzia all’adolescenza e ritorna continuamente, a diversi livelli e con diverse intensità, nel corso della vita di ognuno di noi.
OUT è uno spettacolo muto e visuale la cui estetica trae ispirazione da artisti come Mondrian, Calder, Rotkho, Folon, Steinberg, Escher. Utilizza la musica, i suoni e le onomatopee come amplificatori del sentimento e del significato. Il linguaggio poetico delle diverse tecniche utilizzate trasporta il pubblico in una dimensione onirica, trasmettendo il suo messaggio universale attraverso l’uso di archetipi
Biglietti:
INTERO 5,00 €
ABBONAMENTO 3 SPETTACOLI: 10,00 €
PREVENDITE PRESSO:
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06024 Gubbio (PG) Via della Repubblica, 15
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Domenica 21 febbraio ore 17,00
Teatro comunale di Gubbio “LUCA RONCONI”
GIU’ LE MANI DA NONNO TOMMASO
ispirato a “Nonno Tommaso”
scritto e illustrato da Stěpán Zavřel
ed. Bohem Press Italia s.r.l.
Regia: Fabiano Fantini
Attori: Roberto Pagura e Marta Riservato
Produzione: Molino Rosenkranz
Con Nonno Tommaso il tempo volava, persino durante le grigie giornate di pioggia. I passerotti del giardino diventavano uccelli tropicali e il pesce dell’acquario un drago fantastico e la vasca da bagno una nave che attraversa mari tempestosi. Il tempo scorreva felice, finchè non arrivarono gli Acchiappanonni…
Due attori, immagini e “pupazzi” per una storia magica e avventurosa, che tra le righe ci racconta del legame che unisce nonni e nipoti.
Stěpán Zavřel nato a Praga nel 1932, grande artista del ‘900 ha lasciato un segno profondo non solo nella Mitteleuropa, ma anche in Italia, in Friuli, in Veneto e in particolare a Sarmede, dove nel 1983 ha dato il via alla Mostra Internazionale dell’illustrazione per l’infanzia.
Biglietti:
INTERO 5,00 €
ABBONAMENTO 3 SPETTACOLI: 10,00 €
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Domenica 28 febbraio ore 17,00
Teatro comunale di Gubbio “LUCA RONCONI”
IL LIBRO DELLE OMBRE
Spettacolo di teatro d’attore, teatro d’ombre, lanterna magica
Prodotto da Teatro di Carta e Ombre Bianche Teatro
di e con Chiara Carlorosi, Marco Vergati
tecnico luci Martina Serpa
regia e drammaturgia Chiara Carlorosi e Marco Vergati
ispirato a “Storia straordinaria di Peter Schlemihl” di Adalbert von Chamisso
SPETTACOLO FINALISTA PLAYFESTIVAL 1.0 DI ROMA
La rappresentazione procede sospesa tra la fisicità del teatro d’attore e la magia del teatro d’ombre, strumento funzionale alla narrazione e integrato allo sviluppo drammaturgico del racconto. Al centro della scena l’enorme “Libro delle ombre” da cui i personaggi fuoriescono dando vita alla storia. La trama è ispirata al romanzo di Adalbert von Chamisso “Storia straordinaria di Peter Schlemihl”, in cui il protagonista scambia la propria ombra con una borsa prodigiosa da cui non si finisce mai di estrarre denaro.
L’ombra, per definizione attaccata alla persona, può rappresentare ciò che ognuno di noi ha di unico e irripetibile, vale a dire la propria individualità, la propria essenza, la personalità. La cessione dell’ombra del protagonista della storia è legata all’abbandono della sua passione, la scrittura, e della sua aspirazione, quella di diventare uno scrittore.
Al termine del percorso il giovane avrà imparato che non bisogna mai perdere di vista la strada dei propri sogni e che non si deve cedere alla tentazione di scorciatoie troppo facili.
Biglietti:
INTERO 5,00 €
ABBONAMENTO 3 SPETTACOLI: 10,00 €
PREVENDITE PRESSO:
I.A.T. SERVIZIO TURISTICO ASSOCIATO
06024 Gubbio (PG) Via della Repubblica, 15
Tel. 075 9220693 | info@iat.gubbio.pg.it
Info e Prenotazioni:
CENTRO TEATRALE UMBRO
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Dal 1 al 21 agosto
V Edizione
Laboratorio internazionale e permanente di alta formazione
IL CLOWN-ATTORE _ ALLA SCOPERTA DELLA FORZA DELLA CREATIVITÀ
Laboratorio intensivo e residenziale diretto da
VLADIMIR OLSHANSKY _ dal Cirque du Soleil
In questi 21 giorni di laboratorio intensivo e residenziale, a numero chiuso, gli allievi apprenderanno e svilupperanno i principi e i metodi delle tecniche del clown-attore, formeranno il carattere del proprio clown e creeranno un repertorio individuale.
Per partecipare è necessario inviare la propria candidatura entro il 15 aprile 2016 allegando il curriculum vitae e due foto. Successivamente è previsto un colloquio con Vladimir Olshansky.
L’arte della clownerie si basa su un elemento fondamentale: il clown-attore.
Figura eccentrica, spesso grottesca, il clown spazia dalla pantomima al teatro di parola, fondendo tecniche e stili diversi. Il nostro laboratorio ha lo scopo di far avvicinare gli attori a questa affascinante disciplina, di far scoprire e comprendere, attraverso una metodologia originale e di alto spessore tecnico le proprie risorse e il proprio talento comico. Si articolerà in tre settimane e terminerà con la presentazione dei lavori migliori emersi durante il percorso sotto forma di classe aperta, uno spettacolo-clown.
Spesso mi chiedono : a cosa serva l’arte del clown e come è possibile approfondirla?
La clownerie ci permette di stimolare la nostra creatività, di “trovare” inusuali soluzioni drammaturgiche, di ampliare il nostro repertorio e di arricchirlo di nuove idee e materiali originali.
Una master class intensiva e prolungata nel tempo è un’occasione unica per poter assaporare e comprendere profondamente quest’arte antica, sorprendente e dinamica.
“Alla fine degli anni Settanta, quando vinsi un premio a Mosca per le Arti dello Spettacolo, il mio sogno era quello di fondare un Teatro di Clown. Mi sono laureato alla Scuola del Circo di Mosca. Le mie idee sulla clownérie nascono dai Maestri del cinema muto: Charlie Chaplin, Max Linder e Buster Keaton, oltre ai leggendari registi russi Mejerchol’d e Vachtangov. Mentre studiavo arti circensi ho avuto modo di incontrare lo straordinario clown russo Leonid Engibarov, dal cui talento sono stato completamente sedotto. E’ stato il primo clown a combinare insieme l’Arte del Circo e il teatro. Me ne tornai, allora, a Pietroburgo con l’idea di un Teatro di Clown, con un clown-attore come protagonista. Insieme a un clown ora conosciutissimo e molto dotato, Slava Polunin, fondammo il Gruppo Clown “Lizidei”. Nel frattempo io misi in piedi il mio primo “one man show”, uno spettacolo con me unico attore clown, in cui possono riconoscersi le influenze artistiche sia di Beckett che di Robert Wilson. Nel 1997 sono stato invitato da Slava a recitare la parte del principale “clown giallo” nel suo “Snow show” al teatro Old Vic di Londra. I nostri rapporti non si sono mai interrotti. Alla fine degli anni 1990 con mio fratello Yury, regista ed attore, e Caterina Turi-Bicocchi, abbiamo fondato “Soccorso Clown”, un’organizzazione no-profit per attività artistiche e sociali. Abbiamo fatto esperienza come “hospital-clown” e lanciato questa nuova professione in Italia. Ho cominciato a lavorare al Cirque du Soleil come “guest -actor” in “Allegria” nel 2000. Ho lavorato con loro nelle tournées in Australia e Nuova Zelanda. Dopo una pausa la collaborazione è ripresa nel 2004 a New York, Philadelphia e Toronto. Il lavoro insieme al Cirque du Soleil mi ha indotto a inventarmi un nuovo spettacolo come clown-attore, “Strange Games”, in cui ho potuto in parte mettere in pratica alcune mie idee sulla clownérie. Poesia e commedia filosofica, comédie humaine e gioia della vita ne sono le fonti ispiratrici.”
Vladimir Olshansky
STRUTTURA DEL LABORATORIO
Sezione A:
L’arte del clown le sue origini e il suo utilizzo nel processo creativo personale.
Il significato dell’essere comico.
Slapstic, Buffonata, Excentrica, ecc…
Scoprire in se stessi le sorgenti nascoste della creatività:
L’Ego.
I Tre centri del corpo umano.
Le Cinque fasi del lavoro.
Cosa significa il Conflitto Comico e come crearlo.
Creazione del proprio carattere di clown.
Tre tipi di caratteri di clown: bianco, augusto, hobo. Il costume e il trucco
Sezione B:
Creazione del repertorio personale.
Utilizzo della commedia fisica: linguaggio del corpo e emozioni.
La sorgente della improvvisazione e il suo utilizzo: lavoro sull’impulso.
I principi del lavoro con un oggetto.
Lavoro solo.
“Offerta”(comunicazione con il partner).
Vladimir Olshansky
Ha ricevuto vari riconoscimenti per la sua attività tra i quali il Raul Wallemberg Humanitarian Award, New York ,USA; il Michelangelo Award, Firenze, Italia; l’Award come miglior show ed artista dall’Entratainment Festival di Mosca, Russia.
Info e Iscrizioni:
CENTRO TEATRALE UMBRO
Fraz. Goregge, 4 | 06024 Gubbio (PG)
Tel. 075 9258072 | Cell. 338 9788533
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Dal 3 al 12 giugno 2016
I NAUFRAGI
Personali, collettivi, simbolici. Sociali, reali.
Laboratorio residenziale e intensivo diretto da
CESAR BRIE
Per partecipare è necessario inviare CV e 2 foto entro il 30 aprile 2016.
Nel seminario si affronteranno, in diverse fasi, tutti i temi principali alla base della poetica di César Brie, con l’obiettivo di applicare un metodo che si propone di formare un attore-poeta nel senso etimologico del termine: colui che crea e fa.
“Cerco di far riflettere attraverso esercizi, sugli elementi che formano la scena e la presenza di uomini, oggetti e tempo sulla stessa.
Insegno a improvvisare, cioè, a stare in scena in modo sereno, calmo. A osservare e dialogare con gli altri. A raccontare, trovare le proprie parole per dire quello che si vuole dire. A dialogare con l’altro.”
Il laboratorio sarà articolato in diverse fasi:
lavoro fisico (l’impulso e la forma, percezione, azione e composizione)
l’improvvisazione (lo spazio e le relazioni)
il coro (l’intimo e il plurale)
l’immagine (la creazione di metafore e immagini sceniche)
il montaggio (rapporto immagine e testo)
César Brie nasce a Buenos Aires, Argentina. Arriva in Italia a 18 anni con la Comuna Baires, gruppo teatrale di cui è cofondatore, recitando in più produzioni, dirette da Renzo Casali e Liliana Duca. Con questo gruppo ha cominciato a sviluppare un’arte apolide, a stretto contatto con le molte realtà incontrate in una vita passata per scelta in esilio. Dopo il 1975 crea a Milano il Collettivo teatrale Tupac Amaru, tra gli spettacoli prodotti A Rincorrere il Sole, Ehi, in collaborazione con Danio Manfredini e E tentavano infine di scappare. Dal 1981 al 1990 lavora insieme a Iben Nagel Rasmussen nel Gruppo Farfa e poi nel Odin Teatret nelle vesti di autore, regista e attore. Tre, tra i titoli di questi anni: Matrimonio con Dio e Talabot con la regia di Eugenio Barba e Il Paese di nod, regia e drammaturgia di César Brie. Poi da solo Il Mare in Tasca, Torneranno i miei figlie e con Naira Gonzalez Romeo e Giulietta. A seguito di queste esperienze nel 1991, fonda in Bolivia il Teatro de Los Andes col quale crea spettacoli che partono dalla storia o dai classici, ma calati profondamente nell’attualità: una serie di lavori esemplari destinati a girare il mondo (Ubu in Bolivia, Solo gli ingenui muoiono d’amore, I Sandali del Tempo, Dentro un sole giallo, Fagile, Otra vez Marcelo… l’Iliade, L Odisea). Su L’Iliade hanno scritto “Ci sono spettacoli – pochi, imprevedibili – che incantano e s’imprimono nella memoria come un’esperienza irripetibile. Gli spettatori se li raccontano a distanza di anni alimentandone il mito. L’Iliade del Teatro de Los Andes è uno di questi (….). Presentato in mezzo mondo, ha ovunque trascinato pubblico e critica in un consenso unanime, facendo gridare al capolavoro. Quasi duecento repliche in due anni. Tutti i temi del teatro di Brie sembrano fondersi qui in una profonda riflessione sulla violenza e sul tempo, nel tentativo di rivedere la tragedia antica alla luce della propria storia”. (Fernando Marchiori).
César Brie partecipa anche ad altre produzioni, come autore o regista: Il cielo degli altri, realizzato in Italia con gli attori del Teatro Setaccio; Zio Vanja di Anton Cechov, di cui cura la regia insieme a Isadora Angelini; Todos los ausentes, realizzato a Santiago del Cile con l’attore Hector Noguera del Teatro Camino; scrive I clienti, con la regia di Giancarlo Gentilucci per Arti e Spettacolo.
Dal 2010 in Italia crea Albero senza Ombra e 120 chili di jazz, Karamazov, Indolore, Il Vecchio Principe, La Mite, Viva l’Italia testo di R. Scarpetti di cui cura la regia. Nel 2015 debutta con lo spettacolo Ero.
Info e Iscrizioni:
CENTRO TEATRALE UMBRO
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TEATRO VALDOCA
Laboratori residenziali e selettivi
per attori, performer e danzatori
primo laboratorio 22/26 giugno 2016
secondo laboratorio 29 giugno/3 luglio 2016
direzione Cesare Ronconi
parole Mariangela Gualtieri
movimento Lucia Palladino
I due laboratori costituiranno momento di incontro per la costituzione di un gruppo di lavoro in vista di un nuovo progetto in progress di Teatro Valdoca. Saranno privilegiati i candidati che stanno iniziando il proprio percorso e sono desiderosi di una forte esperienza formativa.
RIVOLTATE LE INGIURIE FATENE PEZZI SERENI
RIVOLTATE LO SGUARDO IL
PENTIMENTO, RIVOLTATE LE BRACCIA
I PARAMENTI LE INSEGNE
SPEZZATE LE OSSA
NON TRANGUGIATE NON DORMITE
TENETEVI ALL’ERTA
CERCHIATE LA VITA. FATECI UN SEGNO.
…TORNATE. TORNATE TUTTI, NON SI PUÒ
STARE MORTI PER SEMPRE.
Mariangela Gualtieri da ‘Antenata’ _1992
Temi del lavoro
parola / ascolto poetico
la qualità del respiro
la capacità d’ascolto
potenza acustica della parola pronunciata
potenza acustica del silenzio all’interno del testo poetico
la mente alleata, la mente che intralcia
uso del microfono
studio dei poeti
il canto
corpo / movimento
sequenze
il riscaldamento e il risveglio del corpo fino a percepire l’architettura e l’energia del proprio movimento
la ricerca del movimento corale
esercitare il corpo all’abbraccio e all’ascolto
perfezionare la fluidità delle sequenze ritmiche di movimento
percepire il suono nello spazio in cui si agisce
ascoltare ciò che vive tra le cose e le persone
testi del lavoro
poesie d’amore
«L’attore, nel suo duplice darsi come singolarità e come coro, è sempre al di qua o al di là dell’azione, al di qua o al di là della parola, lontano dalla norma della vita e della lingua corrente, fra sub-umano – fatto di animalità e deformità – e sovrumano, in oracolarità e spirito eroico. L’attore non obbedisce ad un progetto ma con il suo allerta, con la sua attenzione, deve portarsi in salvo continuamente, trovare in ogni istante una via d’uscita: uscita da sé, nel vuoto che è chiamato ad abitare, come uno spossessato, in trasfigurazione. Allora il trucco con cui ritualmente segno sempre viso e corpo dell’attore, è manovra di semplificazione della fisionomia, guida al cancellamento dei connotati, alla trasfigurazione. È il trucco che usa la fisionomia dell’attore. Il trucco non si appone come aggiunta o mascheramento, ma risulta essere l’ultima membrana fra l’attore e il proprio silenzio, fra l’attore e il proprio niente, la propria totale nullità. Il trucco è sempre un velo da cui, sotto una certa angolatura, si sprigiona una nudità nella quale lo spettatore può vedere rispecchiato l’umano.
Ciò che l’attore incarnerà sulla scena, non si dà per aggiunta ma è cosa che giace nelle profondità dell’attore stesso, nel remoto del suo sangue. Da quelle profondità, da quella sepoltura, regista e attore chiamano un modo dell’essere, come si chiama uno spettro e di nuovo l’attore gli dà voce, sangue e respiro. L’attore può divagare continuamente ma non può evitare il combattimento.»
(Cesare Ronconi per Culture Teatrali n.25)
Modalità d’iscrizione
Gli interessati dovranno inviare via email:
• due foto, una in primo piano e una a figura intera in formato jpg o tif dal peso complessivo massimo di 800 KB
• un CV sintetico (in formato word) in cui siano indicate le esperienze artistiche e teatrali
• una breve lettera motivazionale (sempre in formato word), indirizzata a Cesare Ronconi
La mail dovrà pervenire all’indirizzo info@centroteatraleumbro.it entro e non oltre il 15 maggio 2016, specificando a quale dei due laboratori si intende iscriversi.
In base ai CV ricevuti Cesare Ronconi selezionerà i 16 partecipanti per ogni sessione.
L’esito della selezione sarà comunicato ai candidati entro il primo giugno 2016
Info e Iscrizioni:
CENTRO TEATRALE UMBRO
Fraz. Goregge, 4 | 06024 Gubbio (PG)
Tel. 075 9258072 | Cell. 338 9788533
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Dal 2 al 11 settembre 2016
LABORATORIO TEATRALE
a cura di DANIO MANFREDINI
Per partecipare è necessario inviare CV e 2 foto entro il 15 luglio 2016.
Contenuti e obiettivi del laboratorio
Un laboratorio a partire da Danio Manfredini e dalla sua personale esperienza artistica che si basa sulla ricerca delle possibilità espressive dell’attore, figura che egli concepisce come creatore, come materia viva il cui estro nasce da un profondo lavoro su di sé, dalla sua intimità e consapevolezza.Il corpo come luogo fondamentale di ascolto ed espressione, esplorazione della vocalità, esplorazione della memoria emotiva come aspetti del training preparatorio dell’attore. Considerazione delle fondamentali convenzioni appartenenti all’arte del teatro e consapevolezza del disegno complessivo che conduce alla recitazione di un’opera teatrale.
Ogni partecipante dovrà portare un monologo estrapolato da testi pubblicati di teatro classico o contemporaneo (autori pubblicati entro l’anno 2000).
Si richiede inoltre a ogni partecipante la conoscenza della parabola degli accadimenti dell’opera di cui fa parte il monologo. I brani di recitazione saranno materiale di studio per gli allievi e verranno utilizzati come mezzo d’approccio alle opere teatrali, in un processo di scoperta che contempli la pratica del “non conosciuto”, intesa come avvicinamento all’atto della creazione scenica.
Danio Manfredini (Casalbuttano, 1957)
Si è formato con César Brie e Iben Nagel Rasmussen, è cresciuto nell’ambiente dei centri sociali, ha lavorato a lungo anche in strutture psichiatriche. Nel corso di quasi vent’anni ha prodotto rari e preziosi spettacoli, dove spesso recita solo, costruiti attraverso un feroce lavoro su di sé, un maniacale perfezionismo, una grammatica drammaturgica e gestuale complessa e raffinata ma di immediata comunicatività ed efficacia: tra di essi, La crociata dei bambini da Brecht (1984), Miracolo della rosa da Genet (1988), La vergogna (1990), Tre studi per una crocifissione (1997), nume tutelare Francis Bacon, e Al presente, più scopertamente autobiografico, che ha debuttato al Festival di Santarcangelo nel 1999. Di recente ha collaborato con Raffaella Giordano (alla drammaturgia) e con Pippo Delbono (come attore e cantante).
Nel teatro italiano rappresenta una luminosa eccezione. Il suo è un percorso artistico eccentrico, i suoi lavori non sono prodotti più o meno riusciti, ma organismi viventi, che nascono, crescono e poi – forse – muoiono, quando il loro autore percepisce che l’energia che li animava si è spenta, oppure ha preso un’altra direzione e ha bisogno di una nuova forma. Il suo non è solo teatro, o meglio la scoperta – quasi il “miracolo” – di uno dei teatri possibili. E’ pittura, perché nei suoi gesti minimi e ineluttabili si condensano insieme la traiettoria della mano che traccia il segno e il segno stesso. E’ danza, nel ritmo e nella concatenazione dei movimenti, nell’occupazione dello spazio. E’ poesia, nella riflessione sulla marginalità e sul diverso che costituisce forse il filo rosso di tutto il suo percorso: sofferta e mai esibita, che rifugge da ogni sentimentalismo e banalità.
Li mostra di rado, i suoi spettacoli, perché sono viaggi nell’amore e nel dolore, scavi dentro di sé e dentro la propria ricerca dell’altro, e avvilirli nella routine delle repliche e delle tournée sarebbe un inutile spreco, quasi un oltraggio.
Se però parlate con molti degli artefici e degli appassionati del nuovo teatro italiano, scoprirete che Danio è un maestro segreto, che nei suoi seminari ha segnato numerose carriere artistiche: con il suo rigore, la sua esperienza, la sua saggezza, e ovviamente una competenza acquisita attraverso anni di prove, di improvvisazioni e di ricombinazioni drammaturgiche. Ma è soprattutto la sua integrità di artista a offrire un esempio e un punto di riferimento importante per tutti.
Info e Iscrizioni:
CENTRO TEATRALE UMBRO
Fraz. Goregge, 4 | 06024 Gubbio (PG)
Tel. 075 9258072 | Cell. 338 9788533
www.centroteatraleumbro.it | info@centroteatraleumbro.it
Dal 6 al 10 luglio 2016
GLI DEI. GLI UOMINI. IL TEATRO.
Laboratorio teatrale per attori e drammaturghi
a cura di ANDREA DE ROSA
Per partecipare è necessario inviare il materiale richiesto entro il 5 giugno 2016.
Il laboratorio sarà incentrato sul rapporto teatrale tra gli uomini e gli Dei. Fin dalla nascita del teatro, infatti, gli Dei sono stati una presenza costante, ingombrante, necessaria della nostra storia teatrale e culturale. Ma come osserva giustamente Nietzsche, gli Dei della Grecia sono immortali ma non eterni. A differenza del Dio del monoteismo essi sono nati. Possiedono una vita, tutt’altro che statica e indifferente. Non soffrono ma sono travolti dalle passioni. Sono a fianco a noi ma nello stesso tempo irreparabilmente lontani. Il teatro greco ha avuto bisogno di questi personaggi, li ha messi in scena per provare a comprenderli, ma soprattutto per provare a comprendere, attraverso di loro, il mistero degli uomini, il loro stare al mondo senza spiegazioni. Quanto a questo grande mistero, purtroppo, ancora oggi siamo nella stessa condizione dei greci. Dio è morto, per sempre. Eppure la risposta al grande mistero della vita non è stato neppure sfiorato. Il teatro non può far resuscitare i morti, neanche se sono Dei, ma può continuare a interrogare quei personaggi e quei testi, alla ricerca di qualcosa che valga.
Il materiale drammaturgico sarà suddiviso nelle seguenti categorie:
Gli dèi:
– Dèi gelosi di Dèi. (Era, Afrodite, etc.)
– Dèi gelosi degli uomini (Atteone, etc.)
– Dèi che non tollerano la tracotanza degli uomini. (Prometeo, etc.)
– Il terrore come manifestazione del divino. Uomini che non riescono a
sostenere la vista degli dèi (Semele, Tiresia, etc.).
– La meraviglia, lo stupore come manifestazione del divino. Forme che gli dèi
assumono per entrare in contatto con gli uomini: cigno (leda), toro (europa),
pioggia d’oro (danae), etc
– Il rito come manifestazione del divino. Dioniso. Lontano dalla terra ma non
abbastanza da sparire dall’orizzonte degli uomini. Il monte Olimpo.
– L’invocazione del divino. La potenza negativa della parola. La maledizione
(Teseo maledice Ippolito, Edipo maledice Polinice, Ecuba “maledice” Zeus
(nelle Troiane), etc.)
Il Dio unico:
– Il Dio creatore (la Genesi)
– Il Dio che scrive (Mosè)
– Il Dio che muore (“La ricotta” di Pasolini)
– Il Dio che non parla (“Il grande Inquisitore” di Dostoevskij)
– Il Dio dell’estasi (santa Teresa d’Avila)
Risvolti comici:
– Il miracolo. La preghiera. La “grazia”. (lo sketch in cui Massimo Troisi chiede la
grazia a San Gennaro per vincere al lotto)
I partecipanti riceveranno preventivamente dei testi da studiare.
Per la selezione si richiede:
– curriculum vitae
– due fotografie (primo piano e figura intera)
– eventuale presentazione video (gradita ma non obbligatoria – di durata non
superiore al minuto)
Il materiale richiesto è da inviare a info@centroteatraleumbro.it entro il 5 giugno.
Si prega di specificare in modo dettagliato se si è in grado di leggere la musica, di suonare uno strumento musicale o di cantare.
INVIARE LA PROPRIA CANDIDATURA ENTRO E NON OLTRE IL 5 GIUGNO 2016
ANDREA DE ROSA
Laureato in Filosofia nel 1994, ha cominciato la sua attività di regista dirigendo vari cortometraggi tra i quali Appunti per una fenomenologia della visione, premiato al Festival Internazionale Cinema Giovani di Torino. Nel 2014 realizza con Idomeneo di Mozart la sua prima regia operistica e da allora alterna costantemente il suo lavoro fra prosa e opera lirica. In campo operistico ha spaziato dal Novecento con Curlew river di Britten,Satyricon di Maderna e un trittico per il Sao Carlos di Lisbona (Sancta Susanna,Erwartung e, in prima mondiale assoluta, Il dissoluto assolto di Azio Corghi su libretto di José Saramago) al melodramma ottocentesco con Macbeth, L’elisir d’amore a Copenhagen, Maria Stuarda al San Carlo di Napoli e Don Pasquale, disponibile in DVD, nato nel 2006 a Piacenza e ripreso a Madrid nel 2013, sempre sotto la direzione Riccardo Muti con il quale collabora ancora al Festival di Pentecoste di Salisburgo 2008 con Il matrimonio inaspettato di Paisiello. Nel campo della prosa le sue prime produzioni sono caratterizzate da un grande interesse per i personaggi tragici: Encomio di Elena tratto dal testo del filosofo sofista Gorgia da Lentini, Le Troiane di Euripide, Il decimo anno da Euripide ed Eschilo, Elettra di von Hofmannsthal, Maria Stuart di Schiller, Molly Sweeney di Brian Friel, La Tempesta e Macbeth di Shakespeare. Dal Dicembre del 2008 al maggio 2011 è stato direttore del Teatro Stabile di Napoli per il quale, oltre alla Tempesta, ha messo in scena Tutto ciò che è grande è nella Tempesta, sull’opera di Martin Heidegger, il maggiore filosofo del Novecento. Nel giugno del 2011, per il Teatro Stabile e il Teatro Regio di Torino, ha curato la regia di Manfred di G.G.Byron, nell’edizione teatrale completa, con le musiche di R. Schumann dirette da Gianandrea Noseda e ancora a Torino per lo Stabile ha diretto Macbeth, con il quale è stato in tournèe nel 2012 e 2013 nei maggiori teatri italiani. Successivamente ha diretto Norma per l’Opera di Roma alle Terme di Caracalla e Studi sul Simposio di Platone per il Teatro di Modena. Tra i suoi impegni recenti e futuri: la ripresa di Studi sul Simposio al Franco Parenti di Milano, l’inaugurazione della Stagione a Sao Paulo con Il trovatore,Falstaff allo stabile di Torino (un suo adattamento dall’Enrico IV ed Enrico Vshakespiriani), l’inaugurazione della Stagione alla Fenice con Simon Boccanegrasotto la direzione di Myung Whun Chung, il dittico Goyescas e Suor Angelica al Regio Torino in coproduzione con il Comunale di Firenze e il San Carlo di Napoli,Luisa Miller a Napoli e Fedra di Seneca a Modena, Reggio Emilia, Bologna e Torino, Simon Boccanegra a Genova e a San Pietroburgo.
Info e Iscrizioni:
CENTRO TEATRALE UMBRO
Fraz. Goregge, 4 | 06024 Gubbio (PG)
Tel. 075 9258072 | Cell. 338 9788533
www.centroteatraleumbro.it | info@centroteatraleumbro.it
IL GIARDINO DEI CILIEGI
Nella stanza dei bambini
Atelier di creazione teatrale condotto da Alessandro Serra
Compagnia Teatropersona
25 | 26 | 27 | 28 | 29 agosto 2016
“Ipoeti sostengono che noi ritroviamo in un attimo ciò che siamo stati un tempo rientrando in quella tal casa,
in quel tale giardino dove eravamo vissuti da giovani.
Si tratta di pellegrinaggi molto rischiosi e a seguito dei quali si contano altrettante delusioni che successi.”
Marcel Proust
PREMESSA
La Camera che ancora oggi è chiamata dei bambini.
Così inizia il giardino dei ciliegi ed è già l’indicazione fondamentale. Tra poco arriveranno gli abitanti di quella stanza: hanno viaggiato molto, hanno vissuto e dissipato la loro vita, sono invecchiati, ma restano pur sempre bambini.
Il sentimento che pervade l’opera non ha a che fare con la nostalgia o con i rimpianti quanto piuttosto con qualcosa di indissolubilmente legato all’infanzia quanto certi organi che non esistono più nell’uomo adulto.
Cechov non è un attore, è un medico. Avvezzo a curare persone e non personaggi. Non scrive copioni ma partiture musicali per anime.
Il giardino dei ciliegi è una danza di anime, un valzerino allegro.
Non vi è alcun tono elegiaco, è vita condensata: si dice, si agisce. Non c’è trama, non accade nulla, tutto è nei personaggi.
Un teatro musicale la cui partitura è iscritta nelle azioni e nelle parole.
I dialoghi sono monologhi interiori che si intrecciano e si attraversano. Tutto è dialogo, ogni parola possiede i colori di chi la dice ma anche quelli di colui al quale è rivolta.
I gesti e le voci degli attori che agiscono e parlano si nutrono degli altri. Un unico respiro, un’unica voce. Affinché lo spettatore arrivi a chiedersi nel segreto: ma chi è che parla? Come la voce che accompagna la magia di Charlotta che, scrive Cechov, proviene da sotto il pavimento e non da lei.
Infondere densità alla scena, allo sfondo.
Ascoltare. Non fingere di.
Stare come attore e come personaggio, nello stesso momento.
Per fare ciò occorre risvegliare la memoria fisica, quella involontaria delle membra.
Ciò che il corpo non sa di sapere.
Distillare la vita.
In coro.
Nel teatro di Anton Cechov non si interpretano personaggi ma moltitudini.
FASE PREPARATIVA
Ogni attore dovrà leggere Il giardino dei Ciliegi di Anton Cechov possibilmente nella traduzione di Angelo Maria Ripellino o di Clara Strada Janovic, e impararne a memoria una piccola parte.
Quindi dovrà portare con sé:
1. Indumenti comodi per il training
2. Quaderno per gli appunti
3. Un abito completo con accessori per vestire uno dei personaggi della commedia
4. Una vecchia valigia di qualsiasi dimensione
5. Un oggetto preso dalla propria stanza d’infanzia che non sia un giocattolo.
6. Una fonte luminosa
L’ATELIER
Allenamento
Riscaldamento fisico
Relazione tra il bacino e la colonna vertebrale: gestione e direzione dell’energia
Scrivere con il corpo, esercizi di composizione.
Gestione del peso e dell’equilibrio
La voce: canto e polifonia
Il coro
Creazione
Analisi del testo
Costruzione e composizione: rapporto fra attore, personaggio e figura
Gli oggetti: rapporto tra attore, oggetto e spazio scenico
Drammaturgia dell’immagine: comporre e costruire la scena
La luce: relazione carnale tra attore e fonti luminose
ALESSANDRO SERRA si avvicina giovanissimo al teatro attraverso gli esercizi di trascrizione per la scena delle opere cinematografiche di Ingmar Bergman e la pratica delle arti marziali. Studia come attore inizialmente avvicinandosi alle azioni fisiche e ai canti vibratori di Grotowski, per poi arrivare alle leggi oggettive del movimento di scena trascritte da Mejercho’ld e Decroux. Nel frattempo si laurea in Arti e Scienze dello Spettacolo all’Università la Sapienza di Roma con una tesi sulla drammaturgia dell’immagine. Nel 1999 fonda la Compagnia Teatropersona, con la quale comincia a mettere in scena i propri spettacoli che scrive e dirige, creandone le scene, i costumi, le luci e i suoni. Negli ultimi anni il lavoro di ricerca sulla scena come puro fatto materico si è concretizzato nella creazione di una “trilogia del silenzio”, in cui la drammaturgia è praticata quale vero e proprio espianto di aure dalle opere letterarie di Samuel Beckett, Bruno Schulz e Marcel Proust. Nel 2009 crea la sua prima opera per l’infanzia, “Il Principe Mezzanotte”, presentato in oltre duecento repliche in Italia e all’estero. Teatropersona ha portato in tournée i propri spettacoli in Italia, Francia, Svizzera, Corea, Germania, Russia, Spagna, Polonia.
Negli ultimi anni collabora come regista ospite con la compagnia Accademia Arte della Diversità di Bolzano e con il Teatro di Sardegna.
Creazioni: 2000 Nella città di K | 2003 Cechov non ha dimenticato | 2005 Theresienstadt | 2006 Beckett Box (Premio europeo Beckett & Puppet) | 2008 Il Principe Mezzanotte (Premio dell’Osservatorio critico degli studenti al Premio Scenario Infanzia) | 2009 Trattato dei manichini (Premio ETI Nuove Creatività; Premio Lia Lapini di scrittura di scena) | 2011 AURE | 2013 Il Grande Viaggio (Premio del pubblico al FIT Festival di Lugano)| 2014 MACBETTU (studio vocale) | 2015 L’ ombra della sera; H+G con gli attori dell’Accademia Arte della Diversità.
Info e Iscrizioni:
CENTRO TEATRALE UMBRO
Fraz. Goregge, 4 | 06024 Gubbio (PG)
Tel. 075 9258072 | Cell. 338 9788533
www.centroteatraleumbro.it | info@centroteatraleumbro.it
Da 13 al 17 luglio 2016
CARLO BOSO
L’ARTE DELLA COMMEDIA
Il laboratorio della durata di cinque giorni si rivolge a tutti coloro che intendano approfondire la conoscenza sia teorica che attoriale della Commedia dell’Arte.
La Commedia dell’Arte si appoggia su uno stile di rappresentazione totale, sul gioco d’ensemble, sul virtuosismo e l’istinto drammaturgico dell’attore. Ad un attore di Commedia si richiedono qualità d’interprete, mimo, musico, acrobata, ballerino e improvvisatore.
Struttura del laboratorio:
Introduzione storica alla Commedia dell’Arte
Studio e pratica delle tecniche espressive della Maschera
Principi di drammaturgia
Improvvisazione
Attitudini dei tipi della Commedia
Carlo Boso
Nato a Vicenza nel 1946, Carlo Boso si è diplomato alla scuola del Piccolo Teatro di Milano. Ha partecipato alla realizzazione di opere teatrali dirette da diversi registi, tra i quali Massimo Castri, Peppino de Filippo, Dario Fo, Giorgio Strehler, Ferruccio Soleri. Fondatore del TAG Teatro, in qualità di drammaturgo e regista ha scritto e diretto spettacoli, che sono stati rappresentati nei principali Festival internazionali. Ha curato inoltre la regia di testi di Brecht, Shakespeare, Goldoni, Molière, Racine, Genet, Büchner, Dario Fo, Carlo Gozzi. È stato direttore artistico del Festival di Montmartre a Paris, del Festival di Carcassonne, del Carnevale di Venezia e di Milano Aperta. Nel 2004 ha fondato l’AIDAS (Académie Internationale Des Arts du Spectacle) che ha sede a Versailles.
Info e Iscrizioni:
CENTRO TEATRALE UMBRO
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Dal 20 al 24 Luglio
ELENA BUCCI
VIAGGIO IN ITALIA
NEL CUORE DEL TEMPO DEL SOGNO
pensando a William Shakespeare
Stage residenziale e intensivo con Elena Bucci – Compagnia Le belle bandiere
Non mi abituo all’ampiezza e alla profondità dell’opera di Shakespeare e ogni volta trovo nuove ispirazioni che mi dimostrano quanto importante sia per le comunità la funzione del teatro, quando la si tenga cara e nella giusta considerazione: trasforma il coro spesso inespresso delle molte voci della storia in materiale poetico sempre vivo che ci aiuta a comprendere il presente, ma non solo. E siamo alla prima trasformazione del tempo in sogno: attraverso i testi e la scia di emozione che hanno lasciato nell’aria gli attori, i secoli passati diventano un ponte verso palcoscenici lontani nei quali possiamo incontrare chi non è più, sentire il profumo di altre epoche e studiare quello che siamo.
Questa ricca raccolta di materiali, realizzata attraverso il lavoro e il talento di un poeta e di un uomo di teatro che sapeva ascoltare e raccogliere la voce di molti e registrare la sapienza della scrittura scenica dei suoi attori – in teatro si è a volte ladri inoffensivi che rubano per restituire – sarà la nostra sala dei giochi nella quale approfondire la questione del tempo e del sogno, tanto importante in scena, ma forse anche nella vita:
come diventarne padroni, quanto si possa annullare, espandere e contrarre il tempo, come il sogno possa guidarci alla ricerca di materiali autobiografici, come possano entrambi danzare con la nostra azione e diventare ritmo e testo.
Nel cuore del tempo e del sogno, il tempo e il suo scorrere, il sogno e il suo sparire non ci sgomentano ma ci guidano.
Si metterà a punto una forma di riscaldamento fisico e vocale adatto ai partecipanti per recuperare concentrazione e capacità di creazione.
Si lavorerà poi sui testi e sulla loro libera elaborazione, passando dalla lettura, all’improvvisazione e alla riscrittura con l’intento di arrivare alla realizzazione di una sequenza il cui montaggio risulterà dal lavoro collettivo del gruppo stesso.
Si consiglia:
di leggere o rileggere qualche parte dell’opera di Shakespeare, con molta libertà,
di portare abiti comodi ma non sportivi che comprendano pantaloni e gonne, sia per le signore che per i signori,
di avere con sé carta e penna.
Elena Bucci
Regista, attrice, autrice, Elena Bucci ha fatto parte del nucleo storico del Teatro di Leo di Leo de Berardinis partecipando a tutti gli spettacoli, da King Lear a Il ritorno di Scaramouche. Ha lavorato tra gli altri con Mario Martone e Claudio Morganti. Fonda con Marco Sgrosso la compagnia Le Belle Bandiere con sede a Bologna e a Russi (Ra), per la quale creano spettacoli, progetti e rassegne per la comunicazione tra le arti e contribuiscono con eventi alla riapertura di nuovi spazi e del Teatro Comunale di Russi. Cura regia, drammaturgia e allestimento di spettacoli distribuiti nei più importanti teatri nazionali (dal Teatro di Roma al Teatro dell’Elfo di Milano alla Pergola di Firenze) e all’estero (recente il passaggio dal Teatro Nazionale di Pechino e Mosca) e nei quali è spesso in scena. Spazia da riletture di testi classici in chiave contemporanea – tra gli altri: Macbeth, Hedda Gabler, Locandiera, Antigone, L’Amante, Delirio a due, Santa Giovanna dei Macelli fino al cechoviano Svenimenti e al più recente La Canzone di Giasone e Medea – a drammaturgie basate sulla commistione dei codici artistici spesso in musica – come: Bambini, azioni di teatro pittura e luce (ideato con Davide Reviati e Claudio Ballestracci, Santarcangelo dei Teatri) Smemorantide, Colloqui con la Cattiva Dea (musiche di Simone Zanchini, Ravenna Festival) – e a scritture originali – tra le quali: Non sentire il male/dedicato a Eleonora Duse, Barnum, In canto e in veglia (vincitore I Teatri del Sacro 2013), La pazzia di Isabella/vita e morte dei Comici Gelosi (con Marco Sgrosso), Bimba/inseguendo Laura Betti, Vite altrove/maestre dentro e fuori scena (produzione Radio 3) – molti dei quali realizzati in collaborazione con Teatri Nazionali come ERT, Teatro della Toscana, Teatri di Rilevante Interesse Culturale (in particolare il Centro Teatrale Bresciano, ma anche Mercadante di Napoli e Metastasio di Prato), Festival, Fondazioni, Università e altre compagnie. Cura regìe per Ravenna Festival, collaborando con Nevio Spadoni e Luigi Ceccarelli come Galla Placidia, Francesca da Rimini e Byron e Teresa (con Chiara Muti), Le Apocalissi (con Massimo Cacciari), recita in Tenebrae, opera di Adriano Guarnieri per la regia di Cristina Mazzavillani Muti, scrive e interpreta Folia Shakesperiana (con Chiara Muti). E’ stata la prima interprete italiana di Medea di Benda, progetto e direzione musicale di Manlio Benzi per il quale dirige anche Tempesta e Sogno di una notte di mezz’estate. Si occupa anche di formazione presso scuole e accademie e cura progetti speciali di trasmissione dell’arte teatrale. Attraversa cinema (Corsicato, Guadagnino, Pretolani, Valli, Sordillo) e radio nazionali. Si aggiudica, tra gli altri, il premio Ubu, il premio Eti Olimpici per il teatro, il premio Hystrio Altre Muse.
Info e Iscrizioni:
CENTRO TEATRALE UMBRO
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I PARADISI PERDUTILaboratori 2015 Festival “Di umanità si tratta” VIII Edizione
Posted by Centro Teatrale Umbro on Domenica 26 luglio 2015
Dal 14 al 18 settembre
LA NOTTE OSCURA DELL’ANIMA
Laboratorio per attori professionisti a cura di
PIERPAOLO SEPE
C’è un volo, un sogno, un lontano da sè dove andare. Create qualcosa che ancora non esiste. Raggiungete le vette più alte e pericolose. Ed io sarò lì a tenervi la mano.
Un lavoro intensivo e residenziale, un incontro ravvicinato con un regista che ha fatto della sperimentazione il suo tratto distintivo.
Bando di selezione – scadenza 7 AGOSTO 2016
per partecipare inviare curriculum aggiornato e n° 2 foto a:
info@centroteatraleumbro.it
indicando nell’oggetto: selezione stage Sepe.
Pierpaolo Sepe inizia la sua attività di regista teatrale nel 1991, e da allora ha firmato oltre cinquanta regie. Nel 1997 inizia una collaborazione artistica con il centro di produzione teatrale Nuovo Teatro Nuovo di Napoli, in atto ancora oggi. Nel 2005 vince il Premio Flaiano come miglior regista teatrale; nel 2012 l’Associazione Nazionali dei Critici di Teatro gli assegna il Premio della Critica 2012 per la regia de “Le Cinque Rose di Jennifer”; vincitore, sempre nel 2012, del MArteAwards, premio italiano all’innovazione artistica, per la regia di Anna Cappelli con Maria Paiato. Nella stagione 2013/2014 i teatri italiani ospitano le sue ultime due regie: SIK SIK di Eduardo de Filippo, con Benedetto Casillo – presentato al Festival Benevento Città Spettacolo – e MEDEA di Seneca, con Maria Paiato, che apre in prima assoluta la stagione del Piccolo Teatro di Milano. Firma negli ultimi anni:, ZIO VANJA di Cechov, CRAVE di Sarah Kane per il Napoli Teatro Festival 2015 e IL SERVO di Robin Maugham per il Napoli Teatro Festival 2016. Amante ed esploratore della drammaturgia contemporanea, propone un teatro con evidenti finalità politiche e sociali, alla continua ricerca di nuovi linguaggi espressivi. Convinto sostenitore della centralità dell’attore, auspica un teatro figlio di una reale collaborazione tra i ruoli.
Info e Iscrizioni:
CENTRO TEATRALE UMBRO
Fraz. Goregge, 4 | 06024 Gubbio (PG)
Tel. 075 9258072 | Cell. 338 9788533
www.centroteatraleumbro.it | info@centroteatraleumbro.it
Sabato 12 novembre ore 21,00
Teatro comunale di Gubbio “LUCA RONCONI”
IO, MAI NIENTE CON NESSUNO AVEVO FATTO.
scritto e diretto da Joele Anastasi
con Joele Anastasi, Enrico Sortino, Federica Carruba Toscano
scene e costumi Giulio Villaggio
disegno luci Joele Anastasi
aiuto regia Nicole Calligaris
foto Dalila Romeo
video Davide Maria Marucci Giuseppe Cardaci
graphic designer Giuseppe Cardaci
ufficio stampa leStaffette
produzione Progetto Goldstein
co-produzione Vuccirìa Teatro
Un paesino di Sicilia, fine anni ‘80. Due cugini tentano di combattere il loro destino per sognare, lei di lasciare quell’isola che li culla e li affoga, lui di amare liberamente un uomo. Come in una tragedia antica va espiata la colpa di chi si ribella e il giovane puro è sporcato dallo spettro dell’Hiv. Lui che ‘mai niente con nessuno aveva fatto’ s’infetta d’amore.
San Diego International Fringe Festival 2014. Roma Fringe Festival 2013. Stazioni D’Emergenza Teatro Stabile D’Innovazione Galleria Toledo Napoli. Festival Direction Under 30 Teatro Sociale Gualtieri.
Biglietti:
TEATRO CONTEMPORANEO € 10,00
Ridotto per studenti e fino a 25 anni € 8,00
In abbonamento 3 spettacoli € 18,00
FAMIGLIE A TEATRO BIGLIETTO UNICO € 5,00
Per la Rassegna Famiglie a Teatro i posti non sono numerati.
Per lo spettacolo IL PRINCIPE MEZZANOTTE è previsto un pubblico massimo di 100 persone.
PREVENDITA PRESSO:
I.A.T. Servizio Turistico Associato
06024 Gubbio Via della Repubblica, 15
0759220693 – info@iat.gubbio.pg
INFO E PRENOTAZIONI:
info@centroteatraleumbro.i
Tel./Fax 0759258072
Cell. 3389788533 – 3477161585
FUORI TRACCIA è una tappa del progetto triennale denominato URA _ Umbria Residenze Arte, è realizzato con il sostegno del Mibact, della Regione Umbria e del Comune di Gubbio. La Seconda Edizione è patrocinata dalla Commissione Pari Opportunità del Comune di Gubbio.
Sabato 19 novembre ore 21,00
Teatro comunale di Gubbio “LUCA RONCONI”
NIENTE PANICO.
*vaneggiamenti di un patafisico involontario
spettacolo, testo, canzoni e voci varie di Luca Avagliano
luci a cura di Marco Santambrogio
scena a cura Eva Sgro’
elaborazione audio Tommaso Andreini
confronto in amicizia sul testo Astutillo Smeriglia
la canzone “Filumè” è stata musicata da Michele Maione
residenza, sostegno organizzativo Simone Martini per Kanterstrasse (Terranuova B.ni – AR)
ospitalità per la residenza torinese Piattaforma Co.H (Torino)
“Un incontenibile flusso d’incoscienza spazia dalla poesia al catechismo, dalla scienza alla saggezza popolare, dalla psicanalisi all’equitazione, dall’amore a… gli alieni, forse unica via d’uscita e di salvezza, anche se, restando fermo immobile in attesa di un raggio traente, è facile farsi prendere dal panico… magari basterebbe correre per non farsi prendere, e, uscendo, potrebbe anche accorgersi di non essere così solo nell’universo.”
Biglietti:
TEATRO CONTEMPORANEO € 10,00
Ridotto per studenti e fino a 25 anni € 8,00
In abbonamento 3 spettacoli € 18,00
FAMIGLIE A TEATRO BIGLIETTO UNICO € 5,00
Per la Rassegna Famiglie a Teatro i posti non sono numerati.
Per lo spettacolo IL PRINCIPE MEZZANOTTE è previsto un pubblico massimo di 100 persone.
PREVENDITA PRESSO:
I.A.T. Servizio Turistico Associato
06024 Gubbio Via della Repubblica, 15
0759220693 – info@iat.gubbio.pg
INFO E PRENOTAZIONI:
info@centroteatraleumbro.i
Tel./Fax 0759258072
Cell. 3389788533 – 3477161585
FUORI TRACCIA è una tappa del progetto triennale denominato URA _ Umbria Residenze Arte, è realizzato con il sostegno del Mibact, della Regione Umbria e del Comune di Gubbio. La Seconda Edizione è patrocinata dalla Commissione Pari Opportunità del Comune di Gubbio.
Sabato 26 novembre ore 21,00
Teatro comunale di Gubbio “LUCA RONCONI”
DUE PASSI SONO.
di Carullo-Minasi
regia, testi ed interpretazione di Giuseppe Carullo e Cristiana Minasi
scene e costumi Cinzia Muscolino
disegno luci Roberto Bonaventura
aiuto regia Roberto Bitto
produzione Carullo-Minasi e Il Castello di Sancio Panza
“…Essi si sarebbero svegliati e si sarebbero affrettati a baciarsi l’un l’altro,
affrettandosi ad amare, avendo coscienza che i giorni sono brevi,
che era tutto quello che rimaneva loro.
Si sarebbero affrettati ad amare
per spegnere la grande tristezza che era nei loro cuori (…)”
F. Dostoevskij
“Un uomo e una donna si ritrovano sul grande palco dell’esistenza, nascosti nel loro mistero di vita che li riduce dentro uno spazio sempre più stretto, dall’arredamento essenziale, stranamente ingigantito, alla stregua dell’immaginario dei bimbi in fase febbricitante. Sembrano essere chiusi in una scatoletta di metallo, asettica e sorda alle bellezze di cui sono potenziali portatori, ma un “balzo” aprirà la custodia del loro carillon.”
Premio Scenario per Ustica 2011 / Premio In-Box 2012 / Premio Internazionale T. Pomodoro 2013
Biglietti:
TEATRO CONTEMPORANEO € 10,00
Ridotto per studenti e fino a 25 anni € 8,00
In abbonamento 3 spettacoli € 18,00
FAMIGLIE A TEATRO BIGLIETTO UNICO € 5,00
Per la Rassegna Famiglie a Teatro i posti non sono numerati.
Per lo spettacolo IL PRINCIPE MEZZANOTTE è previsto un pubblico massimo di 100 persone.
PREVENDITA PRESSO:
I.A.T. Servizio Turistico Associato
06024 Gubbio Via della Repubblica, 15
0759220693 – info@iat.gubbio.pg
INFO E PRENOTAZIONI:
info@centroteatraleumbro.i
Tel./Fax 0759258072
Cell. 3389788533 – 3477161585
FUORI TRACCIA è una tappa del progetto triennale denominato URA _ Umbria Residenze Arte, è realizzato con il sostegno del Mibact, della Regione Umbria e del Comune di Gubbio. La Seconda Edizione è patrocinata dalla Commissione Pari Opportunità del Comune di Gubbio.
Domenica 13 novembre ore 17,00
Teatro comunale di Gubbio “LUCA RONCONI”
DOTTOR JEKYLL E MISTER HYDE.
i buoni lo pensano, i cattivi lo fanno
uno spettacolo comico senza parole di Francesco Niccolini
molto liberamente ispirato
al romanzo di Robert Louis Stevenson “Lo strano caso del Dottor Jekyll e Mister Hyde”
agli omicidi di Benjamin Barker, meglio noto come Sweeney Todd
e al cattivo effetto del caffè sulla popolazione anglosassone
con Dario Cadei e Fabrizio Pugliese
drammaturgia e regia: Francesco Niccolini
musiche originali Leone Marco Bartolo
scene Pamela Giunco e Stefania Giunco
costumi Cristina Mileti
luci Otto Marco Mercante
consulenza alla regia Giuseppe Semeraro
“Jekyll è un medico grigio, annoiato, ossessionato dai sensi di colpa, pieno di inibizioni, eppure colmo di ogni tipo di desiderio vietato. Fa esperimenti e genera un altro se stesso, mister Hyde, che mette in pratica tutto ciò che il dottore vorrebbe fare. Il risultato è una storia dove si ride con gusto di ciò che è vietato ridere.”
Biglietti:
TEATRO CONTEMPORANEO € 10,00
Ridotto per studenti e fino a 25 anni € 8,00
In abbonamento 3 spettacoli € 18,00
FAMIGLIE A TEATRO BIGLIETTO UNICO € 5,00
Per la Rassegna Famiglie a Teatro i posti non sono numerati.
Per lo spettacolo IL PRINCIPE MEZZANOTTE è previsto un pubblico massimo di 100 persone.
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Domenica 20 novembre ore 17,00
Teatro comunale di Gubbio “LUCA RONCONI”
IL PRINCIPE MEZZANOTTE.
di Alessandro Serra
con Andrea Castellano, Massimiliano Donato, Silvia Valsesia
regia, scene, luci: Alessandro Serra
Realizzazione ombre: Chiara Carlorosi
Produzione: Compagnia Teatropersona | Accademia Perduta Romagna Teatri
“C’è una volta un principe, dico c’è perché mica è morto poveretto, un principe di nome Mezzanotte, nato a mezzanotte e perdutamente innamorato del buio e delle stelle… Non ci resta che entrare nel castello se vogliamo sapere come andrà a finire, sì, proprio attraverso il comò, ve l’ho detto che è magico, non temete, il principe è molto ospitale…”
SPETTACOLO FINALISTA PREMIO SCENARIO INFANZIA 2008 / PREMIATO COME MIGLIOR SPETTACOLO DALL’OSSERVATORIO CRITICO DEGLI STUDENTI
Biglietti:
TEATRO CONTEMPORANEO € 10,00
Ridotto per studenti e fino a 25 anni € 8,00
In abbonamento 3 spettacoli € 18,00
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Domenica 27 novembre ore 17,00
Teatro comunale di Gubbio “LUCA RONCONI”
CHENDITRI’. L’albero delle caramelle
Regia: Obsoleta Teatro Drammaturgia: Greta Marzano
In scena: Natasha Czertok, Greta Marzano, Martina Pagliucoli
Musiche dal vivo: Enrico Scavo
Scenografie: Obsoleta Teatro con la collaborazione di Guerrino Guerra e di Giulia Osti per le animazioni grafiche.
“Langmann, mercante di caramelle, viaggia per collaudare la sua ultima invenzione: la Caramellina, un seme che in pochissimo tempo fa nascere gigantesche piante caramellose; il governo di Balalla lo autorizza a impossessarsi di tutte le terre del paese per piantare i suoi “ChendiTree”. Che ne sarà delle antiche piantagioni di Idrissa? Langmann riuscirà a trasformare l’intero paese in una fabbrica di caramelle?”
Biglietti:
TEATRO CONTEMPORANEO € 10,00
Ridotto per studenti e fino a 25 anni € 8,00
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Venerdì 10 novembre ore 21,00
Teatro comunale di Gubbio “LUCA RONCONI”
BUKOWSKI, a night with Hank
produzione TeatrodeiLimoni
di D. Francesco Nikzad
diretto e interpretato da Roberto Galano
Vincitore Premio Miglior testo – Festival Voci dell’Animacene e costumi Giulio Villaggio
Io non sono Bukowski. Charles non era Bukowski. E nessuno sarà mai Bukowski. C’è qualcosa nascosto, protetto dai litri di alcol che marciscono nel fegato, dalle scopate, dalle perversioni e l’odio per una mondo pieno di figli di puttana. Qualcosa di così puro che può appartenere solo a un angelo. Ma gli angeli non esistono, e se esistono hanno le ali di carta che si bagnano alla prima goccia di pioggia. Esiste, invece, una notte che divide il mito dello scrittore dal fragile ubriacone perdente. Una notte sola. Soltanto lui e il suo piccolo uccello azzurro nel cuore. Una notte con Hank.
Trailer: http://www.youtube.com/watch?v=e3T-P1VoNcY
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TEATRO CONTEMPORANEO € 10,00
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Sabato 18 novembre ore 21,00
Teatro comunale di Gubbio “LUCA RONCONI”
PROMIS LEND
di e con Catia Caramia e Andrea Bettaglio
2050: l’Italia è uscita dall’Europa. Due italiani, Antonietta dalla Puglia e Giampierferdinando dalla Lombardia sono stati selezionati attraverso il bando “Presto in Europa”, per il soggiorno nel Confino alle porte del Continente, con periodo di osservazione a tempo indeterminato. Lì, i due italiani si ritroveranno ad affrontare una serie di prove per dimostrare la loro idoneità a rientrare in Europa. In questo limbo affioreranno personaggi grotteschi che accompagneranno i due viaggiatori nella loro attesa.
Biglietti:
TEATRO CONTEMPORANEO € 10,00
Ridotto per studenti e fino a 25 anni € 8,00
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Venerdì 24 novembre ore 21,00
Teatro comunale di Gubbio “LUCA RONCONI”
ELLIS ISLAND
di e con Maurizio Igor Meta
in “creation residency” presso La MaMa Experimental Theatre New York
coproduzione La MaMa Umbria International, URA_Centro Teatrale Umbro
con il sostegno di Kilowatt Festival, Qui e Ora Residenza Teatrale
in collaborazione con La Corte Ospitale
scena, costumi, luci, suono, video Maurizio Igor Meta
collaborazione scena e costumi Alessandra Bonanni
collaborazione suono e musiche originali Danilo Valsecchi
Ellis Island è il Viaggio della Vita.
Il 19 novembre 2015 sono partito in nave cargo dal porto di Napoli per ripercorrere i passi del mio bisnonno che, nel novembre del 1890, decise di partire per gli Stati Uniti, dove lavorò, pala e piccone, per la Pennsylvania Railroad. Partendo dalle sensazioni avute nel ripercorrere il suo cammino e combinandole con le ricerche storiche sulla vita degli immigrati italiani, ho costruito una drammaturgia che evoca il momento della partenza, il viaggio in nave, l’arrivo ad Ellis Island, la fatica sulle rotaie, fino al ritorno all’Origine, in un Viaggio epico e poetico.
Biglietti:
TEATRO CONTEMPORANEO € 10,00
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Domenica 12 novembre ore 17,00
Teatro comunale di Gubbio “LUCA RONCONI”
TICINA, mani di corteccia
un progetto de
Il Teatro nel Baule
MENZIONE SPECIALE PREMIO SCENARIO INFANZIA 2017
PREMIO GIURIA OMBRA
da un’idea di Luca Di Tommaso
drammaturgia e regia: Sebastiano Coticelli, Simona Di Maio, Luca Di Tommaso
con: Sebastiano Coticelli, Simona Di Maio, Luca Di Tommaso e Dimitri Tetta
assistente alla regia: Carla Guardascione
costumi: Gina Oliva
disegno luci: Paco Summonte
produzione Il Teatro nel Baule e I Teatrini / in coproduzione con L’Asilo
Solitaria, silenziosa, Ticina vive in una dimora scura, circondata da oggetti che appaiono e scompaiono, suoni sconosciuti e misteriose creature. Ticina è buffa, strana, diversa, ma come tutti desidera trovare un amico.
L’incontro con un altro essere, molto diverso da lei, l’aiuterà a vedere il mondo da un’altra prospettiva, e scoprirà che anche le cose apparentemente più dolorose, guardate con gli occhi dell’amore, possono rivelarsi meravigliose.
Biglietti:
TEATRO CONTEMPORANEO € 10,00
Ridotto per studenti e fino a 25 anni € 8,00
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Domenica 19 novembre ore 17,00
Teatro comunale di Gubbio “LUCA RONCONI”
La Sirenetta. Una fiaba per voce e percussioni
Compagnia Tomassini Laviano
Da Hans Christian Andersen
Progetto, adattamento scenico e narrazione Alessandra Tomassini
Drammaturgia sonora eseguita dal vivo Alfredo Laviano
Disegno luci Vincenzo De Angelis
Scenotecnica Gioacchino Gramolini
Costumi Oro Nero Creazioni
Progetto vincitore del BandoNazionale URA_Residenze Arte Centro Teatrale Umbro – MiBACT
Spettacolo realizzato in collaborazione con Associazione Teatrale La Fabbica dei Sogni.
“In alto mare l’acqua è azzurra come i petali del più bel fiordaliso e limpida come il cristallo più puro…” La Sirenetta, fiaba di H. C. Andersen, proposta da Alessandra Tomassini e Alfredo Laviano nasce dal loro incontro artistico e dal desiderio di misurarsi con l’arte della fiaba, scegliendo di utilizzare la tecnica della narrazione orale, della potenza evocativa del gesto e della parola in un dialogo tra voce e strumenti a percussione, intento a creare paesaggi sonori del mondo marino e di quello interiore dei protagonisti.
Biglietti:
TEATRO CONTEMPORANEO € 10,00
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Domenica 26 novembre ore 17,00
Teatro comunale di Gubbio “LUCA RONCONI”
TU ME FAIS TOURNER LA TETE
MattatoioSospeso
Idea e regia: Marco Mannucci
Di e con: Saverio Abate (Camilo Clown), Marco Mannucci, Marina Romondia, Gabriele Savarese
Violino: Gabriele Savarese / Matteo Gallus
Collaborazione alla drammaturgia: Marina Romondia
Collaborazione artistica: Emanuela Dall’Aglio, Marina Romondia
Scene e costumi: Emanuela Dall’Aglio
Disegno luci: Andrea Berselli
Tecnica: Andrea Berselli Maurizio Coroni, Fannie Laurent
Decori: Franck Brueil
Realizzazione video: Lavinia Baroni
Con il sostegno di:
Terre di circo / Mirabilia (IT), La Grainerie (FR), Gare à Coulisses (FR), La Corte Ospitale, (IT) La Città del teatro (IT), Crowdart (B)
In scena un vecchio Chagall: la fine sarà l’inizio.
Un uomo che cerca eternamente di ritrovare il suo amore perduto, la moglie Bella della “Promenade”, ma non ci riesce perché lei non c’è più.
Forse in sogno diviene possibile inseguire, ricreare quell’amore, quel ricordo. Ma i sogni spesso si trasformano in incubi.
Il nostro vecchio Chagall diverrà marionettista, costruttore dei suoi stessi sogni. Un sorta di malinconico demiurgo di un divertito sogno dove incontrerà Bella e il suo alter-ego, quel giovane Chagall innamorato che non esiste più.
O forse lassù in volo c’è ancora speranza… perchè la perdita forse non è la fine ma nuovo inizio…
Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=F6ZS6QSVH8c
Biglietti:
TEATRO CONTEMPORANEO € 10,00
Ridotto per studenti e fino a 25 anni € 8,00
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Sabato 1 dicembre ore 21,00
Teatro comunale di Gubbio Luca Ronconi
CAIPIRINHA, CAIPIRINHA!
produzione Taverna Est Teatro con il sostegno di Nostos Teatro e Ex Asilo Filangieri
regia e drammaturgia Sara Sole Notarbartolo
con Peppe Papa, Giovanni Granatina, Fabio Rossi
costumi e allestimento Gina Oliva
disegno luci Paco Summonte
Siamo nel bar di Bob, a Roccapaduli, un non meglio precisato paesino del sud Italia. In questo bar abbiamo tre grandi amici:
Bob, il barman, ricco, colto, elegante, irresistibile. Ama Wilma e Wilma ama lui.
Walter, l’empatico. Progressista, poetico, dolcissimo, ha un lavoro precario e nient’altro. Ama Wilma e Wilma ama lui.
Vincenzo, l’uomo per bene. Ha un lavoro a tempo indeterminato, una bella casa, è cattolico, reazionario ma buono, soffre di attacchi di collera violenta. Ama Wilma e l’ha sposata. E Wilma ama lui. Semifinalista Premio In Box. Vincitore selezione Città Dolci- Residenza Idra.
Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=8jR0MvwoDlc
Biglietti:
TEATRO CONTEMPORANEO € 10,00
Ridotto per studenti e fino a 25 anni € 8,00
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FUORI TRACCIA è una tappa del progetto triennale denominato URA _ Umbria Residenze Arte, nell’ambito C.U.R.A. Centro Umbro di Residenze Artistiche, è realizzato con il sostegno del Mibact, della Regione Umbria e del Comune di Gubbio.
Sabato 8 dicembre ore 21,00
Teatro comunale di Gubbio Luca Ronconi
SUZANNE
produzione Le Città Visibili
regia, luci e spazio scenico Cesar Brie
Drammaturgia Tamara Balducci, Linda Gennari, Lorenzo Garozzo
ConTamara Balducci, Giacomo Ferraù, Linda Gennari
Sound Designer Marco Mantovan
Costumi Ree Do Lab di Cristiana Curreli
ScenografieMatteo Fiorini
Assistenti Vera Dalla Pasqua, Nicola Sorcinelli
La storia, realmente accaduta, è quella di Paul e Louise, che si innamorano e si separano a causa del primo conflitto mondiale. Paul decide di sottrarsi alla follia della guerra disertando, Louise lo nasconde e lo assiste, ma per lui inizia un lunghissimo periodo di clausura.
Una sera per poter uscire senza essere riconosciuto, indossa abiti femminili. Il travestimento, da semplice escamotage temporaneo, gli piace e si rivela l’inizio di una nuova vita.
La trasformazione di Paul in Suzanne diverrà infine somatica e profondamente psicologica. Finalista Bando Game3 Marche Teatro. Vincitore Borsa Teatrale Anna Pancirotti 2016.
Biglietti:
TEATRO CONTEMPORANEO € 10,00
Ridotto per studenti e fino a 25 anni € 8,00
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Sabato 15 dicembre ore 21,00
Teatro comunale di Gubbio Luca Ronconi
BANDIERINE AL VENTO
di Philipp Löhle
Regia: Toni Cafiero
in scena: Clara Setti _Silvio Barbiero_Marta Marchi_Emanuele Cerra
Traduzione testo: Nadja Grasselli
Scenografia e Costumi: Sandra Dekanic
Disegno Luci e Tecnica: Luca Brun
Coreografie: Maura Di Vietri
Progetto Grafico: Camilla Prosser
Video: Silvio Franceschet
Foto debutto: Mirko Piffer
Produzione: Evoè!Teatro
progetto realizzato con il sostegno di: Fondazione Caritro, Provincia Autonoma di Trento, Comune di Rovereto
in collaborazione con: Centro Servizi Culturali S.Chiarai
Lo spettacolo ha come tema la famiglia intesa come cellula economica di base della società, forma primitiva di organizzazione tra esseri umani. Si parte dalle aspirazioni, dai sogni, dalle idee dei suoi membri, raccontate al pubblico come fotografie d’infanzia di qualcosa che è stato nell’attimo in cui le porte del futuro si stavano per aprire. La trama è un continuo gioco di incidenze, circostanze, ribaltamenti. L’economia è il vento che fa muovere i personaggi, bandierine che cercano di stare insieme nonostante tutto.
Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=Q-lF-Ds81uM
Biglietti:
TEATRO CONTEMPORANEO € 10,00
Ridotto per studenti e fino a 25 anni € 8,00
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FAMIGLIE A TEATRO BIGLIETTO UNICO € 5,00
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I.A.T. Servizio Turistico Associato
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FUORI TRACCIA è una tappa del progetto triennale denominato URA _ Umbria Residenze Arte, nell’ambito C.U.R.A. Centro Umbro di Residenze Artistiche, è realizzato con il sostegno del Mibact, della Regione Umbria e del Comune di Gubbio.
Domenica 2 dicembre ore 17,00
Teatro comunale di Gubbio Luca Ronconi
LE GUARATTELLE DI PULCINELLA
di e con Luca Ronga
produzione La Bagattella
Le Guarattelle, con questo termine cinquecentesco, s’indica l’arte dei burattini napoletani.
Pulcinella – burattino affonda le sue origini nei primordi di quest’antica arte teatrale.
Usa la pivetta (strumento che si pone nel palato del burattinaio) di sicura e antichissima origine orientale. Interpreta brevi e animate scene ritmiche con un antagonista, i dialoghi, i movimenti e i giochi di parole sono ricchi di fraintendimenti e affermazioni assurde, elementi questi che rendono lo spettacolo surreale e poetico.
Biglietti:
TEATRO CONTEMPORANEO € 10,00
Ridotto per studenti e fino a 25 anni € 8,00
In abbonamento 3 spettacoli € 18,00
FAMIGLIE A TEATRO BIGLIETTO UNICO € 5,00
In abbonamento 3 spettacoli € 10,00
Per la Rassegna Famiglie a Teatro i posti non sono numerati.
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I.A.T. Servizio Turistico Associato
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FUORI TRACCIA è una tappa del progetto triennale denominato URA _ Umbria Residenze Arte, nell’ambito C.U.R.A. Centro Umbro di Residenze Artistiche, è realizzato con il sostegno del Mibact, della Regione Umbria e del Comune di Gubbio.
Domenica 9 dicembre ore 17,00
Teatro comunale di Gubbio Luca Ronconi
PLATO
di Andrea Menozzi, Francesco Marchesi e Christel Dicembre
con Andrea Menozzi
Regia: Francesco Marchesi Christel Dicembre
Luci: Sergio Taddei Davide Cavandoli
Scenografia: Christel Dicembre
Costumi: Marisa Gallingani
Tecnico: Davide Cavandoli
Falegnameria: Micheil Piscaer
Fotografie: Giandomenico Reverberi
Erica Spadaccini
Produzione collettiva del Teatro Bismantova, Teatro di Parpignol e Compagnia Circolabile
Una soffitta, una luce instabile, degli oggetti ammucchiati, dei meccanismi inverosimili, un uomo, Plato.
Plato sembra vivere da sempre da solo in questo universo, dove le sue invenzioni disegnano il suo quotidiano e le sue relazioni. Là, si è costruito la sua routine, i suoi doveri ed obblighi, le sue relazione, un alter ego.
Evolve in questa realtà dove ogni oggetto diventa parte di un rito vitale. La realtà è fatta di cose che conosciamo e dall’idea che ce ne costruiamo. Cosa succederebbe se Plato scoprisse il mondo esterno e gli essere umani?
Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=DaV98J9YX5E
Biglietti:
TEATRO CONTEMPORANEO € 10,00
Ridotto per studenti e fino a 25 anni € 8,00
In abbonamento 3 spettacoli € 18,00
FAMIGLIE A TEATRO BIGLIETTO UNICO € 5,00
In abbonamento 3 spettacoli € 10,00
Per la Rassegna Famiglie a Teatro i posti non sono numerati.
PREVENDITA PRESSO:
I.A.T. Servizio Turistico Associato
06024 Gubbio Via della Repubblica, 15
0759220693 – info@iat.gubbio.pg
INFO E PRENOTAZIONI:
info@centroteatraleumbro.i
Tel./Fax 0759258072
Cell. 3389788533 – 3477161585
FUORI TRACCIA è una tappa del progetto triennale denominato URA _ Umbria Residenze Arte, nell’ambito C.U.R.A. Centro Umbro di Residenze Artistiche, è realizzato con il sostegno del Mibact, della Regione Umbria e del Comune di Gubbio.
Domenica 16 dicembre ore 17,00
Teatro comunale di Gubbio Luca Ronconi
LUCA LUNA
testo e regia Sara Pessina
con Davide Rustioni
musiche Francesco Palmisano
video Simone Baldassari
organizzazione Federica Falgari
Produzione Teatro Ex Drogheria
Se ti chiami Luca, hai 7 anni e ti hanno detto che i tuoi genitori sono sulla Luna, l’unica cosa che desideri fare è rivederli e l’unico modo è dare inizio al Viaggio! Come si fa ad andare sulla Luna? Serve un’astronave. Come si fa a sopravvivere sulla Luna? Bisogna allenarsi a trattenere il fiato. Uno spettacolo divertente e delicato capace di parlare ai bambini della perdita, per far comprendere loro (ma probabilmente anche a noi grandi) come trasformare il dolore e renderlo risorsa. È qui che inizia davvero il Viaggio. Semifinalista Premio Scenario Infanzia 2017 Vincitore Premio Experimenta 2018.
Trailer: https://vimeo.com/250785287
Biglietti:
TEATRO CONTEMPORANEO € 10,00
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La residenza della Compagnia Luca Ronga s’è tenuta dal 5 al 19 novembre 2018
LA GRAMMATICA DEI BURATTINI
La tradizione e il contemporaneo
Durante i 15 giorni di residenza Luca Ronga ha indagato come i linguaggi contemporanei possano contaminare quelli tradizionali. I mezzi moderni, non solo quelli multimediali ma anche quelli legati alla formazione dell’attore e del gusto estetico, sono cambiati. La ricerca è stata direzionata a indagare come i linguaggi moderni possono influenzare le grammatiche tradizionali, per costruire un processo che crei:
La residenza della Compagnia Tony Clifton Circus s’è tenuta dal 7 al 21 aprile 2019
DAS KAPITAL – LE MIRABOLANTI AVVENTURE DEI FRATELLI MARX
Karl Marx, voce narrante di questa storia, parla con accento tedesco. Karl Marx è vestito con una casacca ed una pancia finta di babbo natale. Karl Marx puzza. Karl Marx beve le birrette.
Friedrich Marx è Friedrich Engels ma per ragioni di lavoro ha cambiato cognome. Friedrich parla poco e quando lo fa parla in francese.
Groucho Marx parla in inglese e borbotta, borbotta sempre.
I fratelli Marx sono un trio di saltimbanchi che vogliono fare solo il loro lavoro, perchè prima finiscono il lavoro prima potranno finalmente tornare alla loro vita. Ma il lavoro in realtà non finisce mai. Il loro lavoro diventa come una missione: vivono per dimostrare che se esiste un lavoro, il lavoro può finire un giorno.
La residenza della Compagnia Opera Bianco s’è tenuta dal 29 novembre al 13 dicembre 2018
ACT
Act è un lavoro che affronta il problema del ritmo dell’uomo in dialogo con il ritmo del mondo. Gli artisti hanno usato il clown come metafora della condizione umana. Opera Bianco ha scelto di lavorare a partire da uno spazio vuoto, da una coppia di performer che lavora su azioni fisiche comiche, slapstik e gag. Su questo tessuto ritmico, 2 danzatori hanno cercato l’essenza geometrica di un movimento sgraziato e libero dalla forma. La differenza dei linguaggi nello stesso spazio ha creato un dialogo ritmico, come musicisti con strumenti diversi per una stessa sinfonia. Un contrappunto continuo tra azioni concrete e movimenti astratti. Caduta, salto, sospensione. La caduta se vista sottosopra diventa un salto, un tentativo di volo.
La residenza della compagnia Caroline Baglioni e Michelangelo Bellani s’è tenuta dal 3 al 18 marzo 2019
SEMPRE VERDE
Sempre verde è il terzo elemento della Trilogia dei legami. Affronta quello che è forse il più complesso e affascinante tra i rapporti di sangue, ovvero quello tra Sorella e Fratello. Anche in queso caso le vicende interiori dei protagonisti sono emblema di un’epoca, quella contemporanea, e assumono un valore generazionale, i personaggi infatti incarnano sentimenti diffusi e contraddizioni del nostro tempo.
La residenza della Compagnia Lisca Teatro s’è tenuta dal 15 al 29 dicembre 2018
I POSTI DI SEMPRE
Una giovane donna in ricerca. Sola, suo malgrado, cerca una risposta ai propri fallimenti, un modo radicale per dare una svolta alla propria vita. Trova che l’unica soluzione per dare un senso all’esistenza sia nella condivisione di valori, pensieri, stili di vita: condurre le giornate nella socialità, per riempire il tempo e sconfiggere la solitudine. Da qui, la scelta di fondare una comunità.
Cosa intendiamo, quando diciamo “comunità”? È l’insieme di relazioni, rapporti linguistici e sociali, vincoli organizzativo-economici che regolano la vita di un ampio gruppo di persone. Nello specifico, può indicare un insieme di persone che scelgono di vivere sotto lo stesso tetto dandosi delle regole comuni. È stato proprio questa scelta radicale, il punto di partenza del lavoro di Lisca Teatro. Che cosa cerca chi sceglie di vivere in una comunità? Come cambia la sua vita? Trova quello che cerca? E, ancora: è possibile trovare un equilibrio tra identità dell’individuo e identità della comunità di appartenenza? È possibile vivere la comunità senza chiudersi al mondo?
La residenza della compagnia Civica Maagde s’è tenuta dal 26 maggio al 9 giugno 2019
VECCHI TEMPI
Nei quindici giorni di residenza la compagnia, nata dall’incontro artistico tra: Aurelia Cipollini, Giordano Agrusta, Dalila De Marco, Giacomo Martini, Camilla Violante Scheller e il regista Pierpaolo Sepe durante il workshop “Pinter Lab” tenutosi presso il Centro Teatrale Umbro, ha cercato di dare luce e forma ad un progetto che esiste, resiste e spinge per essere portato a compimento; Partendo e lavorando su molte delle opere di Harold Pinter, avvicinandosi in particolare a Vecchi Tempi.
Sabato 17 novembre
Prima replica ore 20:30 / Seconda replica ore 21:30
Lo spettacolo prevede un numero massimo di 30 spettatori a replica, è pertanto gradita la prenotazione.
Teatro comunale di Gubbio Luca Ronconi
ODISSEO, Viaggio nel Teatro
Musica e regia: Massimo Munaro
Collaborazione drammaturgica: Roberto Domeneghetti
con Chiara Elisa Rossini, Diana Ferrantini, Fiorella Tommasini, Alessio Papa, Silvia Massicci, Boris Ventura, Marina Carluccio, Katia Raguso
Costumi: Genny
Il viaggio di Odisseo è un viaggio circolare che presuppone una partenza ed un ritorno: da Itaca a Itaca. Questo viaggio possiede di fatto, piuttosto che uno svolgimento lineare, un andamento sincronico: tutto accade sempre contemporaneamente. Come in un sogno.
Nel Mare come nel Teatro non esiste un centro. E il Mare, come il Teatro, non lascia tracce.
Ma il Teatro è forse l’unico luogo al mondo in cui ciascuno può reincontrare i propri fantasmi e riconquistare così la sua Itaca.
Biglietti:
TEATRO CONTEMPORANEO € 10,00
Ridotto per studenti e fino a 25 anni € 8,00
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In abbonamento 3 spettacoli € 10,00
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Sabato 30 novembre ore 21,00
Teatro comunale di Gubbio Luca Ronconi
ANCHE SE CI DOVESSIMO ESTINGUERE Solitudine o vita comune?
produzione Compagnia Bonetti / Radice
regia e drammaturgia Noemi Radice
con Livia Bonetti
suoni Elena Radice
foto Matteo Colombo
Una giovane donna qualunque cerca di dare una svolta alla propria esistenza. La madre, il barista, la portinaia ci raccontano di lei, di come un giorno abbia deciso di sconfiggere la solitudine fondando una comunità: persone con cui condividere la propria casa, valori e regole.
Frammenti di vita abitano il grigiore della scena, in una monotona quotidianità di cui tutti i personaggi sono vittime inconsapevoli. Un alternarsi di solitudini: il pubblico, in silenzio e distante, è l’unico interlocutore possibile.
Biglietti:
TEATRO CONTEMPORANEO € 10,00
Ridotto per studenti e fino a 25 anni € 8,00
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Sabato 7 dicembre ore 21,00
Teatro comunale di Gubbio Luca Ronconi
UN PRINCIPE
produzione Compagnia Occhisulmondo
regia e drammaturgia Massimiliano Burini
assistente alla Matteo Svolacchia
con Daniele Aureli, Amedeo Carlo Capitanelli, Caterina Fiocchetti, Andriy Maslonkin, Greta Oldoni, Samuel Salamone, Matteo Slovacchia
costumi Francesco Marchetti “Skizzo”
realizzazione costumi Elsa CARLANI Cashmere
Lo spazio vuoto e sette attori. Evocare un momento preciso, nel quale lo spettatore insieme all’attore compie l’atto creativo attraverso l’immaginazione. C’è del marcio in Danimarca, c’è del marcio nella nostra società. Gli uomini dimenticano, troppo impegnati a compiere il loro cammino personale. Dimenticano e uno stato marcisce. Tutto è alla deriva, è la follia. Ognuno di noi è Un Principe, in lotta con la sua coscienza. Ognuno di noi è chiamato alla responsabilità. Essere o non essere. Tutto qui.
Biglietti:
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Domenica 17 novembre ore 17,00
Teatro comunale di Gubbio Luca Ronconi
IO ODIO PINOCCHIO
produzione Teatro della Juta
regia e drammaturgia Luca Zilovich
con Michele Puleio, Camilla Risso, Luca Zilovich
Originariamente Collodi aveva deciso di concludere il famoso romanzo con la morte del povero burattino. I personaggi principali della favola irromperanno nella vita “reale” di Collodi per costringerlo a cambiare il finale della storia. Carlo, rivivendo tutte le avventure di Pinocchio, arriverà ad odiarlo, così come odiamo ciò che in realtà ci somiglia. Collodi capirà la grande responsabilità del suo operato, scoprendo che la soluzione ai suoi guai è a portata di mano. Basta solo scriverla.
Biglietti:
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Domenica 1 dicembre ore 17,00
Teatro comunale di Gubbio Luca Ronconi
MAMMALUCCO. Opera Pop
produzione Compagnia Millimetroquadro
regia e drammaturgia Chiara Spoletini
con Stefano Moretti, Viviana Picariello, Anna Rita Gullacci, Roberta Sciortino
tecnico di regia Edoardo de Piccoli
“MAMMALUCCO Opera Pop” è il Paese delle Meraviglie di Luigi, che nella vita reale è un trentenne
con un ritardo che lo obbliga a formulare pensieri da bambino. Nella verità dei suoi sogni invece
può tutto. Diverso e disadattato, Luigi compie il viaggio del supereroe per poi ritrovarsi davanti alla verità, in una sorta di movimento circolare dove è la consapevolezza a fare la differenza tra
partenza e arrivo. Una storia di amicizia, a metà strada tra tradizione orale e tecnologia virtuale,
una contaminazione di stili, linguaggi e codici. Lo spettacolo regala carne ed ossa ai “pupi siciliani”
che da personaggio si fanno persona attraverso un salto di scala scenografico dove la profondità di spazio viene creata da video-proiezioni dell’immaginario personale del protagonista.
Biglietti:
TEATRO CONTEMPORANEO € 10,00
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Domenica 8 dicembre ore 17,00
Teatro comunale di Gubbio Luca Ronconi
MIA NONNA ERA UNA SIRENA
produzione Teatro di Onisio
regia e drammaturgia Fiorenza Montanari
con Fiorenza Montanari, Andrea Quatrini
operatore tecnico Davide Ferri
Mia nonna era una sirena è uno spettacolo teatrale che tratta in modo originale la favola della “sirenetta” di Hans Christian
Andersen, arricchita e personalizzata dal tema molto attuale dell’immigrazione.
La protagonista è una giovane ragazza croata di nome Mare che durante la seconda guerra mondiale, pur di fuggire in un luogo più sicuro, fa un patto con la perfida Strega del mare che, in cambio della sua voce, le trasforma le gambe in una coda di sirena. Solo il bacio del vero amore potrà rompere l’incantesimo.
Riuscirà così trasformata in sirena ad attraversare il mare e raggiungere le coste italiane? Riuscirà a trovare il vero amore? E la propria voce, riuscirà a riaverla?
Come in tutte le favole, l’amore trionfa sul male poichè la vera voce dell’amore non dipende dalla propria lingua o provenienza… l’amore moltiplica le voci mentre la guerra e l’odio le dimezza.
Biglietti:
TEATRO CONTEMPORANEO € 10,00
Ridotto per studenti e fino a 25 anni € 8,00
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La residenza di Paolo Mazzarelli s’è tenuta dal 10 al 25 luglio 2020
SOFFIAVENTO – UNA NAVIGAZIONE SOLITARIA CON ROTTA SU MACBETH
Un noto attore immaginario !Pippo Soffiavento! è in scena con la sua ultima interpretazione: il Macbeth di Shakespeare. Ma qualcosa va storto, lo spettacolo si interrompe, e l’attore è costretto a calare la maschera, mostrando al pubblico non più il personaggio, ma se stesso. Al posto del ritratto del mitico Re di Scozia, va quindi in scena un (auto)ritratto di colui che intendeva interpretarlo, ma col passare del tempo i ritratti dei due !impegnati entrambi a fare i conti col compiersi del loro destino!finiscono per confondersi, fino a quando Macbeth e Soffiavento si riveleranno essere due facce della stessa medaglia. La vanità, l’ambizione, la follia, il potere: che tu sia un artista o un re, che tu sia un tiranno o un attore, i nemici di un uomo sono gli stessi, e quando !al momento della resa dei conti!lo si capisce, è molto spesso troppo tardi. Diceva Carmelo Bene:“Macbeth è l’occasione di fare del grande teatro non teatrabile. E’l’impossibilità di stare sulla scena”. Una impossibilità che sembra sancita dallo stesso Macbeth il quale, mentre il sipario già si chiude sulla sua esistenza, prima paragona la sua parabola proprio a quella di “un attore che si gode la sua ora sulla scena, e poi non se ne sa più nulla”, poi invoca la fine gridando in faccia al suo destino le celebri battute “Soffia, vento! Vieni, naufragio!” che danno il titolo allo spettacolo. Eppure !è lo stesso Shakespeare che sembra dircelo!è proprio allora, quando il velo dell’io cade e ci si affaccia sul regno dell’impossibile, è proprio allora che può succedere !ad un attore, ad un re, ad un qualunque essere umano!di vedere e di vedersi. Ed è allora che, messo alle spalle il tempo dell’uomo, ha inizio talvolta quello del Teatro.
La residenza della Compagnia CAVE si è tenuta dal 6 al 19 ottobre 2020
L’ULTIMA
Questo progetto nasce da un’urgenza: dare corpo ad un grido, quello della natura, della terra, del pianeta che l’uomo ha sfibrato e – quasi – annientato.
Il percorso di ricerca si sta costruendo attraverso un’analisi approfondita della tematica ambientale attraverso convegni, conferenze, documentari, libri e saggi. Come poter però restituire attraverso il teatro questo tema così scientifico, tecnico e per certi aspetti freddo? Come ricondurre questa ricerca all’essere umano che si sta piano piano avvicinando ad un congedo dalla Grande Madre che l’ho ha generato, per trasformarla in atto teatrale?
Riteniamo che sia proprio nell’umano che il teatro cerca e racconta, quindi proprio lì abbiamo deciso di deviare la nostra indagine: tra le genti.
Attraverso un questionario rivolto a target molto diversi di persone (eremiti, uomini in carriera, madri, anziani di montagna, inoccupati, adolescenti di città ecc.) cerchiamo di scoprire quale sia la consapevolezza di quello che sta accadendo, il pensiero, la posizione.
Se uno dei motivi per i quali ci stiamo autoestinguendo è che siamo troppi ad abitare il pianeta, come mettere a tacere quell’indole naturale che spinge alla procreazione?
Se il progresso fino ad ora ha permesso di poter in una sola vita esplorare il mondo intero e arrivare fino alla luna, come e perché decidere di fare un passo indietro in nome di un futuro sostenibile?
Le domande da porsi e da porre sono infinite e complesse, ma riteniamo che cercare una risposta sia un dovere etico almeno per le generazioni future che avranno il diritto di chiedere: a cosa stavano pensando i nostri genitori mentre succedeva tutto questo?
Perché non si sono svegliati quando ne avevano la possibilità?
Attraverso questo materiale, verrà costruita una drammaturgia inedita che prevede un unico personaggio: l’ultima donna del pianeta.
A lei sarà affidato l’arduo compito di congedarsi dalla natura sarà questo un atto vandalico o dolcissimo? Sarà più la rabbia o la nostalgia a prevalere?
La residenza della Compagnia Cantiere Artaud si è tenuta dal 21 ottobre al 4 novembre 2020
L’ECO DELLA FALENA
Durante la residenza artistica la compagnia Cantiere Artaud si è concentrata su alcune singole scene dello spettacolo L’eco della falena, che in occasione della precedente messinscena sono risultate più deboli.
In particolare, gli artisti hanno lavorato sulla presenza fisica e l’energia del corpo, portando avanti un percorso sul cambio di ritmo e sull’intensità dei piccoli gesti. Il regista, Ciro Gallorano, ha mostrato a Sara Bonci una serie di immagini e fotografie cui ispirarsi nella creazione scenica. L’attrice ha rielaborato le
opere secondo l’armonia del suo corpo e ha cercato di riprodurle entrando in relazione con lo spazio e con gli oggetti. Le immagini sono servite da spunto e suggestione per creare delle improvvisazioni fisiche,
alcune delle quali sono state ridefinite e saranno aggiunte allo spettacolo.
Alcune scene sono state riprese con una videocamera, per avere la possibilità di riguardarle e correggersi durante le prove successive.
Ogni giorno questo lavoro è stato introdotto da sessioni di yoga e training fisico individuale, mirate ad accompagnare il corpo alla concentrazione.
Stare a contatto diretto con una natura incontaminata è stato utile per registrare voci e rumori ambientali, tracce che in un secondo momento verranno migliorate e rielaborate dal tecnico del suono.
Per raggiungere una maggiore consapevolezza di ciò che vuole essere evocare in scena, alcune mattinate sono state dedicate allo studio di nuovi testi (teorici e non) che hanno affrontato il tema chiave dello spettacolo, ossia il tempo come ricordo e memoria.
Ciro Gallorano, infine, ha chiarito tutti i passaggi dello spettacolo che sono cambiati in una drammaturgia definitiva. Con quest’ultima si intende, sì, l’insieme di parole recitate dall’interprete, ma soprattutto la “drammaturgia dell’immagine”, ossia le azioni, i movimenti, la descrizione dell’ambiente, l’entrata delle musiche, gli appunti relativi a luci e suoni, etc.
La residenza della Compagnia Buster & Alice Redini si è tenuta dal 27 ottobre al 10 novembre 2021
FAME – O DELL’AVERE I CRAMPI ALL’ANIMA
Resistere e guardare l’artista che resiste – in un tempo come questo – mi commuove e dispera allo stesso tempo. Qualcuno la chiama resilienza, io la chiamo fame.Nel 1890 il Premio Nobel Knut Hamsun decide di intitolare “Fame – Slut” un capolavoro di naturalismo visionario. La versione moderna e tragica dell’idillio anarchico-romantico del perdigiorno. Il protagonista, giornalista scrittore perdigiorno romantico, senza nessuna patina maudit e bohemien vive gli orrori di una quotidianità vissuta all’insegna della miseria.
La sua fame è il desiderio di arrivare a concludere qualcosa in questa sua vita disordinata, ma anche la fame intesa come bisogno di nutrimento per un corpo che inizia a dare segni di cedimento psico- fisico. Ossessionato dall’idea di “riuscire” e di non finire dimenticato e morente nei vicoli di Christiania come un qualsiasi accattone, vaga prima tra una pensione e l’altra e poi tra una panchina e l’altra, millantando un credito inesistente, arrendendosi pezzo a pezzo al disfacimento dei propri pensieri e delle proprie aspirazioni, con i pochi oggetti rimasti in suo possesso: un paio occhiali con montatura di ferro, una logora coperta e un mozzicone di matita.
A partire dall’immaginario del romanzo, vorrei concentrarmi sui temi della fame, della fatica dell’artista, del suo vagabondaggio solitario alla ricerca di un’idea. In un momento storico che ha interrotto le mie abitudini e le risorse, mi chiedo: sono ancora affamata del mio lavoro? È la fame che dà un senso al mio lavoro? Posso raccontare la mancanza di appetito?
Ripensando alla mia storia personale, andando a ritroso nella memoria, mi sono accorta che la mia fame – metaforica e non – o la sua assenza, o la sua troppa presenza, abbiano segnato momenti importanti del mio percorso. In un tempo così straordinario in cui la nostra inerzia è stata fermata da una pandemia mondiale, e oggi ci viene chiesto di ripartire – come si può – io non so dove andare, non ho direzione. Se prima c’erano i miei bisogni a orientarmi, ora sono insensibile anche alle esigenze primarie, quelle fisiologiche di cui di solito mi sono sempre fidata.
Mi sento proiettata verso il niente, o non proiettata. Ferma a guardare dietro di me tutte le macerie di quello che avrei potuto essere, di quello che sarei potuta diventare. Vorrei riscrivere Fame in modo originale e personale, mantenendo i toni tragicomici del romanzo e conservando fedelmente il dialogo che il protagonista intrattiene quotidianamente con Dio, suo quasi unico interlocutore e destinatario di sentimenti ora di speranza, ora di disperazione.
E darmi così la possibilità di uno scambio con il pubblico, che mi permetta di indagare insieme il nostro tempo e chiederci realmente di cosa siamo affamati. In un tempo che tutto brucia ma non scalda niente, in un tempo che ha perso la sua linearità facendoci perdere il senso, in un tempo che non riusciamo neanche a perdere, avendo perso pure lo spazio. [Alice Redini ]
La residenza di Pierpaolo Sepe e Valia La Rocca si è tenuta dal 13 al 28 novembre 2021
BRIGATA NAPOLI
Il progetto è volto alla costruzione di un percorso scenico ideato da tutti i componenti della compagnia, a ciascun partecipante verrà chiesto un sostanziale contributo alla stesura della drammaturgia e della partitura scenica. Il tutto affidato ad una drammaturga (Daniela Motella) che farà sintesi e coordinerà il materiale raccolto, armonizzandolo e sviluppandolo, nei termini della traiettoria stabilita. Otello è il testo da cui si parte ma solo per poterne estrarre degli elementi poetici che andranno a costruire suggestioni e conseguenze. Abbiamo scelto sei personaggi della tragedia scespiriana e a ciascun attore è stato affidato il compito di analizzare e di costruire un percorso da poter sviluppare, sempre in termini di conseguenze, per dare vita ad un personaggio e una storia originale, figlio della sensibilità dell’attore stesso.
Tutto il lavoro svolto confluirà in un primo copione originale che verrà sviluppato dalla drammaturga successivamente a questi quindici giorni di lavoro.
Il lavoro sarà guidato da Pierpaolo Sepe, regista, e Valia La Rocca, movimeti di scena.
Personaggi e interpreti: Francesca Barbieri (Emilia), Mario De Caro (Otello), Andrea Maffetti (Cassio), Elena Meoni (Roderigo), Marco Rivolta (Iago), Giulia Sanna (Dedemona).
La residenza di Associazione Culturale Gli Instabili si è tenuta dall’ 1 al 15 novembre 2021
ESPLODERE A COLORI
“Un uomo in cui la gioia o la collera o l’inquietudine dell’anima o l’improvvisa effervescenza delle idee libera un’energia che nessun gesto preciso può assorbire e possa esaurire nella sua causa …” (Paul Valery). Esplodere a colori nasce nell’osservare la scultura di Degas “Ballerina di quattordici anni” e dal desiderio di far scaturire un movimento possibile da quella condizione di staticità; un pensiero che amalgama una serie di sensazioni che risuonano sul piano individuale e collettivo e tende ad una riflessione sulla naturale esigenza di affermazione dell’uomo come individuo e come essere sociale in cui il movimento è sia un atto liberatorio, creativo, che un atto violento di sfogo e deflagrazione dell’io. Nella performance stasi e movimento si intrecciano e convivono per dare corpo e spazio alla vita, scegliendo di non sostare di fronte ad un apparente muro di impossibilità. Un atto intimo e rivoluzionario, un tentativo per aprirsi al mondo necessario per segnare una posizione nello spazio e nel tempo. Solo un intervento creativo può costruire un nuovo paesaggio per il singolo e per la comunità.
La residenza di Collettivo Z si è tenuta dal 17 al 31 maggio 2021
VERSO DI SE – DIVERSE
Il progetto consiste in una ricerca teatrale, fisica e testuale accompagnata dalla video art, che ha la potenzialità di rovesciare il mondo delle cose impossibili.
Lo spazio scenico è rappresentazione di un luogo astratto, disorientante dove non è presente uno scorrere del tempo lineare: spazio che si allarga e restringe a seconda della manipolazione scenografica e dell’utilizzo delle proiezioni video. Concretamente abbiamo scelto come luogo del racconto il mondo prima della nascita, ante-mondo dove vivono i protagonisti.
Le due figure che abitano in questo universo assurdo e in continuo cambiamento, provano a capire il senso della loro preesistenza e la ragione della loro attesa attraverso un costante confronto fra sé stesse, l’altra e lo spazio. Con uno stile comico/surreale, che sovverte le aspettative del pubblico, i due personaggi ci conducono all’interno di un mondo immaginato, finito e quindi paradossale.
La scenografia è pensata intorno all’oggetto porta, a quello spazio altro dove le nozioni del reale sono deformate e dove il valore e l’interpretazione delle cose è completamente diverso. Consiste essenzialmente in tre porte bianche montate a fisarmonica (vedi allegato foto). La porta centrale è l’unica montata su telaio, il quale permette la classica apertura. L’intera struttura è provvista di ruote che la rendono mobile.
Il video proiettato sulle porte, inteso come parte della narrazione, non è abbellimento, forma o estetismo. Le linee guida della scenografia digitale sono quelle del dialogo con le interpreti e con lo spazio altro. L’obiettivo è quello di comporre una performance multidisciplinare che possa trasformare l’immaginazione dello spettatore in sorgente di gioco e possibilità. Questa necessità nasce dalla riflessione e dall’osservazione dell’attuale stato di “altro spazio” (virtuale) in cui si trova la nostra società a causa della crisi pandemica.
La residenza di Henna Teatro si è tenuta dal 5 al 19 giugno 2021
ORIGAMI – ATTESE DI CARTA
Origami – Attese di carta è una commedia drammatica che indaga il delicato tema del suicidio giovanile e si ispira alla storia de Il Mago di Oz. La semplicità comunicativa, il percorso di formazione chiaro e universale di una giovane che potrebbe essere chiunque, porta a una semplice domanda: una volta arrivati alla consapevolezza delle proprie mancanze, cosa succede? Quando Dorothy torna nel Kansas cosa succede? Il ritorno non è mai facile. Un treno, simbolo per eccellenza del viaggio, ci accompagna in questo percorso, l’attesa di una coincidenza e un treno in transito. I treni in transito sono quelli che fanno più paura. Ecco la linea gialla e quanti hanno osato attraversala: Cosa gli è passato per la testa? Cosa ha sentito? Che coraggio ha avuto? Queste domande sono così simili alle mancanze di Dorothy (Spaventapasser senza cervello, Uomo di latta senza cuore, Leone senza coraggio) che la linea gialla è diventata la yellow brick road (il sentiero di mattoncini dorati), l’altoparlante è l’ingannevole mago di Oz, e tutti quelli intorno sembrano diretti alla città di Smeraldo. In questo spettacolo le motivazioni di fondo dell’atto suicida sono espresse da quattro personaggi, c’è una stazione, una barbona e tre ragazzi che hanno deciso di farla finita, ognuno per motivi diversi, derivanti dalla specifica mancanza. Non si conoscono tra di loro, aspettano semplicemente un treno per buttarsi sotto, e litigano o si aiutano, si confrontano. E’, nel testo, una chiarezza disarmante che accompagna i personaggi alla non sopportazione. Ma la lotta c’è perfino qui, è un istinto quello di sopravvivere, per questo il finale è aperto, non riusciamo a condannare nè l’una nè l’altra scelta. Un noto documentario rivela come la percentuale dei suicidi giovanili, soprattutto tra i 10 e i 24 anni, sia aumentata nell’era tecnologica, come una percezione di se’ alterata induca sempre di più a comportamenti autodistruttivi. Origami – Attese di carta tenta, in un momento delicato come questo, di esorcizzare paure e pensieri che forse, e diciamo forse, si sono fermati nella stazione di tutti, almeno una volta.
La residenza di Upupa Teatro si è tenuta dal 5 al 14 ottobre 2022
IDIÒTES
Sono attratto dalla fragilità. Mi interessa l’eroismo insito in questa fragilità. Sono attratto dal coraggio, dal coraggio di chi “è davvero tanto strano che abbia tutto ‘sto coraggio quello là!”, coraggio che si prende gioco delle proprie crepe, che anzi le mette in bella mostra, con un piccolo affronto dà uno schiaffo al perbenismo e si vanta della sua stupidità. Amo il coraggio altrui perché mi fa essere un po’ più coraggioso, un po’ più dentro di me. Essere di esempio, avere degli esempi: è forse tutta qua la straordinaria, magnetica energia degli eroi che mi hanno sempre affascinato. E chi, se non un idiota, può essere tanto coraggioso da arrischiarsi a compiere delle vere gesta eroiche? Il principe Myskin – l’idiota immaginato da Dostoevskij, un ragazzo di 27 anni – è, come scrisse lo stesso autore nei propri quaderni e nelle sue corrispondenze, un incrocio tra la figura del Cristo e del Don Chisciotte: un uomo ancora fanciullo, dallo sguardo puro, catapultato in un mondo troppo adulto, troppo malvagio. Un principe non azzurro, né ben vestito, ma povero, malato, goffo, a tratti grottesco, estremamente umano, candidamente vero, una sorta di alter ego di Charlot ante litteram. Il romanziere immerge il suo principe in un mondo oscuro, dove a dominare è la parola morte, coniugata in mille modi: delitti, tentati suicidi, funzionari corrotti, depravati, giovani nichilisti dissoluti, eppure tutto ha sempre un risvolto comico, tutto appare come filtrato da una lente quasi carnevalesca. Ogni scena corale del romanzo appare come una messa in scena, che si conclude, come dicono più volte alcuni dei suoi protagonisti, in una vera e propria commedia. I protagonisti del romanzo, Nastasja, Rogozin, Aglaja, conoscono le regole del mondo, se le tradiscono lo fanno con consapevolezza, ma è presente in loro un istinto fanciullesco che l’arrivo del principe altro non fa che risvegliare. Per Dostoevskij la visione è molto chiara: dalla conclusione del romanzo viene fuori che per il grande autore russo la bellezza certamente non salverà il mondo, o meglio, non è abbastanza per contrapporsi all’universo che gli è attorno. Non è mia intenzione contraddire il sommo romanziere, ma il mio interesse sta nel fare un leggero passo indietro e concentrarmi sulla condizione dell’idiota, focalizzarmi sulla prospettiva di bellezza quasi utopica che questi porta inconsapevolmente con sé. Mi interessa ciò che indica l’idiota, non il suo dito. Come si comporterebbe oggi un idiota simile? Che prospettive potrebbe aprire? Di quali figure si ritroverebbe circondato? “Meglio stronzi che idioti!”, direbbero in molti, e come dargli torto! Eppure credo che ci sia una profonda e potente carica rivoluzionaria in questa condizione. Una condizione di fragilità che non teme la propria paura. Che affronta ciò che gli è attorno nonostante tutto, nonostante sé. Idioti si è davanti a un pubblico, un pubblico di esimi e stimati professori, illustrissimi, furbi e smaliziati, che ti guardano, dall’alto delle loro lunghe barbe bianche, protetti dal riflesso di un paio di rotondi piccoli occhiali, e ti sorridono scuotendo un po’ la testa. Idioti, forse, siamo anche noi teatranti, che ci barcameniamo in cerca di un approdo, in cerca di un momento, un’occasione in cui poter giocare per davvero.
La residenza di Massimo Monticelli si è tenuta dal 5 al 14 ottobre 2022
CONTRE-POIDS
In Contre-poids, Massimo Monticelli si interroga sullo statuto e sulle sfumature del concetto di leggerezza partendo dalla contraddizione intrinseca a questo concetto: la sua superficialità da un lato e la sua necessità quotidiana dall’altro. Si cerca di seguire un sentiero in cui poter leggere nei corpi, nelle voci, nei gesti una riflessione critica, una domanda: se, nel nostro tempo, la leggerezza rappresenti un bisogno o una condanna.
Progetto selezionato come finalista del bando DNAppunti Coreografici 2022, promosso da Romaeuropa, Gender Bender, Cango, Triennale Teatro, Arboreto Teatro Dimora
La residenza della compagnia L’Isola del Teatro si è tenuta dal 31 ottobre al 9 novembre 2022
IL RE LEAR MUORE A MOSCA
Uno dei più grandi teatri del Novecento, il Teatro Ebraico di Mosca (Goset), è quasi sconosciuto al mondo intero. Il suo fondatore, il regista Alexander Granovskij, e Marc Chagall, il pittore e scenografo che gli ha dato un’impronta decisiva, si sono salvati rifugiandosi in Francia, mentre i due straordinari attori-autori protagonisti di tutte le creazioni del Goset dai primi anni venti sono stati assassinati: Solomon Michoels per ordine diretto di Stalin in un finto incidente stradale e Benjamin Zuskin dalla polizia politica che lo ha rapito nell’ospedale in cui era ricoverato, interrogato, torturato e processato segretamente, e dopo quattro anni, nell’agosto del 1952, fucilato. Tutti i suoi materiali e quelli del teatro dovevano finire bruciati in un altro finto incidente, ma qualcuno, rischiando la vita, riuscì a nasconderne una parte.
La figlia di Michoels, Natalia, e la figlia di Zuskin, Ala, hanno scritto due libri straordinari sulla vicenda dei loro padri. Questi libri sono la principale fonte di ispirazione di questo spettacolo in due tempi e diciotto scene, composto e interpretato da 11 attrici e attori che con la guida di César Brie saranno pronti per il debutto a febbraio 2024.
Re Lear muore a Mosca è uno spettacolo che ripercorre la loro carriera a partire dall’ipocrita funerale di Stato accordato a Michoels, un Miserere durante il quale l’incontro con Zuskin rievoca l’avvio del lavoro teatrale comune, a un Gloria che li vede nei panni del Lear e del Fool e circondati da tutti gli attori del Goset.
Lo spettacolo ha il suo filo rosso nell’allestimento del Re Lear, uno dei pochi testi di Shakespeare allora permessi dal regime. Durante il montaggio di questo memorabile spettacolo i due, non di rado in disaccordo tra loro, affrontano tutti i temi che hanno costellato la vita del Goset, dai rapporti con il potere alla definizione di una nuova arte dell’attore, dall’ebraismo e la lingua yiddish all’assillante imperativo del “realismo socialista”, dai rapporti amorosi alla vita quotidiana delle famiglie, dal contrasto tra comunismo e fascismo al bisogno di creare spettacoli critici, divertenti e non censurabili.
Nel 1935 Gordon Craig assistette al loro Re Lear in yiddish e ne rimase folgorato. Tornò a vederlo praticamente ogni sera della propria permanenza a Mosca e scrisse a Michoels lettere piene di ammirazione e commozione nelle quali dichiarava di essere stato spettatore del teatro che lui aveva sempre sognato di fare. Il Goset creò diversi spettacoli memorabili prima e dopo il Re Lear, spettacoli rievocati nella nostra messinscena dai due attori che ne furono protagonisti insieme ai loro colleghi e allievi, senza dimenticare l’incalzare della progressiva censura e della persecuzione politica che avrebbe portato alla loro morte (“Colpevole di essere attore” si dichiarò Zuskin durante il processo segreto in carcere e senza difensore) e alla chiusura del teatro.
La residenza di Paolo Faroni si è tenuta dal 14 al 23 novembre 2022
PERLE AI PORCI
Lo spettacolo sarà composto da più pezzi auto-conclusivi su diversi argomenti: economia e politica, famiglia e religione, società e costume, ma anche considerazioni private e scampoli di autobiografia. Filo conduttore è il punto di vista satirico che li collega, proprio come il filo in una collana di perle. Una satira che gioca su più livelli: talvolta sottolineando le assurdità già presenti nella realtà – come il bambino che denuncia la nudità del re – talvolta sovvertendone i canoni per fare venire alla luce contraddizioni ai limiti del ridicolo.
Dopo decenni di impoverimento di questo genere ad opera dei media vecchi e nuovi, cosa vuol dire essere comico oggi? Nel tempo abbiamo abdicato alla comicità a teatro, cedendo alla visione semplicistica che la televisione e internet hanno diffuso. L’abbiamo data per spacciata e gli stessi attori e autori se ne sono per lo più tirati fuori, lasciando spazio agl’ improvvisati. Si può produrre ancora una comicità sufficientemente intelligente da lasciare interrogativi e riflessioni al pubblico? Una comicità che nasconda pensieri acuti capaci di resistere nella mente e nel cuore dello spettatore così che lo spettacolo non sia soltanto intrattenimento?
Perle ai porci si chiede questo e cerca di dare una risposta.
Se state pensando che le perle siano i pezzi e i porci siano il pubblico, siete nel giusto.
Chi ben comincia è a metà dell’opera.
La residenza della compagnia Soccorso Clown si è tenuta dal 28 novembre al 7 dicembre 2022
REBIRTH
“Rebirth” nasce dalla combinazione di molte arti teatrali e performative. Gli strumenti utilizzati miscelano il teatro d’attore ed il teatro visuale ossia il mimo, la pantomima, il teatro gestuale, il teatro di figura, la danza, la musica, suoni ed effetti sonori. Si esprime attraverso il linguaggio della poesia e del sogno Il fine è quello di raccontare storie che compongono una parte dell’immenso mosaico della vita. Ogni storia viene raccontata da un personaggio che mette in luce diversi spaccati esistenziali; anche se apparentemente surreali e divertenti, le situazioni rappresentate sono dotate di grande spessore filosofico. L’attore che lo interpreta rimane sempre al centro della commedia umana. La produzione è una visione del teatro-visuale di Vladimir Olshansky che si è esibito come clown-attore nei teatri di ogni parte del mondo, e come guest artist col celeberrimo Cirque du Soleil, ed è stato anche il protagonista in Slava Snow Show di Slava Polunin.
La residenza della compagnia Theatre’s Shadows si è tenuta dal 21 al 30 ottobre 2023
L’INCONCILIABILE
“Si dice che la statua “Zisme” possa cambiare un tragico evento della nostra vita”.
In un piccolo paese della Basilicata, Tursi, c’è una diceria di paese che racconta di una statua di una donna chiamata “Zisme”, in un convento abbandonato, che pare possa cancellare un traumatico evento della vita di un uomo. Laviero, Pier e Paride si ritroveranno all’interno del casale, ai piedi della statua. Ognuno, a quanto pare, con l’intenzione di cancellare un tragico evento passato. Una serie di vicissitidudini porteranno i tre a passare lì intere giornate tentando di “far funzionare” la statua, per poi rimaner bloccati in un luogo che diventerà la loro tomba, almeno in parte.
Per comprendere il racconto, i personaggi svelano, attraverso dei monologhi, il dissidio e l’evento traumatico da cancellare, tutti hanno una cosa in comune: le scelte sono inconciliabili. Il cancellare crea una perdita che di pari peso andrà a scontrarsi con ciò che avranno acquisito. Di fatti, “L’Inconciliabile” nasce dall’idea che siamo composti e viviamo all’interno di contrasti. Siamo irripetibili in ogni singolo momento, siamo violenti e siamo una carezza. Siamo delle scelte inconciliabili che ci conducono alla fine.
La residenza di Agnese Bargero si è tenuta dal 6 al 15 novembre 2023
CAN YOU CHECK UNDER THE BED?
Il progetto CAN YOU CHECK UNDER THE BED? E’ ancora nella sua fase iniziale di ricerca e sperimentazione.
E’ un luogo sospeso dove il nostro subconscio prende nuove forme: una versione di noi stessi che esiste solo addentrandosi verso l’onirico.
C’è qualcosa di noi stessi che permettiamo di esistere solo quando va via la luce. E’ un sottosuolo pulsante e distorto abitato da creature magiche, dove non esiste il buono o il cattivo, dove l’amore e la materia decadono e si rigenerano.
In questa impulsiva inquietudine verso il buio ho trovato un radicamento che risale all’infanzia. Quando l’oscurità si trovava sotto il letto e doveva essere assolutamente controllata prima di cadere nel sonno e nei sogni. Non essere in grado di restituire dimensioni tangibili allo spazio che ci circonda ci pone di fronte alla possibilità che quello stesso spazio, sotto il letto, possa non avere fine. E’ questo stesso ignoto che però ci da la libertà di immaginare.
Questo spazio intangibile e irrintracciabile è sospeso e senza tempo.
E’ abitato da creature che si trasformano e si mescolano tra loro. Una reinvenzione inconscia della realtà che viviamo.
La residenza della compagnia Caroline Baglioni / Michelangelo Bellani si è tenuta dal 21 al 30 novembre 2023
EMMIPIACEVAVIVERE
emmipiacevavivere è un testo originale e inedito, scritto di getto nel 2017, a seguito di un fatto di cronaca. Uno di quei fatti in cui la realtà, si dice, sconvolge anche la più fervida immaginazione. Si potrebbe dire sinteticamente che il tema centrale sia la violenza contro le donne. Ma, limitarsi a una sintesi tematica generica, rischierebbe di non tenere in considerazione – come troppo spesso, purtroppo, avviene in casi del genere – il giusto punto di vista. Il punto di vista di un essere umano che non solo subisce un oltraggio violento alla sua umanità, ma si trova poi ad affrontare un’ulteriore violenza “sociale” protratta dall’omertà diffusa, dal giudizio sommario, da una giustizia lacunosa e dal senso di colpa lasciato cadere addosso come un’onta che spetta alla vittima anziché al carnefice. Il testo, per questo, sceglie un punto di vista preciso: quello di chi la violenza la subisce. Senonché, a ben vedere, non si tratta solo di dar voce al dolore, ma di immaginare, il modo in cui si è costretti a reagire, per salvarsi. Le infinitesime pieghe del comportamento assunte per non cedere. La narrazione scelta è, dunque, quella di un femminile-interiore, che trova nell’immaginazione e nel gioco-di-parola, la possibilità di riscattare una condizione di vita traumatica. Non si tratta di una fuga dalla realtà, piuttosto di una reinvenzione semantica volta a trasformare, attraverso un atto lirico, il dolore in bellezza. Nessuno può immergersi nel dolore dell’altro, è vero, ma forse allora è proprio attraverso il modo in cui ciascuno prova a reagire, che possiamo comprendere e comprenderci. In quella sfida troppo umana, lanciata al destino.
La residenza della compagnia URTeatro si è tenuta dal 10 al 20 luglio 2023
OUT OF JOINT
Il progetto si prefigge un affondo nella drammaturgia contemporanea e specificatamente quella italiana, con lo scopo di studiare e attraversare testi per due protagonisti che abbiano come tema le relazioni sentimentali, la difficoltà di comunicazione (intergenerazionale, affettiva) l’impossibilità di parlare dei propri desideri, le aspettative frustrate, la violenza della frattura a cui l’Altro ci mette inesorabilmente di fronte.
La residenza della compagnia Opera Bianco si è tenuta dal 17 al 26 aprile 2023
THE PLAYHOUSE
Non è facile immaginare uno spettacolo nel 2023. Siamo circondati da eventi paradossali e violenti. La comunicazione si impone come un filtro opaco tra le nostre anime e l’essenza della realtà. Attraverso The Playhouse desideriamo riconsiderare il nostro rapporto con il Teatro, rinnovare un patto con lui, cercare la catarsi nelle trame del suo stesso meccanismo.
Nell’omonimo film a B.Keaton viene affidato uno scimpanzé, ma la gabbia è aperta e la scimmia scappa. Lui dovrà travestirsi e sostituire l’animale per eseguire il numero che consiste in una serie di azioni umane: mangiare con le posate, fumare, dormire. Keaton impersona una scimmia che impersona un uomo. Un gioco di specchi.
La nostra azione parte dalla citazione di questa scena per riprodurne i dettagli formali, trucco e travestimento e fisici: il danzatore attraverso lo studio dei pesi e delle articolazioni ha la stessa qualità fisica di Keaton che imita la scimmia.
Intendiamo insistere su B.K. per rendere essenziale nel corpo il concetto di catastrofe. La costruzione coreografica finale prevede la presenza di due sistemi o linee spazio temporali ed estetiche, che condividono la scena in un rincorrersi e fondersi drammaturgico: il primo sistema è l’incorporazione e articolazione di una danza di Keaton, tra citazione e astrazione in forma di solo e il secondo sistema è un susseguirsi di composizioni coreografiche che creano immagini di catastrofi contemporanee e trasformano la violenza in sospensione fisica e danzata.